OLIMPIADE, TAMBERI E JACOBS ORI DA LEGGENDA

01 Agosto 2021

olimpiade tamberi e jacobs ori da leggenda

Nel mito. La straordinaria domenica dell’atletica azzurra è culminata con i due ori olimpici vinti nell’arco di pochi minuti da Gianmarco Tamberi nell’alto (2.37) e Marcell Jacobs nei 100 (9”80, ancora record europeo). Un’accoppiata nel segno anche delle Fiamme Oro Padova, società dei due fuoriclasse che oggi hanno scritto una pagina indimenticabile nella storia del nostro sport.  

TAMBERI - E' l'epilogo più bello, il più atteso e sognato. L'oro olimpico che si divide in due parti, e va al collo di Gianmarco Tamberi e Mutaz Barshim, gli amici di una vita in pedana, appaiati a 2.37. E l'Italia torna a vincere un oro olimpico, il primo in questa specialità, sancendo in maniera definitiva la rinascita di un movimento straordinario, fatto di migliaia di atleti, tecnici e dirigenti volontari, milioni di appassionati, che sono sempre stati lì. Gianmarco Tamberi oggi li rappresenta tutti, ha il tricolore sul petto, e porta avanti l'orgoglio di un Paese che ama questo sport, ma che aspettava da tanto, troppo tempo, un nuovo Rinascimento. Eccolo Tamberi, che piange, cinque anni dopo l'infortunio di Montecarlo, e l'appuntamento perso di Rio. Piangono in tanti con lui, stasera. Perché l'oro di Gimbo, è l'oro di tutti. L'inizio della finale olimpica vede il bielorusso Nedasekau sbagliare il primo tentativo a 2.19, e questa è già una notizia. Con lui, sbaglia anche il giapponese Tobe, anche se entrambi poi sbrigano la questione al secondo tentativo. Tamberi dà una bella impressione, superando l'asticella con notevole ampiezza, dopo lunghi istanti di concentrazione a precedere l'avvio della rincorsa. Si sale a 2.24, e Barshim vola per primo oltre l'asticella, imitato poi da tutti gli avversari (incluso Tamberi, ancora molto reattivo, soprattutto nella fase di valicamento), a parte lo statunitense McEwen, che sbaglia due volte prima di riuscire nell'impresa. A 2.27 passano senza errori in 10 (con Tamberi), a 2.30 (sempre con il marchigiano) la pattuglia si riduce a sei, anche se tra gli inseguitori si cominciano a contare gli errori. Akimenko, Ivanyuk e Harrison ce la fanno alla seconda, Kerr alla terza, salutano il britannico Gale e McEwen. Tre centimetri in più, e si cominciano a perdere i pezzi. Il 2.33 di Mutaz Barshim è regale, Nedasekau ribalta la classifica e vola al primo tentativo, ma la notizia che più interessa è che c'è anche Gimbo. Il suo 2.33 alla prima ha un peso specifico già importante, perché restano solo in tre a non aver commesso errori. Tutti gli altri inseguono. Il coreano Woo, il russo Akimenko, lo statunitense Harrison, ce la fanno alla seconda prova, l'australiano Starc alla terza. Fuori Ivanyuk, Kerr e il canadese Lovett. In sette per il podio. Barshim e Tamberi percorso netto, Nedasejkau terzo (per l'errore a 2.19), e via via tutti gli altri. Si passa a 2.35. L'aria si fa sottile, lassù. Ma Barshim non fa una piega. Ancora una volta, va oltre l'asticella al primo tentativo. Ma non è solo. Un altro atleta è ancora senza errori: è Gimbo Tamberi, stellare a 2.35. L'asticella si muove, ma lui atterra senza che venga giù dai ritti. Si avvolge letteralmente intorno alla barra, e poi la abbandona con tempi perfetti. Grandissimo. Questa volta, memore di quanto accaduto a Torun, esulta ma non si lascia andare. C'è ancora da fare, perché riescono anche Woo (alla prima, ed è terzo), e Starc (anche lui alla prima, quarto posto). Akimenko lascia un tentativo a 2.37, Nedasekau due (sinistro segnale). A 2.37 Barshim va ancora a segno al primo colpo. E chi altri ce la fa? Proprio il bielorusso, uno che il poker lo gioca (bene) anche in pedana. Ma Gimbo non molla, seduce ancora una volta l'asticella, in un gioco che è sport ma anche arte, e supera i 2.37 alla prima. Rivolto alla camera grida "E' la mia Olimpiade, la mia!", ad esaltare il pubblico davanti allo schermo. Ricapitolando: lo score vede tre atleti a 2.37, Barshim e Tamberi, appaiati al comando, Nedasekau (terzo), e tre atleti che hanno ancora due tentativi da spendere (dopo un errore sulla misura): Harrison, Woo e Starc. Si passa ai 2.39 del record italiano, quelli della serata maledetta di Gimbo a Montecarlo 2016, dove si infortunò - prima di Rio - attaccando i 2.41. Ma non si salta più. Sbagliano tutti. E alla fine i due amici Barshim e Tamberi, primi a pari merito, scelgono di fermarsi. Saranno entrambi sul gradino più alto del podio di Olimpia.

JACOBS - Laddove non era riuscito Pietro, e nemmeno Livio, è arrivato Marcell. Un italiano sul gradino più alto del podio olimpico, nella gara più breve dell'atletica, sulla distanza sulla quale tutti sognano di cimentarsi. Un trionfo che arriva meno di dieci minuti dopo quello di Tamberi, e ha la forza di un uragano. Perché Marcell Lamont Jacobs vince, strapazza gli avversari, e segna ancora il record europeo, 9”80, dopo il 9”84 della semifinale (e dopo il 9”94 della batteria, che era già stato record italiano). Una serie sontuosa, che ha fatto impazzire l'Italia nell'ora di pranzo di una bollente domenica d'agosto. Doveva "pizzicare" la partenza, Marcell. E l'ha fatto, c'è riuscito, uscendo come un missile dai blocchi, e producendo un'accelerazione mostruosa. Fino a fare la lepre per tutti, fino oltre il traguardo. Dietro di lui, il vuoto. Lo statunitesne Fred Kerley è argento in 9”84, il canadese Andre De Grasse bronzo in 9”89. Un esito leggendario, che fa esplodere il tifo dei (purtroppo pochi) presenti, e scatenando il po-popo-po-po-poo-poo della squadra azzurra, compatta ad applaudire i compagni in questa giornata indimenticabile. “…Sarà dura prendere sonno adesso che sono il campione olimpico dei 100 metri. Ehm, cosa ho detto? Sono davvero il campione olimpico?!”, ha scherzato Jacobs. Servirà qualche giorno per rendersene conto. “Ho chiesto al mio corpo l’ultimo sforzo prima di riposare. Sono arrivato ai blocchi concentrato soltanto su me stesso, senza guardare gli avversari, soltanto la mia corsia. Quando ho visto che ero davanti ho urlato fortissimo, c’era Gimbo in mezzo alla pista e ci siamo saltati addosso. Conosco la sua storia, tutte le batoste che ha preso lui. Le tante che ho preso io”. Marcell non sta nella pelle mentre dialoga con la stampa italiana e internazionale nella pancia dello stadio Olimpico di Tokyo, teatro di qualcosa che - shhhhh sottovoce, qualcuno poteva anche pensarlo - era un sogno troppo grande da immaginare: “Non vedo l’ora che sia domani, che suoni l’inno, la cerimonia della medaglia. È un palcoscenico a cui non ero abituato, ma quest’anno sto vincendo tutto. Un oro olimpico non te lo toglie nessuno, probabilmente il record sì. Prima o poi. La terrò appesa sul muro principale di casa mia per sempre. Ci sono io, dopo Bolt: ho visto qualsiasi sua gara e vincere con un tempo migliore del suo ultimo oro è pazzesco. È dedicato all’Italia, alla mia famiglia, ai miei bambini, al mio team. Siamo arrivati qua determinati, mi sono sempre ripetuto… cosa hanno gli altri più di me? Unico neo. Quando ho visto 9"79 mi piaceva di più di 9"80…”.

(da fidal.it – foto COLOMBO/FIDAL).

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