Unbroken l'incredibile storia di Zamperini

27 Gennaio 2015

Il 29 gennaio arriva sul grande schermo il film, diretto da Angelina Jolie e che racconta la vita dell'atleta statunitense, olimpico a Berlino 1936 ed eroe di guerra

di Giorgio Cimbrico

Per il suo secondo film da regista Lara Croft – pardon, Angelina Jolie – ha scelto una storia meravigliosa e che in Italia vedremo dal 29 gennaio: se Mandela era Invictus, Louis Zamperini è Unbroken, quello che non si spezza, che non si rompe, che non si arrende. In pace e in guerra, sulla pista e ai comandi di un bombardiere, naufrago nell’oceano o dietro il filo spinato di un campo di concentramento giapponese dove il trattamento era inumano. Era una storia troppo bella per non essere narrata e così la troppo bella ha finito per narrarla, con l’aiuto dei fratelli Joel e Ethan Cohen, ed è triste che il vecchio Louis non abbia fatto in tempo per vedersi, con il volto e il corpo di Jack O’Connell: se n’è andato a 97 anni, nel luglio dell’anno scorso, dopo che il suo nome era già apparso nelle lista dei caduti settant’anni prima. Si erano sbagliati, non sapevano che lui era unbroken. Difficile spazzarlo via.

Zamperini era figlio di veronesi emigrati in America all’inizio del XX secolo, Antonio e Luisa Dossi, era nato nello stato di New York ma a due anni era già a Torrance, California: Torrance Tornado era uno dei suoi soprannomi. Per usare parole, sue, era un prodotto della Grande Depressione: fame, privazioni, necessità di sapersi difendere dai prepotenti. Ma ai rudimenti della boxe insegnati dal padre, preferisce la pista dove lo porta il fratello Peter. Discreto sul miglio, decide di giocare le sue chances allungando la distanza e ai Trials del ’36, a Randall’s Island, in una giornata di caldo torrido che miete 40 vittime a Manhattan, guadagna un posto nella squadra olimpica per Berlino nei 5000: alla sua età, 19 anni e mezzo, non c’era riuscito nessun americano. Il viaggio e i giorni che precedono le gare per lui sono il paese della cuccagna: mangia come un lupo e cresce cinque chili.

Nella finale, dominata dai finlandesi Hockert e Lehtinen, Louis è ottavo ma si scava una parentesi di notorietà e di simpatia per il suo formidabile ultimo giro: a quei tempi 56 secondi dalla campana al traguardo erano merce rara.

Riceve anche i complimenti e la stretta di mano di Adolf Hitler (“Ah, voi siete il ragazzo con quel gran finale”) ma qualche giorno dopo si fa ammirare per una salita al palo di una bandiera: trafugata una bandiera con la svastica.

Al momento dell’attacco a Pearl Harbor, Zamperini ha quasi venticinque anni ed è secondo tenente sui bombardieri B25 Liberator. Partecipa a una missione sul velivolo battezzato Superman dalle parti di Nauru e nel corso di uno scontro con caccia giapponesi l’aereo viene gravemente danneggiato. Rientra alle Hawaii e i superstiti vengono assegnati al Green Hornet che, nella primavera del ’43, parte per una missione di soccorso a un aereo scomparso nel gran deserto d’acqua del Pacifico: i piccoli lembi di terra che affiorano sono le isole Marshall. Un guasto costringe a un ammaraggio che si trasforma in disastro: sopravvivono in tre, su un canotto assalito e assediato dagli squali e punzecchiato dalle mitragliatrici di Zero che non conoscono la cavalleria.

“Imparammo a catturare albatros e a usarli come esca”, racconta Louis nella biografia di Laura Hillenbrand diventata un best seller. Dopo 33 giorni, esausto e tormentato dalla sete, muore Francis McNamara. Dopo 47 giorni di un’odissea al di là dell’immaginabile, Louis e Russell Phillips riescono a prender terra alle Marshall, vengono catturati e da lì spediti in Giappone, in campi di concentramento dove la pietà non esiste. Prima nei pressi di Tokyo, poi nel nord del Giappone dove lui e molti altri americani finiscono nei tormenti inferti da Mutsuhiro Watanabe, detto bird, uccello, incluso più tardi nella lista dei 40 peggiori aguzzini. Uno dei compagni di prigionia raccontava che Louis aveva un modo per far dimenticare ai compagni la loro disastrosa condizione: “Descriveva le ricette italiane di sua madre”.

Dato per morto, torna negli Stati Uniti come un eroe, sposa Cynthia, devota cristiana che con la fede riuscirà a guarirlo dagli incubi che ogni notte tornano implacabili. Nell’88 è uno dei tedofori alle Olimpiadi di Nagano, incontra e abbraccia i suoi antichi carcerieri, ma non Watanabe che rifiuta. “Ho raccontato la mia vita in un libro e poi ho incontrato Angelina, che mi abbraccia e mi bacia. Una magnifica amica”, confessava compiaciuto prima che soltanto il tempo riuscisse a spezzare chi non poteva essere spezzato. Unbroken.

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