Atletica Oristano: l'occhio rivolto al futuro



(alefloris) Al vecchio “Sacro Cuore”, poi ribattezzato Sinis-Nurra, non ricordano nemmeno più da quanti anni l’Atletica Oristano si aggiudica il Gran Premio giovanile. “Sono cinque anni di seguito, almeno nella combinata”, dice il presidente Saverio Bisogni. “Forse qualcuno in più, ma non ricordo”, gli fa eco il tecnico Stefano Mascia. Di sicuro c’è che il progetto nato su pista e pedane che hanno dato i natali ad atleti del calibro di Valentina Uccheddu, Annarita Angotzi, Marco Pessini, Gianluca Cariccia, Fabrizio Desogus, Milko Campus, Giorgio Marras, Giampiero Idda e, più di recente, Gianmarco Pira, quest’anno al primato regionale assoluto dei 110 ostacoli, e Antonmarco Musso (e, mettendo le mani avanti, mi scuso per le omissioni) è vivo e funziona. Il presidente Bisogni descrive il tutto con questa frase: “Il successo di quest’anno nel Gran Premio è il completamento di un progetto nel quale i tecnici hanno lavorato all’unisono e gli atleti hanno dimostrato un grandissimo spirito di squadra”. Chi sono questi tecnici? Eccoli: Valentina Piras, Cristina Sinis, Veronica Musinu, Stefano Mascia, il rientrante Marcello Cadeddu e, last but not least (traduzione: per ultimo ma non ultimo) Francesco Garau. Su di lui spende parole importanti proprio Stefano Mascia, che idealmente gli si rivolge col termine di professore: “A lui ti puoi rivolgere in qualsiasi momento: ha sempre un consiglio appropriato, una parola, un gesto di peso. Le cose che dice in genere non le trovi sui libri, men che meno le impari ai raduni tecnici o ai corsi per tecnici”. Insomma,  parliamo dell’enciclopedia privata dell’Atletica Oristano ... e non solo. Veniamo ai ragazzi.
Sono anni che lavorano insieme, sin da bambini, e ora è arrivato il momento di raccogliere i frutti”, risponde Mascia; “Non è un caso che quest’anno l’Atletica Oristano ha vinto il titolo di società cadetti e cadette e quello ragazzi, arrivando seconda per una manciata di punti tra le ragazze. Inoltre ben otto cadetti della rappresentativa regionale erano nostri e siamo stati l’unica società a completare il programma gare tra gli allievi qualificandoci e partecipando alle finali nazionali”.
E le allieve?
Il progetto inizialmente prevedeva il raggiungimento di certi traguardi nel 2015. Gli allievi hanno anticipato i tempi ma con l’estate prossima il passaggio di categoria delle cadette ci permetterà di completare il programma anche con le allieve”.
Il Gran Premio sembra essere un buon rilevatore del polso dei settori giovanili nelle varie società. Non è un caso che alle vostre spalle si siano classificate le nuove realtà sassaresi Shardana e Ichnos nel maschile e Atletica Selargius e Valeria Decimomannu nel femminile.
Secondo me il Gran Premio si è un po’ snaturato rispetto agli obiettivi iniziali. Doveva essere un modo per calendarizzare le manifestazioni e permettere ai ragazzi di crescere, invece è diventato una sorta di campionato nel campionato, una specie di campionato sardo generale del settore giovanile. Ora come ora, vince il Gran Premio chi ha una buona partecipazione tra i cadetti e le cadette”.
Da anni ormai notiamo l’abisso esistente tra le categorie giovanili e quelle assolute, dagli juniores in poi. Poi l’ultima novità regolamentare del passaggio diretto degli over 35 tra i master ha ingigantito il problema della penuria di seniores. Qual è, secondo te, la causa di tutto ciò e la soluzione al problema del drop out?
In genere nel passaggio tra le categorie allievi e juniores si assiste ad una perdita di atleti per motivi di studio. Questa secondo me è la causa principale dell’abbandono. Il segreto per non perderli in età più precoci è farli divertire e minimizzare al massimo la specializzazione. I nostri migliori ragazzi eccellono in diverse specialità e si divertono, non si stressano. Pensa che Sara Zoccheddu, se non cambiano i minimi di partecipazione, potrebbe fare i campionati italiani indoor in quattro diverse specialità. Secondo me alla lunga rende di più, e rimane nel mondo dell’atletica, un atleta allenato “50” che gareggia per divertirsi, con bassi livelli di stress, che non uno allenato “90” sul quale c’è un carico emotivo, da parte di società e tecnici, eccessivo”.



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