Una storia al giorno

31 Gennaio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

31 gennaio. Riaprire il fascicolo di Glenn Morris a 40 anni dalla scomparsa, significa scovare una quantità di storie che avrebbero riempire dieci vite, non una. Normale per uno dei multipli più famosi della storia dell’atletica. Aveva un fascino selvaggio: ricorderò sempre i suoi occhi pieni di fuoco dopo che mi slacciò la camicetta e mi baciò il seno davanti a 100.000 spettatori”, racconta Leni Riefenstahl nella sua autobiografia. Non può esser valutato quanto possa essere attendibile la versione della regista di Olympia e musa ispiratrice di Adolf Hitler che, formidabile affabulatrice, raccontò anche di aver avuto una relazione con il vincitore del decathlon, interrotta dopo che una maga le aveva rivelato strane ombre che aveva rinvenuto nella scrittura dell’americano. L’amore per l’arcano e l’esoterismo era un classico in anni bui che sarebbero sprofondati in spaventose tenebre.

Di certo c’è che Glenn piacque anche al Fuehrer che, nei due giorni di gara, non inventò scuse per tornare alla Cancelleria e rimase avvitato al suo posto in tribuna: quel giovanotto che veniva da Simla, Colorado, e che aveva affiancato titolo olimpico e record mondiale (300 punti al secondo, con picchi nei 400, 49”4, e nei 110hs, 14”9, e un veemente finale nei 1500 chiusi poco al di là dei 4’30”) incarnava l’ideale ariano meglio di certi biondoni della Westfalia e della Baviera e avrebbe potuto diventare un eccellente soggetto per Arno Breker, lo scultore del regime. Alla fine dei Giochi berlinesi, dirigenti della cinematografia nazionalsocialista si fecero avanti e gli offrirono un assegno di 50.000 dollari: li avrebbe potuti intascare si fosse fermato in Germania per girare film. Glenn rifiutò, tornò negli Usa per ricevere un omaggio trionfale e di lì a poco venir nominato Atleta dell’Anno. Jesse Owens aveva vinto quattro medaglie d’oro ma non venne considerato dalla giuria. Meglio un bianco, no?

Morris navigava sulla cresta dell’onda e venne chiamato a Hollywood per diventare il quarto Tarzan della saga del Signore delle Scimmie. “La vendetta di Tarzan” non compare nella lista dei 100 migliori film della storia e l’avventura non ebbe seguito. Dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor, venne arruolato in marina, partecipò a operazioni anfibie nel Pacifico, finì nel colossale scontro aereo-navale del golfo di Leyte, venne ferito e passò molto tempo in un ospedale militare per riprendersi da traumi fisici e mentali. Gli spettri di quelle spaventose esperienze non lo abbandonarono mai e lo portarono a cercare la stampella della bottiglia. L’ultima tappa dei suoi 62 anni di vita fu l’ospedale per veterani di Palo Alto, California.

Giorgio Cimbrico

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