Una storia al giorno

09 Ottobre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

9 ottobre. Se il 29 settembre Sebastian Coe ha festeggiato da Lord i 57 anni, oggi, da commoner (plebeo), Steve Ovett raggiunge i 58. Per Seb il tempo non è passato - magro, scattante, una dozzina di capelli bianchi, una giutsa ambizione che lo porterà lontano - per Steve sì, anche se la pancia da bevitore di birra rispetto a qualche anno fa è calata.

Sono stati avversari: diversi (Jekyll e Hyde?) e complementari (Stevastian Covett?), in grado di dar vita a una delle più grandi rivalità della storia dell’atletica, la più accesa tra la fine degli anni Settanta e dell’esordio degli Ottanta, con vertice nell’indimenticabile interludio che qualcuno - in vena di citazioni letterarie, storiche e rivoluzionarie che avrebbero eccitato la vanità del povero John Reed - battezzò “i dieci giorni che sconvolsero il meglio”.

Tutto si consumò tra il 19 e il 28 agosto 1981: a Zurigo, nella vetrina del Letzigrund che Res Brugger sapeva far risplendere come quelle della ricca città vecchia, Seb (3’48”53) strappò il record a Steve (3’48”8, ultimo dell’era manuale), elargito l’estate precedente al pubblico scelto del Bislett. Ovett rispose una settimana dopo a Coblenza (3’48”40) e Coe all’exploit concesse 51 ore di vita scendendo a 3’47”33 a Bruxelles. Sarebbero passati quattro anni prima che toccasse a un altro britannico, Steve Cram, assestare un altro scossone alla distanza storica e amata.

In uno strano gioco organizzato dal caso, Seb, uno dei più grandi ottocentisti della storia, non vinse mai l’oro olimpico del mezzo miglio, e Steve, sublime esempio di corridore da miglio e diretto derivato metrico, diventò campione olimpico degli 800 a Mosca, davanti al rivale, in uno dei non frequenti faccia a faccia. D’altro canto, i due giri l’avevano rivelato quando, 19enne con una rada barbetta, era stato secondo agli Europei di Roma ‘74, alle palle del croato Luciano Susanj, in fondo alla gara lanciata su ritmi folli da un menomato e coraggiosissimo Marcello Fiasconaro.

Se il lungo duello a distanza nel miglio finì 3-2 per Seb, quello sui 1500 si chiuse 3-1 per Steve che dopo aver pareggiato Coe a 3’32”1, andò a inoltrarsi su nuovi spazi in un mezzofondo europeo di enorme vitalità: quando il 27 agosto a Coblenza corse in 3’31”36, alle sue spalle finirono Thomas Wessinghage e Harald Hudak rispettivamente in 3’31”58 e 3’31”96. Oggi, 33 anni dopo, a parte Farah e Tahri e Mekhissi, francesi del Nordafrica, il migliore è il francese Florian Carvalho con 3’33”47.

Il canto del cigno di Steve, che amava correre con una stinta maglietta dell’Unione Sovietica, venne a Rieti quando, a sua volta, concesse breve vita al record di Sydney Maree. Ben tirato da David Mack e con un magistrale sub 40” nei 300 finali, chiuse in 3’30”77 scatenando la gioia dei sabini e del loro condottiero Sandro Giovannelli. A Brighton, città natale sulla costa meridionale, gli hanno eretto una statua che qualcuno ha rubato. La notizia deve averlo divertito. Ora in Madeira road c’è una copia.

Giorgio Cimbrico



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