V come Vallortigara: la volontà di volare

24 Luglio 2018

Dodici lettere di cognome, Elena spazza via uno dei classici del giornalismo: i grandi hanno tutti nomi brevi, da titoli.

di Giorgio Cimbrico

Brevissima rassegna di esempi storici, moderni e contemporanei. Nurmi, Owens, Hary, Laver, Pelé, Riva, Clay (poi Ali, ancora meglio), Lewis, Tomba, Bolt, Messi, Nadal. Maradona era più lungo ma si usava spesso Diego; Johnson, sinché non venne bandito, era Big Ben; l’altro Johnson e Jordan, MJ, Federer, come da marchio registrato e ora al centro di un contenzioso, RF. Da un po’ di tempo, all’insegna dell’ammiccamento, Balotelli è diventato Balo; Gasperini, Gasp. Sui siti e nella carta stampata (o quel che ne rimane) lo spazio è sempre un elemento vitale.

Dentro “Vallortigara” abita comodamente Sara Simeoni (quattro più sette, undici lettere) che domenica dopo aver perso il titolo mondiale ed europeo dopo quattro anni di regno (2,02 di Ulrike Meyfarth) e quello italiano dopo quasi 29 (2,02 di Antonietta Di Martino, poi migliorato fino a 2,03 all'aperto e 2,04 indoor), è stata privata anche di quello veneto: Sara è di Rivoli Veronese, Elena di Schio, provincia di Vicenza. Curioso: ancora una volta fatale è stata quota 2.02. A questo punto a Sara rimane soltanto il primato della provincia di Verona e quello su suolo bresciano, entrambi prossimi al quarantesimo anniversario che cadrà il 4 agosto. Tutto passa, dicono i francesi.

Non resta che tornare al tema principale: brevità e lunghezza dei nomi. Da quando si è sposata, Mariya Kuchina è diventata Lasitskene. Meglio la versione da nubile. Sull’altra si può incespicare: dove va la seconda “s”? e dopo, c’è una k” o una h”? Attento proto, si diceva una volta.

In un racconto di Kafka o di Buzzati, Elena, la ragazza bionda e dal volto deciso che pare uscita da una tela di Tiziano o di Veronese (per me, più il secondo che il primo), sarebbe Elena V. In quella lettera, un’aria di mistero e un risparmio di undici battute. Può essere una buona soluzione.

V dà l’idea di vettore (di forza), di velocità, di volo, di vittoria (vedi gesto di Winston Churchill che in Fleet Street riuscivano a far entrare senza sforzo nei titoli di prima pagina o nelle edizioni straordinarie), di volontà, che non è mai mancata a chi ha attraversato aridissime regioni e stagioni, tunnel senza un briciolo di illuminazione, senza mai cedere alla tentazione di dirsi: “Ma io cosa faccio ancora qui?”.

Elena è entrata in un cosmo di infortuni, ha conosciuto una schiera di medici e di fisioterapisti, ha girato l’Italia, ha cambiato tecnici e città, sino a quando, in fondo a questo lungo peregrinare, ha trovato Stefano Giardi e Siena e da lì è cominciata la ricostruzione e dalla ricostruzione è iniziata la metamorfosi. Una di quelle che non si arrendono, che non si fanno trascinare dalle onde del destino.

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