L'intervista a Michele Lazazzera

07 Agosto 2021

I ricordi del velocista pugliese che prese parte ai Giochi di Seul '88
Nella Olimpiade che ci stà regalando infinite emozioni in chiave pugliese non potevamo dimenticare un pugliese che alle Olimpiadi vi ha preso parte, Michele Lazzazzera. Il velocista barese oggi 53enne e 3° pugliese di sempre nelle liste all-time della velocità azzurra dopo Pietro Mennea e Giovanni Tomasicchio, a Seul ’88 raggiunse i quarti di finale (5°) correndo in10”50 (10”47 in batteria).
Olimpiadi, il massimo per un atleta. Cosa vuol dire partecipare ad una Olimpiade? “Credo che per me come per tanti sia la giusta ricompensa a tutto il sacrificio sostenuto per arrivare ad un appuntamento di questo tipo, un occasione che tanti vorrebbero raggiungere. Quello che stiamo ancora vivendo è stato un periodo particolare che ha messo sotto stress ancora di più gli atleti che sono rimasti sotto i riflettori per un tempo più lungo e si corre il rischio di arrivare stremati”.
Michele Lazzazzera e le Olimpiadi di Seul '88. A distanza di tanti anni cosa le è rimasto? Ci racconti di quella esperienza vissuta quando aveva solo 20 anni... “E’ stata una esperienza positiva, ricordo tutto, una grandissima emozione. Tutti noi velocisti eravamo in un appartamento all’interno di tre grattacieli, ricordo che il giorno della gara mettemmo la sveglia alle 4 del mattino per fare esercizi di riattivazione e poi essere alle 9 in pista. Uscimmo dalla nostra residenza che era ancora buio ed una navetta ci portò al campo. Credo sia molto importante seguire quelle poche ma semplici procedure per arrivare nelle migliori condizioni all’appuntamento con la gara”.
L'Atletica Leggera è sempre la regina degli sport e quest'anno la Puglia ha già regalato gioie ed emozioni... “Intanto sono contento per quello che i ragazzi pugliesi stanno regalando allo sport di casa nostra. La nostra terra sforna campioni anche se la mia amata velocità dovrà aspettare ancora del tempo in questo senso. Neanche io ed il grande Pietro Mennea siamo stati forti da giovanissimi, l’Atletica è sport imprevedibile ma la Puglia è terra di campioni abituati a soffrire e lottare per conquistare i traguardi sognati. E avolte succedono anche cose strane se penso al fatto che pur essendo stato titolare non mi permisero di correre la 4x100 nonostante il cambio di testimone tra me e Stefano Tilli fosse all’epoca una garanzia”.
Rispetto ai suoi tempi come è cambiato il mondo dello sport professionistico? Quali le differenze? “Ancora oggi l’Atletica non è considerato uno sport professionistico nonostante i sacrifici necessari per arrivare ad alto livello. Serve ance molta passione, servono altri elementi come il giusto feeling con il proprio allenatore e poi non bisogna dimenticare che oggi si è persa la capacità di costruire un atleta passo passo perchè si pensa solo ad ottenere risultati nel più breve tempo possibile. Spesso questo genera altri problemi come i ripetuti infortuni. E’ un concetto che non ci appartiene più. Ai miei tempi i tecnici ti venivano a cercare, oggi non è più così ed è diventato difficile entrare nelle scuole. E’ successo a me in questi anni e ti cadono le braccia”.
In chiave azzurra, nella velocità in linea abbiamo toccato il tetto del mondo... “Jacobs ci ha fatto sognare, sta vivendo un momento speciale e ci riserverà tante soddisfazioni”.
Chi raccoglierà l'eredità di Usain Bolt? “Nessuno al momento. Ritengo che il suo 9”58 valesse anche meno per come lo corse”.
Al di la dello stato di emergenza sanitaria questa edizione dei Giochi Olimpici sta mantenendo le aspettative secondo lei? “Sicuramente si. L’atleta che va alle olimpiadi vive in un mondo ovattato. Nonostante il Covid gli atleti hanno continuato ad allenarsi e credo che alla fine l’assenza anche parziale del pubblico non costituirà un problema per loro. Io, ad esempio, ho vissuto come in un tunnel, non pensavo al pubblico”.Riuscirebbe a immaginarsi in questa epoca agonisticamente parlando??? Credo di sì, a quell’epoca per me ra solo importante correre, correvo e basta, da ignorante come ho sempre amato ripetere. Non guardavo i tempi ed ho capito solo a 30 anni quanto ero stato forte da piccolino!. Credo che con questa mentalità ce l’avrei fatta anche oggi”.

Roberto Longo


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