Magica Rieti, doppio record Barberi-Reina



C’è mancato poco. Diciamo una settimana, o qualcosa in più, perché il record italiano di Mauro Zuliani, il 45.26 ottenuto sulla pista dell’Olimpico il 5 settembre del 1981, tagliasse il traguardo del quarto di secolo. A interrompere lo scorrere dei giorni è stato un ragazzo romano, di San Gregorio di Sassola, pochi chilometri da Tivoli, baricentro di quella che è ormai diventata la sterminata periferia est della capitale. A Rieti, Andrea Barberi ha centrato l’appuntamento con quel record mancato per soli 4 centesimi nella semifinale degli Europei di Goteborg: il foglio risultati dice 45.19, crono che vale il quarto posto in una gara fantastica, vinta dal congolese Gary Kikaya in 44.46, quarta prestazione mondiale dell’anno. Barberi è felice, il body gialloverde delle Fiamme Gialle sembra non contenerlo più, mentre galleggia di bacio in bacio, di stretta di mano in stretta di mano: i genitori, il coach Riccardo Pisani, i tecnici del club della Finanza, amici, parenti. Due pullman di tifosi lo hanno seguito fin qui, perché il record era atteso, e Rieti sembrava una sorta di appuntamento col destino. “Me lo voglio proprio dedicare, questo primato – esclama Barberi, 27 anni, mentre scruta con gli occhi l’inconsueta folla di cronisti che gli si para davanti – e vale per tutti i sacrifici fatti fino ad oggi. La gara? Devo essere sincero: non mi sono piaciuto moltissimo, e non avevo nelle gambe la stessa energia degli Europei; da quando sono tornato ho pensato soprattutto a riposarmi, a recuperare. Ma volevo farcela, e ci ho messo dentro tutta la rabbia possibile. L’obiettivo 2007, a questo punto, è scendere al di sotto dei 45 secondi, e magari arrivare alla finale mondiale. E’ un progetto ambizioso, ma non impossibile”. Ma Rieti non è stata certo solo Barberi. E’ arrivato un altro record italiano, sulla stessa distanza, oviamente al femminile. L’impresa porta la firma di Daniela Reina, che ha corso il giro di pista in 51.18, frantumando il primato italiano di Virna De Angeli, il 51.31 otten uto a Bari nove anni fa (17-6-97). Quel che entusiasma è il fatto che la piccola marchigiana (poco meno di 45 chili di peso) abbia migliorato nella circostanza di ben 89 centesimi il suo personale, a sua volta abbassato dall’inizio dell’anno di oltre due secondi (aveva un primato sul giro di pista di 53.44). Allenata da Sergio Biagetti, nativa di Camerino (25 anni compiuti il 15 maggio scorso), e tesserata per le Fiamme Azzurre (ma di scuola Avis Macerata) la Reina è stata una delle migliori italiane nel corso di questa stagione, per regolarità e valore sostanziale delle prestazioni ottenute. “Non riesco a crederci – racconta tra le lacrime dopo il traguardo -. All’arrivo ero praticamente certa di essere riuscita a scendere al di sotto dei 52 secondi, quello che poi era il mio vero obiettivo qui a Rieti; poi, questa notizia, una roba pazzesca. Giuro, quasi non riesco a crederci, ma sono ovviamente felicissima. Per il prossimo anno allungherò il tiro, arrivando a correre anche qualche 800 metri, distanza sulla quale in molti dicono io possa far bene”. Chi invece riesce a già a far bene adesso sugli 800 metri è Elisa Cusma, altra atleta in grandissima crescita e reduce da una positiva esperienza a Goteborg. Il suo risultato finale è da urlo, un vero e proprio regalo di Natale per il mezzofondo azzurro, alla ricerca di uomini e donne capaci di riscattare un presente troppo grigio per essere vero. E’ sesta in 1:58.90 (vittoria alla keniana Jepkosgei, 1:57.07), seconda prestazione italiana all-time alle spalle del record italiano di Gabriella Dorio, l’1:57.66 datato 5 luglio 1980; solo in altre due occasioni una azzurra era riuscita a scendere al di sotto dei due minuti, grazie a Fabia Trabaldo (1:59.51, nel giugno del 1992) e patrizia Spuri (1:59.56, proprio qui a Rieti, nel 1998), e questo da solo dovrebbe già bastare a descrivere il valore dell’impresa. Venticinquenne come la Reina, allenata da Claudio Guizzardi, la Cusma (maglia Esercito) racconta un’altra gara da ricordare per l’atletica azzurra: “Non ho badato al tempo di passaggio – le sue parole – ma a stare nel gruppo, seguendo il passo delle migliori. Nel finale ho stretto i denti, cercando di rimanere quanto più vicina possibile alla testa. E’ straordinario, un risultato che mi appaga in pieno”. L’uomo più atteso era Andrew Howe, il campione europeo del salto in lungo. Davanti al pubblico di casa, sulla pista che lo ha visto nascere come atleta e crescere come uomo, il 21enne dell’Aeronautica ha compiuto un piccolo prodigio. Frenato da un problema alla schiena, e da una contrattura al quadricipite della coscia sinistra, Howe non ha saputo tirarsi indietro: quando ha visto tutto quel pubblico in piedi, incitarlo per l’assalto al record italiano di Giovanni Evangelisti, ha dato fondo a tutte le energie residue. Un nullo da 8,50, un paio di salti sballati, e poi un meraviglioso 8,36, che è la sua seconda prestazione in carriera, misura sufficiente per portare in delirio la marea di ragazzi in tribuna. Voleva proseguire, ma non poteva farcela, non era questa la serata giusta per attaccare il limite tricolore. La schiena fa male. L’appuntamento con Rovereto potrebbe saltare. “Una meraviglia questo pubblico – sorride Howe – non potevo deluderli. Qui è casa mia, potevo rinunciare? Sono contento del risultato, viste le condizioni: saltare 8,33 così mi fa capire che posso arrivare davvero molto più lontano”. Andrea Longo aspettava questo momento da tempo. Aspettava di poter tornare protagonista, così come i tanti, tantissimi allenamenti di altissimo livello gli avevano lasciato immaginare più volte nel corso di quest’anno. C’è andato vicino a Goteborg, centrando l’accesso alla finale europea; e c’è andato ancor più vicino sulla pista di Rieti, la stesso che gli regalò, nel 200, il personale di 1:43.74. Qui, in scia al canadese Reed, primo in 1:43.93, Longo ha saputo ritrovarsi, scendendo per la prima volta questa stagione al di sotto della fatidica soglia dell’1:45, 1:44.86 per la precisione, performance che non otteneva dal 2004. Buon passaggio a metà (intorno ai 50.5), senza agitarsi all’inseguimento del folle ritmo della lepre Dos Santos (49.59), ed un’ultima frazione di corsa a raccogliere i resti di una muta di avversari, chiudendo in rimonta al quarto posto. Nella sua scia, personale mancato di un soffio per Maurizio Bobbato, 1:46.17 (due centesimi peggio del crono con cui ha chiuso la stagione 2005). Tra le altre gare, di rilievo il 53.67 ottenuto dalla statunitense Lashinda Demus nei 400 metri ostacoli, nella gara che ha aperto il pomeriggio reatino. Lievemente inferiore il valore del crono del vincitore dell’omologa prova al maschile, il 48.57 realizzato dal giamaicano Danny McFarlane; in chiave italiana, va invece segnalato il 49.56 del carabiniere Gianni Carabelli, quinto, davanti ad un irriconoscibile Felix Sanchez, settimo in un improbabile 50.06. Mezzofondo superlativo a Rieti, come sempre del resto: 1:43.09 il crono di Mulaudzi negli 800 (seria A, in sette sotto l’1:44!), 7:28.72 quello di Isaac Songok nei 3000. Ma è impossibile metterci tutto. Non ci sono gare che non abbiano fatto gridare all’oooh di meraviglia. Merito di Sandro Giovannelli, merito di Rieti e della sua magica pista. Rieti: l’unico posto in Italia dove alcune migliaia di persone esultano se un atleta salta lontano, o corre veloce. Se ce ne fosse bisogno, verrebbe da dire che pomeriggi così riconciliano con l’atletica. Marco Sicari Nelle foto, Andrew Howe e Andrea Barberi (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL) File allegati:
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