Mutaz Barshim: salti da Oscar

24 Novembre 2017

L'atleta dell'anno è l'altista qatariota campione del mondo in carica e per due volte a quota 2,40 in questa stagione

di Giorgio Cimbrico

L’Oscar dell’atletica all’imbattuto (con la I maiuscola) Mutaz Essa Barshim che nel linguaggio che ama o si compiace di affidarsi alle immagini, alle allegorie, può essere di volta in volta un fuscello, un giunco, un’anguilla, uno spiritello leggero come Ariel. Più semplicemente, lui va molto in alto perché ha pochissimo peso da sollevare. Non che gli avversari siano corpulenti, ma MEB è vicino all’impalpabile: 65 chili su 1,89 sono un’inezia. Una scultura di Alberto Giacometti (bella mostra sullo scultore svizzero alla Tate Modern mentre lui stava per conquistare il titolo mondiale): di solito quelle essenziali figure in bronzo stanno ritte o camminano, lui salta.

MEB è il secondo saltatore della storia non soltanto per il picco raggiunto (2,43), ma anche per il numero di gare a 2,40 o più: 11, nove all’aperto e due al coperto. Davanti, solo Javier Sotomayor, a quota 21: 17 outdoor e 4 indoor. Il cubano occupa il vertice in entrambi i formati, anche se in realtà oggi è il caso di parlare di salto in alto tout court, ricordandosi di aggiungere una piccola “i” in caso di salti “invernali”. Dopo Sotomayor e Barshim, vengono Bohdan Bondarenko 7 (tutte all’aperto), Ivan Ukhov 5 (4 indoor) e Patrick Sjoberg 4 (2+2).

Le undici ascese di Barshim in ordine cronologico
2,40 Eugene 1/6/2013
2,41 Roma 5/6/2014
2,42 New York 14/6/2014
2,41 Eberstadt 22/8/2014
2,43 Bruxelles 5/9/2014
2,40i Banska Bystrica 4/2/2015
2,41i Athlone 18/2/2015
2,40 Eugene 30/5/2015
2,40 Opole 11/6/2016
2,40 Birmingham 20/8/2017
2,40 Eberstadt 27/8/2017

L’anno magico è il 2014, quando sia lui che Bondarenko hanno fatto tremare il record mondiale di Soto, a quel tempo vecchio di 21 anni e ora vicino al quarto di secolo. Rispetto all’ucraino, spesso alle prese con problemi fisici, Barshim ha sorvolato la quota almeno una volta in queste cinque stagioni: la costanza ai piani altissimi è concessa a pochi e il premio è stato il primo titolo globale (dopo un argento mondiale, un argento e un bronzo olimpici e un titolo mondiale indoor) su cui a Londra è riuscito a mettere le mani coronando una stagione perfetta.

È il terzo asiatico ad aver raggiunto i vertici dell’alto: prima di lui, il misterioso Ni Chihchin (il 2,29 di Changsha, annata 1970, un centimetro più del meraviglioso Valeri Brumel, non venne mai ratificato: la Cina non faceva parte della Iaaf) e Zhu Jianhua che, dopo due acuti in patria (2,37 e 2,38), concesse il terzo (2,39) in Occidente, nel tempio tedesco dell’hochsprung, a Eberstadt.

VIDEO | MUTAZ BARSHIM SALTA 2,40 AL MEETING DI BIRMINGHAM 2017

Il continente Asia finisce per trasformarsi in un concetto vasto quanto la sua mostruosa estensione e variegato quanto i suoi popoli: per dire che il Qatar è molto lontano e molto diverso dalla Cina, e per aggiungere che Mutaz è un asiatico... di confine: padre dell’emirato (con esperienze nel mezzofondo e nella marcia) e mamma sudanese. Comunque, prodotto autoctono, non acquistato sul mercato come spesso capita con i rinforzi acquisiti dai ricchi paesi del Golfo Persico che hanno ingaggiato keniani, etiopi, nigeriani e persino giamaicani.

Malgrado l’universalità dell’atletica (Haiti, Ceylon non ancora Sri Lanka, Taipei, Islanda, Lussemburgo, Senegal, Namibia, Uganda compaiono nel medagliere olimpico; Dominica, Bermuda, St Kitts, Sri Lanka, Barbados, ancora Namibia, Eritrea, Botswana in quello mondiale), che il più forte saltatore venga dal Qatar desta sempre una certa impressione.

Il salto in alto, per generazioni, ha offerto uno scenario americano, uno da guerra fredda (Usa contro Urss, da Brumel a Yashchenko), una rivoluzione fosburyana, intromissioni polacche (Wszola), tedesche delle due sponde (Mogenburg, Thranhardt, Wessig), cinesi (già citati) e svedesi (Sjoberg) prima del sorgere della potenza del “companero” Javier. Ma lo stupore viene meno quando capita di imbattersi in un messaggio promozionale trasmesso nei break (pause) pubblicitari: riguarda l’Accademia Aspire di Doha che ospita le ambizioni dei giovani atleti arabi. Il complesso è enorme ed è stata la sede dei Mondiali indoor del 2010, una data importante perché segna l’esordio internazionale di un Barshim non ancora 19enne: 14° con 2,23.

E nell’immensa Asia, prima nella casalinga Doha 2019 e a Tokyo olimpica l’anno dopo, Mutaz, seguito sin dalla puerizia atletica dal polacco-svedese Stanislaw Szczyrba, ha la robusta chance di aumentare la collezione, estendere i domini, portare la minaccia finale a chi, a Salamanca, si avventurò negli azzurri spazi.

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Mutaz Barshim, atleta dell'anno 2017 (foto IAAF)


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