18 metri: i magnifici 7 oltre il muro

16 Maggio 2015

Edwards, Banks, Conley, Harrison, Pichardo, Tamgho e Taylor ovvero gli uomini che si sono spinti oltre le "Colonne d'Ercole" del salto triplo

di Giorgio Cimbrico

Da quasi un quarto di secolo Carl Lewis può raccontare di aver perso una gara saltando 8,91, con vento illegale, d’accordo, ma sin laggiù atterrò con le sue ali, con le sue gambe, con una mente cristallina su cui non era calata la nebbia dopo lo sparo di Mike Powell a 8,95. Da ieri Christian Taylor può raccontare di aver perso una gara saltando 18,04, in questo caso rientrando nella norma dei 2,0: dietro il rimbalzista Pedro Pablo Pichardo, 18,06, record cubano, terzo di sempre. Il radente e compitissimo Taylor, uno dei più grandi “secondi” della storia, forse il più grande perché, con o senza brezza di coda, sono stati solo in sette a doppiare il Capo Horn dell’atletica, i 18 metri in quella specialità che Taylor considera una delle più eccitanti del programma dell’atletica. Esaminata la biblioteca di Babele dell’hop step jump, impossibile dargli torto o sostenere che parli da diretto interessato. Le giornate di Mexico ’68, di Goteborg ’95, di Doha 2015 verranno ricordate per sempre. Con gioia e, appunto, con eccitazione.

Sette come gli antichi saggi o come i magnifici pistoleros. Iniziò Willie Banks, nei Trials ’88 di Indianapolis, quelli di Flo Jo, in una tempesta forte da 5,2 spingendosi a 18,20, proseguì Mike Conley, ai Giochi di Barcellona, con quel 18,17 che venne trafitto da un decimetro di vento in più, esattamente quel che era capitato poco prima dei Giochi a Heike Drechsler a Sestriere quando quel 7,63 non andò a libro per un nonnulla.

Poi venne il ’95, l’anno divino dell’allora pio Jonathan Edwards, 18,43 a Villeneuve d’Ascq senza esser spinto dal tifone: 2,4. Fu un inseguimento sulle ali di un vento spesso maligno: 18,03 a Gateshead, 18,08 a Sheffield, prima e dopo che il britannico si era impadronito del record senza ancora scalfire (17,98) quella barriera. A Goteborg, in una giornata di un nitore esemplare, meteorologico e tecnico, il miracolo avvenne due volte: 18,16 e 18,29. Era il 7 agosto, i vent’anni di regno non sono lontani. A questo punto è lecito chiedersi: verranno raggiunti?

Un anno dopo, ad Atlanta, Edwards incrociò Kenny Harrison nella giornata della vita: il 18,09 vincente dell’atleta di Milwaukee è l’unico risultato oltre i 18 ottenuto con vento contrario, 0,4. Da allora il muro diventò una Grande Muraglia, violata solo dopo 17 anni di attesa da Teddy Tamgho, 18,04 nella finale dei Mondiali 2013. A Doha, due in una gara. Il prossimo 4 giugno il giovane Pichardo e chi lo sfiderà (nomi grossi) avranno come agevole punto di riferimento e obiettivo il record del Golden Gala, 17,60 di Edwards dell’annata ’98 e se vorranno concedere una serata eccitante come lo è l’esercizio inventato dagli saltafssi e scavalcatorrenti irlandesi, avranno a disposizione il 17,92, record dell’Olimpico e su suolo italiano, scandito dal bulgaro Hristo Markov quando conquistò il titolo ai Mondiali dell’87.

I 16 salti, ventosi o no, oltre i 18 metri:
18,43w Edwards
18,39w* Edwards
18,29 Edwards
18,20w Banks
18,17w Conley
18,16* Edwards
18,09 Harrison
18,08w Edwards
18,06w* Banks
18,06 Pichardo
18,04 Tamgho
18,04 Taylor
18,03w Edwards
18,01w* Harrison
18,01 Edwards
18,00 Edwards
*misura ancella, realizzata in un gara dove ne è stata ottenuta una migliore


Christian Taylor e Pablo Pichardo a Doha (foto IAAF Diamond League)


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