Fiasconaro, il padre

25 Giugno 2013

Vita e vocazione di Gregorio Fiasconaro

di Giorgio Cimbrico

La prima parte la ottiene quando ha sette anni, in quella scena di entusiasmo infantile che viene all’inizio del secondo atto della Boheme: “Vo’ la tromba e il cavallin”. E’molto probabile che nella scelta del siciliano Gregorio Fiasconaro abbia avuto parte e influenza mamma, Rosalia Calderoni, eccellente soprano. Una strada era stata imboccata: nel 1932, a 17 anni, Gregorio, allievo al conservatorio Niccolò Paganini di Genova, debutta da baritono al Carlo Felice e malgrado la giovane età in scena è Giorgio Germont, padre di Alfredo, il disperato amante della Traviata.

Per chi, in quegli anni, è nato tra il ’15 e il ’22 le grandi promesse vengono stroncate dalle bufere che si addensano all’orizzonte. Gregorio è del ’15, ha 25 anni quando Mussolini dichiara guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, ne ha 26 quando viene destinato all’Africa Orientale. Ha il tempo di incrociare Visentin, l’asso dei Fiat Cr42, nei giorni di tuno in cui i vecchi biplani mimtizzati riescono a tenere testa agli Hurricanes. Un giorno lo attendono invano: sparito in quella successione di montagne. Sono le amba aride, caldissime di giorno, gelide di notte, ed è in cima a una di queste – l’Amba Alagi, già noto agli italiani sin dal tempo della prima colonizzazione in Eritrea – che si compirà il fragile destino imperiale della piccola Italia. La resa di Amedeo Duca D’Aosta avviene al suono delle cornamuse degli Scottish Transvaal. Il bel vicerè si avvia verso un breve esilio in Kenya, prima di esser vinto dalla malaria. Per tutti gli altri – saranno quasi centomila - un viaggio per mare verso Durban, il porto sudafricano sull’Oceano Indiano, l’internamento, gli anni duri, la necessità di renderli meno aspri: si gioca al calcio, si tira di boxe, si fondano corali. Il pilota Gregorio Fiasconaro può tonare al suo grande amore.

Quando i campi si svuotano, quando il filo spinato viene abbattuto, molti tornano a rivedere figli intravisti, a cercare case che non sono più. Il baritono rimane: il Sudafrica di quegli anni si avvia a diventare un paese autoritario, intollerante, ma nessuno può negare non offra opportunità. Trova lavoro al teatro dell’opera dell’Università di Cape Town, canta (il suo cavallo di battaglia è il malvagio Scarpia della Tosca), dirige, organizza. Tocca a lui guidare la giovane compagine nel tour del ’56 a Londra, quando per la prima volta in Gran Bretagna viene rappresentato il Castello di Barbablu di Bela Bartok. Applausi e consensi: non è frequente trovare chi si avventuri nel campo delle moderne proposte, lasciando il facile sentiero del repertorio più consueto. Quando Gregorio ritorna da Londra, Marcello ha sette anni, ha cominciato le elementari e uno degli oggetti che inizia a rimbalzare nella sua vita è una palla ovale. 

 



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