Una storia al giorno

26 Gennaio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

26 gennaio. L’Australia Day, il giorno che l’Australia ha dedicato alla propria identità nazionale, invita a rivedere in rapida successione, con la dolce colonna sonora di Waltzing Matilda, una lunga galleria di volti di campionesse e campioni, di fotografie che sono rimaste infisse nel nostro ricordo: Ron Clarke che corre con una maglietta che porta stampato un boomerang; Maureen Caird che si fida ciecamente del suo ritmo passando le barriere con gli occhiali scuri; Marjorie Jackson, con il suo sorriso estatico, che obbligò una mano ignota a posare sul piatto il disco con Advance Australia Fair quando l’inno ufficiale era ancora God Save the Queen. “Sono quella dell’emu e dell’opossum e se vuoi dell’eucalipto”, diceva una vecchia canzoncina della tarda età vittoriana. L’Australia.

E così, in onore della festa di un paese che ha dato tanto allo sport e all’atletica, si trattava di estrarre un nome dall’urna dove giravano tanti bussolotti. Un sorteggio guidato, in realtà, per tirar fuori un foglietto, spiegarlo con cura e leggere il nome di Peter Norman che, dopo quasi mezzo secolo, è il primatista nazionale dei 200: 20”06 è un tempo che fa ancora gola a tanti. Ma oggi non è il caso di battere sentieri statistici, cosparsi di fredde cifre, né soffermarsi troppo sui suoi prodigiosi progressi messicani, stimati nell’abisso di mezzo secondo.

“Fu un fratello” disse di lui John Carlos dopo il podio più famoso della storia, quello de pugni chiusi di John e di Tommie Smith: in mezzo, lui, uno dei vicecampioni olimpici più clamorosi della saga. Divenne un fratello quando decise di spillarsi sulla tuta uno stemma – oggi è meglio dire badge – del Progetto Olimpico per i Diritti Umani. Ne parlarono nel boccaporto mentre stavano per avviarsi verso la premiazione e Peter disse che per lui andava tutto bene, era d’accordo con loro. In patria, si batteva contro un movimento che aveva un nome che era tutto un programma: White Australia. Norman era un uomo religioso, che amava la giustizia e la dignità. E così, quando nel 2006 se ne andò a 64 anni, Tommie e John partirono per un lungo viaggio verso l’Australia e portare sulle spalle la bara di quel loro fratello incontrato tanti anni in prima, in fondo a una delle volate più famose che la storia abbia regalato, una corsa per la libertà.

Giorgio Cimbrico

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