Varie: Scarnafigi festeggia i Damilano e la marcia



Scarnafigi (CN) 17 ottobre. Sabato 16 ottobre. La giornata era fredda e piovosa in Piemonte, particolarmente nel Cuneese, ma non per gli abitanti di Scarnafigi, un paese di duemila anime a pochi chilometri da Saluzzo, anticamente la capitale del Marchesato che portava quel nome. Gli abitanti di Scarnafigi si sono dati appuntamento appena fuori del centro, sulla via che aggira il borgo e si apre in una rotonda panciuta, per inaugurare Il Monumento. Non un monumento qualsiasi (i monumenti in ogni caso non sono mai qualsiasi, ricordano uomini o eventi degni di essere tramandati, ma seguono un loro certo filone logico), questa volta un'opera dedicata a tre personaggi del posto che hanno proiettato il piccolo borgo nel mondo.

Un monumento a Maurizio Damilano e ai due fratelli, Sandro il maggiore che ha dettato e ancora detta scienza della marcia, Giorgio il gemello del campione che l'ha accompagnato sulle strade del Cuneese e del mondo nei primi anni di sport. Un monumento alla marcia italiana. E' stato, sabato 16 ottobre, un fatto straordinario. Per un Paese come l'Italia che allo sport guarda più con eccitazione che con amore, per il fatto che l'opera è dedicata a personaggi viventi e vivissimi.

Restando nell'ambito della nostra atletica ricordiamo i busti in ricordo di Consolini e Dordoni, ricordiamo l'opera recente, due anni fa, che Carpi eresse proprio su una rotonda (forse il sito ha ispirato Massimo Magliocco e i suoi collaboratori di Scarnafigi) in occasione del centenario della nascita di Dorando Pietri. Ma sabato 16 ottobre i fratelli Damilano erano lì. Maurizio a tagliare il nastro con il sindaco del Paese, Mario Lovera, gli altri due accanto a lui, fedeli sentinelle e non solo, come sempre in tanti anni.

E' un fatto straordinario anche perchè, come a Carpi, l'atletica scende in campo per marcare il territorio, per mandare messaggi culturali importanti. Non c'è stato bisogno di troppe telecamere, di microfoni, di entusiasmo plastificato. Non c'è stato bisogno neppure di troppi testimonial, come usa dire adesso, o di autorità di spicco che spesso dicono banalità. C'era il festeggiato, c'erano i festeggiati, c'era il paese, c'era Stefania Belmondo, l'altra cuneese oro olimpico, c'era una folla fiera e commossa.

Il monumento si basa su un'idea semplice e vincente.  Al centro della rotonda, bello e ciccione, un mappamondo dove la piccola Italia spicca evidente, con Scarnafigi che è un puntino lassù al Nordovest. E' il modo di far capire che i tre fratelloni Damilano ha fatto entrare questo borgo nel mondo.

L'elemento principale (pesa circa 10 quintali, è in acciaio con parti in ferro grezzo e altre in acciaio brillante colorato) è circondato da una pista in tartan rossiccio sulla quale, a distanza omogenea, sono state collocate tre «silouettes» di Maurizio Damilano che rammentano le  sue imprese d'oro. Il primo posto ai Giochi di Mosca 1980, il successo ai Mondiali di Roma 1987, il bis a Tokyo 1991. Gli altri piazzamenti da podio (due bronzi olimpici nel'84 e nell'88, un argento europeo nell'86, altro ancora) vengono ricordati con una scritta alla base del monumento.

Non è stata casuale la data di fine 2010 per scoprire l'opera, perchè stanno scadendo i trent'anni dal primo grande successo, Mosca, ottenuto quando il campione della marcia aveva soltanto 23 anni. L'Italia sportiva, tutta assorbita dalle celebrazioni per il Cinquantenario di Roma '60, ha un poco rimosso quel trentennale dove l'atletica azzurra conquistò ori pesanti con Mennea e la Simeoni, oltre a Maurizio il camminatore.

La lunga giornata del mappamondo si concludeva poi nel modo rustico, caldo, genuino, tipico dei luoghi della Provincia Granda legati sempre alle tradizioni forti con l'happening serale. I tre fratelli ai 120 commensali invitati in una bella palestra, cucinavano gli ex alpini, piatto del giorno il bollito misto, hanno regalato un fascicolo, stampato per la festa patronale, con le immagini della loro vita e una Damilaneide a fumetti. Gli autografi in copertina non sono stampati, ma autentici. La testimonianza è di Sandro: «Abbiamo messo firme per delle ore». Una volta tanto avevano le mani più stanche dei piedi.

Nella foto un particolare del monumento

(Fonte: Fidal Nazionale - Gianni Romeo)



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