New York, la maratona degli anniversari

02 Novembre 2016

Sono passati 20 anni dalla vittoria di Giacomo Leone e 30 da quella di Gianni Poli sulla 42,195 km della Grande Mela, in attesa della prossima edizione di domenica 6 novembre

di Giorgio Cimbrico

Come e più che in romanzo di Alexandre Dumas padre: vent’anni dopo e trent’anni dopo, ecco le imprese di due azzurri che presero le sembianze di D’Artagnan e Aramis e infilzarono la mela (la Grande Mela…) sulla punta della spada: Giacomo Leone e Gianni Poli.

1996, c’era una volta in America per Leone, che di nome non fa Sergio, ma Giacomo, e mantiene il titolo di ultimo italiano a spuntarla nel saliscendi, finale e spezzacuore, di Central Park. Ultimo al maschile, perché il successo di Franca Fiacconi è più vicino nel tempo, 1998, in 2h25:17, vertice cronometrico assoluto per la romana che lasciò più di un segno in una serie di visite: seconda nel ’96 e nel 2000, terza nel ’97. Giacomo, classe ‘71, brindisino di Francavilla Fontana, chiamata la Città degli Imperiali, capelli sempre ben ravviati, può dire con un certo orgoglio di essersi lasciato alle spalle l’Africa, diventata ora una spietata monopolizzatrice delle corse su strada che, su tutte le distanze, si corrono in ogni angolo del pianeta. E’ sufficiente dare un’occhiata all’ordine d’arrivo di quel giorno, 3 novembre: primo Leone in 2h09:54, secondo, a 15”, l’etiope Turbo Tummo, terzo il keniano Joseph Kamau a 46”, quarto John Kagwe, keniano anche lui, a 1’05”. Sino a quel momento solo Alberto Salazar (tre volte), Rod Dixon, Steve Jones, Juma Ikangaa, Salvador Garcia e Willie Mtolo erano riusciti nell’impresa di passare il traguardo sotto le 2h10: la Nyc Marathon, con il suo clima ondivago (dall’estate indiana al gelo), con l’attraversamento dei ponti, con la lenta ascesa di quella lunga, interminabile avenue che riporta verso Manhattan, non è scorrevole come Berlino o gli altri tracciati che in queste ultime stagioni hanno offerto una collezione di tempi sensazionali.

Come Giacomo costruì il suo arrivo in solitario sul traguardo nel parco è cosa nota, narrata da lui stesso più di una volta: l’ingaggio offerto dagli organizzatori della maratona di Venezia, che aveva vinto l’anno prima, era allettante, ma lui preferì l’azzardo: un biglietto aereo prepagato, in quel momento, era l’unica previdenza che aveva avuto dal ponte di comando della corsa newyorkese. Il rischio fu ripagato, in tutti i sensi, e la vittoria, per di più, venne in un anno speciale, il centesimo dalla rinascita dei Giochi Olimpici e della prima maratona dell’evo moderno. Quel giorno, un altro italiano finì nell’elite: Luca Barzaghi, ottavo in 2h12:42. Il 1° ottobre di quattro anni dopo, ultimo giorno dei magnifici Giochi di Sydney, Leone avrebbe conquistato un importante quinto posto nella prova vinta da Gezahegne Abera (che riportava l’Etiopia al successo a 32 anni da Mamo Wolde), secondo degli europei dopo il britannico Jon Brown. Qualche mese dopo, nella classica giapponese di Otsu, si sarebbe trasformato nel quarto azzurro, dopo Pippo Cindolo, Gianni Poli e Orlando Pizzolato, a firmare il record italiano nel paese del Sol Levante, secondo italiano a scendere sotto le 2h08, strappando per cinque secondi, in 2h07:52, il limite a Stefano Baldini che se ne sarebbe riappropriato l’anno dopo a Londra, 2h07:29, per portarlo nel 2006, sempre sul percorso assai amato dal campione olimpico di Atene, all’attuale 2h07:22.

1986, l’edizione del terzo successo tricolore di fila: dopo il “bang-bang” di Orlando Pizzolato (che conserva ancora il ritaglio con quel titolo ricco di storia e nostalgia: Orlando as Dorando), arriva il lungo magic moment di Gianni Poli, classe ’57, bresciano di Lumezzane. “Quando, passato il 30° chilometro, realizzai che Robert De Castella aveva ceduto, mi dissi: ma ti rendi conto? Sei solo. A questo punto devi crederci”. Ci credette sino in fondo e a Central Park Gianni arrivò in 2h11:06, 37 secondi sul baffuto e simpatico australiano conosciuto come “Deke”. La vittoria di Poli venne in una giornata in cui l’Italia mise in mostra la sua forza d’urto: terzo Pizzolato, a poco più di un minuto, sesto Salvatore Bettiol, ottavo Osvaldo Faustini. Qualcuno, annotando le provenienze geografiche dei quattro moschiettieri, parlò di Lombardo-Veneto a dettar legge tra i grattacieli. Alla Nyc Marathon, Poli è rimasto affettuosamente legato: “Lì diedi il mio addio nel ’94 e lì tornai nel 2001, mischiato alla folla degli amanti della corsa, per un omaggio alla città appena straziata dagli attentati dell’11 settembre”.

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File allegati:
- IL SITO DELLA MARATONA DI NEW YORK


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