Nicola Vizzoni, racconti di azzurro

12 Febbraio 2017

Il martellista ha incontrato i ragazzi della Scuola Stella Polare di Ostia.

Un altro grande campione dell’atletica italiana ha preso parte all’iniziativa “A Scuola con gli Azzurri” promossa dalle Scuole del CR Lazio. Lo scorso venerdì si è presentato infatti allo Stadio della Stella Polare il martellista delle Fiamme Gialle Nicola Vizzoni, argento olimpico a Sydney 2000 e per tanti anni capitano della squadra nazionale. Di seguito l’intervista realizzata da Barbara Cioeta al termine dell’incontro tra il campione azzurro ed i ragazzi della Scuola Stella Polare.

I ragazzi erano elettrizzati all’idea di incontrare un atleta olimpionico, poi quando ti hanno visto avevano timore ad avvicinarti e i loro sguardi sembravano rivolti ad un alieno, ma sono bastati pochi gesti ed il racconto della sua esperienza di atleta che subito sei diventato uno di loro, tanto che alla fine anche i bambini più piccoli non si sono risparmiati nel provare ripetutamente il gesto del lancio del martello. Nicola, quali sono stati i tuoi primi passi nell’atletica?

Ho cominciato a fare atletica leggera alle scuole medie, il mio primo sport sono state le arti marziali. Poi come tutti i ragazzi ho praticato calcio ma non ero capace, quindi sono arrivato in seconda media con il gruppo sportivo delle scuole a praticare l’anello rosso ed è stato subito amore a prima vista.

 

Il merito di chi è stato?

Sicuramente dei professori di educazione fisica, Prof. Conterra e Prof.ssa De Santis che ancora ricordo e che mi hanno avvicinato a questo sport che poi è diventata una professione.

 

In che modo lo sport ha aiutato la tua crescita personale?

Mi ha aiutato in tutto, dal cercare di sbrigarmi le situazioni da solo alla scuola, perché poi alla fine affrontavo la scuola quasi come una gara, nel senso che se io studiavo ero poi preparato per fare un’interrogazione o dare un esame. Lo sport mi ha insegnato che con per esprimersi al meglio serve una preparazione, bisogna allenarsi. Un esempio: tanti ragazzi si ricordano come un incubo l’esame di maturità, per me invece è stato un divertimento, il giorno prima io addirittura avevo fatto una gara tanto che ho affrontato l’esame in maniera tranquillissima.

 

Una persona fondamentale nel tuo percorso?

Direi le persone, cioè la famiglia! i miei genitori che mi hanno spinto soprattutto all’inizio mi portavano al campo dopo la scuola, impegnavano il loro tempo nel portarmi a fare attività sportiva e poi sicuramente il mio primo allenatore Roberto Guidi che mi ha preso da zero e mi ha poi portato a coronare il sogno di ogni ragazzo che fa sport, quello del raggiungimento dell’Olimpiade.

 

E a questo punto hai realizzato che Nicola stava diventando un atleta di alto livello. Quella sensazione?

Più che altro… si … stava diventando. Ancora da dimostrare tutto. Comunque era la prima Olimpiade a Sydney nel 2000, sono andato lì come outsider, avevo fatto un campionato del mondo, ero entrato in finale, mi ero operato ad un ginocchio. Ma io ci credevo, ero motivato: quando vedi che durante gli allenamenti gli avversari cominciano a guardarti, cominciano a studiarti, dici e vabbè qualcosa sta cambiando. Da lì dal Nicola meteora sono diventato il Vizzoni martellista vice campione olimpico.

 

L’affetto dei tuoi fans?

Si sente, e poi con il passare degli anni e con l’avvento dei social, Facebook, Twitter, sicuramente si sentono più vicini. Io ho un ricordo bellissimo nel 2001, quando ancora tutti questi social non c’erano poi tantissimo. Al Golden Gala qui a Roma trovai una curva con uno striscione a tifare per me. Ecco, questo è stato , erano dei ragazzi di Roma e mi ricordo che dopo la gara mi sono fermato con loro. E’ stato un momento bello perché anche loro ti aiutano, soprattutto nei momenti difficili.

 

La sensazione che hai avuto ogni volta che ti sei migliorato ?

E’ una sfida, il primo avversario siamo noi stessi. il mio primo avversario era ed è sempre Nicola Vizzoni. Io cerco di migliorare me stesso, al termine di ogni gara cerco di voltare pagina. Del resto mi hanno insegnato che la gara migliore è quella che ancora deve venire, perciò è necessario voltare subito pagina per ricominciare da zero.

 

Ci racconti quel giorno del 79,64 a Sydney 2000 e quello del 80,50, il tuo personale.

 E’ passato un bel po’ di tempo. Me li ricordo tuttavia abbastanza bene, nel senso che sono due gare diverse perché in una ero un outsider, un buon martellista che aveva la sensazione di non riuscire a contrastare l’impero dell’Est con i  martellisti più forti del mondo. Mi ricordo che feci due lanci ed ero nono, che significava essere il primo degli esclusi, perciò nell’ultimo lancio ho preso il martello in mano e il primo pensiero è stato “ora vado in pedana e spacco tutto”. Poi però mi è venuto il dubbio ”e se lo faccio nullo?”. Mi sono voltato verso il mio punto di riferimento, il mio allenatore e lui stava li con lei braccia incrociate che mi guardava con un’espressione come per dire ”ma che fai lanci o no? Aspettiamo quell’altro?”, poi ho pensato: “ma se lui sta così tranquillo perché devo essere nervoso io?”.  Ho cercato così di fare solo una cosa che avevo fatto migliaia di volte in allenamento ed è venuta bene. Nell’occasione del primato personale di 80,50 ero a Formia in uno dei migliori meeting che c’era in Italia, lì fu il coronamento e la conferma della prestazione che avevo avuto a Sydney alle Olimpiadi.

Il gruppo di ragazzi della Stella Polare con Nicola Vizzoni (Foto B. Cioeta)

 

In un’intervista hai detto che i lanci sono proprio una dittatura, soprattutto per i martellisti…

(Vizzoni inizia a ridere) Diciamo che il martello è la regina dell’atletica leggera e tutte le altre gare sono di contorno, perché infatti vengono fatte al contorno della pista. No dai scherzo, i lanci sono sempre stati in Italia una specialità che ha portato buoni risultati a partire da Adolfo Consolini, Silvano Simeon, Alessandro Andrei. Abbiamo una tradizione nei lanci molto importante e sono orgoglioso di aver dato il mio contributo.

 

Gli impianti sono un problema per lanciare. Qui ad Ostia siamo fortunati perché abbiamo la zona lanci. Nel resto d’Italia però servirebbero più impianti perché alla fine se non ci sono gli impianti i lanciatori non ci sono.

Eh sì, bisognerebbe prendere esempio un po’ da questi paesi del Nord Europa dove si ha meno burocrazia ma troviamo delle cose semplici ed efficaci. A noi non interessa tanto lo stadio bello con 30 mila persone. A noi lanciatori basta una pedana, una gabbia in sicurezza per allenarci, un’attrezzatura e basta. Questo è quello che chiediamo. Qui siete molto fortunati che avete un bellissimo impianto, e qui poi c’è anche l’impianto delle Fiamme Gialle, di cui io faccio parte e che è molto bello. Bisognerebbe prendere esempio da queste realtà per poterle replicare in tutta Italia.

 

I lanciatori hanno la fama di essere degli adorabili e simpatici folli. Quanta follia nella tua vita da martellista?

(Nicola sorride) No zero. Sono un ragazzo preciso a cui non piace dormire, non piace mangiare, siamo ligi al dovere e alla dieta soprattutto. (Nicola ride)

 

Il compagno di allenamento con cui hai fatto delle abbuffate memorabili?

Se ne dico uno sarebbe un torto per tutti quegli altri. Io sono cresciuto in raduno a Tirrenia insieme al gruppo di atleti delle Fiamme Gialle. C’era Enrico Sgrulletti, Marco Martino, che poi sono qui di Ostia, Loris Paoluzzi che è un ragazzo di Gorizia. Il bello dell’atletica e dei lanci è questo, che da tutta Italia poi ci troviamo, abbiamo tutti la stessa passione sia in campo che fuori dal campo, al tavolino.

 

Da buon toscano…

Eh sì, da buon toscano!

 

Il rapporto con i tuoi avversari in gara?

Il rapporto con l’avversario in gara è un rapporto di sfida. Quando si entra dentro la gabbia uno cerca di battere tutti, prima me stesso e poi gli altri. Però è un bel rapporto, con tanti atleti ci troviamo anche durante stage di allenamento all’estero, dove ci confrontiamo, e poi magari nel momento di difficoltà con tanti atleti siamo talmente amici che ci si scambia qualche consiglio non solo sulla metodologia di allenamento ma anche magari in gara.

 

Se non avessi fatto il martellista quale sport ti avrebbe conquistato?

Gli scacchi (e si ride ancora). Non lo so, non lo so! Mi è sempre piaciuto fare sport, ho fatto arti marziali, ho fatto calcio, sono arrivato all’atletica e vedere l’impianto con la pista rossa e l’anello rosso per me è stato un colpo di fulmine. Le sensazioni che ti dà questa palla di ferro con il filo e la maniglia durante la rotazione, al momento dell’uscita è un’emozione ancora per me. Sono sensazioni bellissime, e penso che è quello che volevo fare, altrimenti avrei smesso.

 

Studio, sport e alimentazione: come possono i ragazzi di oggi trovare il giusto equilibrio per non incappare nell’abbandono precoce?

Studio e sport è solo una questione di organizzazione della giornata nel senso che si possono fare bene entrambe le cose. abbiamo degli atleti italiani che sono riusciti a laurearsi. C’è un ragazzo di Udine, martellista, Lorenzo Povegliano, che si è laureato in medicina nello stesso anno in cui ha fatto le Olimpiadi a Londra. Questa è la dimostrazione che si possono fare entrambe le cose. Per l’alimentazione parliamo un po’ con i mezzofondisti che loro sono un pochino più rigidi (ride). Diciamo che ci stiamo attenti, caricare un fisico con un’abbuffata e poi andare a fare allenamento direi che non è il massimo perché poi ci portiamo qualche chilo di troppo dietro che è una zavorra in più.

 

Nicola cosa farai da grande?

Beh, penso che quando diventerò grande... non lo so. Mi piacerebbe rimanere un eterno bambino. Adesso sono arrivato ad un bivio della mia carriera, nel senso che mi piace fare il martello, mi piace ogni giorno andare ad allenarmi, per me non è un sacrificio e lo faccio con passione come il primo giorno che sono andato al campo. Ho cominciato ad allenare da qualche tempo, circa una decina di anni, e cerco di trasmettere la mia passione a questi giovani atleti. Adesso poi si è intrapreso un percorso con la FIDAL, come advisor del settori lanci insieme a Claudia Coslovich che è la mia compagna e primatista italiana del lancio del giavellotto. Cerchiamo di far sì che questo settore lanci ritorni ad essere un punto di riferimento non solo in Italia ma in tutta Europa, e poi cosa farò non lo so… il finanziere?

 

Grazie Nicola di averci regalato un po’ della tua esperienza e del tuo tempo. Speriamo tu possa tornare presto a trovarci e chissà se riuscirai a trovare proprio qui qualche apprendista martellista per il futuro a cui dispensare i tuoi consigli.

Grazie a voi. Ho visto oggi che qui c’è un bel movimento, ci sono tanti ragazzi, si insegna a stare insieme, a giocare, a divertirsi e a fare atletica, che è la cosa più importante.

 

io avrei un attimo di fame, ci andiamo a mangiare qualcosa Nicola?

Eh sì andiamo… un pasticcino…qualcosa… andiamo andiamo!

 

A cura di Barbara Cioeta



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