Una storia al giorno

20 Gennaio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

20 gennaio. Con un nome così – Seamas Breandan O’ Conghaile – che sembra uscire diritto da una saga celtica o dalle vicende di un’insurrezione contro i britannici padroni - non poteva che finire in quel territorio sospeso tra storia e leggenda. E così, a 57 anni dalla sua dipartita, non resta che provare a narrare per sommi capi la vita e le imprese di James Brendan Connolly, irlandese d’America, nato a Boston da genitori che venivano dalle isole Aran, bellissime, non sempre raggiungibili da Galway (il mare manda ruggiti e gli approdi sono perigliosi) e così povere che i micro-campicelli di patate delimitati da un dedalo di muretti a secco vengono concimati con le alghe. Così, al momento di mangiarle, sono già salate.

JBC è l’uomo del risveglio, nel senso che 1531 anni dopo l’ultimo vincitore (un greco? un armeno? non si sa bene), tornò a mettersi in testa una gara olimpica e, rispettando le sue radici, lo fece nella specialità inventata dai suoi avi isolani: il salto triplo. Nelle foto che rimangono, James ha un aspetto deciso, quello che deve avere chi è andato avanti sempre con le proprie forze: figlio di poveri irlandesi che tiravano la vita con i denti, non poteva neppure sperare di andare ad Harvard – per un americano era come per un britannico frequentare Oxford o Cambridge – e così, dopo le superiori fece l’impiegato e, a seguire, trovò un salario arruolandosi nel Genio, a Savannah. Ostinato e cocciuto, continuò a studiare, bruciò le tappe, passò l’esame di ammissione ad Harvard ma se ne andò sbattendo la porta quando, nella primavera del 1896, non gli concessero il permesso di allontanarsi dai corsi.

Lui, che a questo punto della storia aveva già 28 anni, aveva deciso di andare ai Giochi di Atene e ci arrivò dopo essersi fatto borseggiare a Napoli (ladro inseguito e placcato: James giocava bene anche a football) e in fondo a un viaggio interminabile. Il giorno dopo, prima finale sul cartellone del Panathinaiko: Jamesi si presenta in pedana e vince il triplo (due balzi sullo stesso piede prima del jump finale) con un metro buono di vantaggio e con una misura non da buttar via, 13,71. “Mi diedero la medaglia d‘argento perché quella d’oro non esisteva”. Particolare protocollare a parte, tocca a James inaugurare i nuovi elenchi. Già che è li gareggia anche nell’alto (secondo) e nel lungo, terzo.

Due anni dopo, si arruola nel 9° Fanteria del Massachusetts, meglio conosciuto come la Brigata Irlandese, e combatte a Cuba nella guerra ispano-americana, il conflitto utile a Teddy Roosevelt per scalare in patria le vette del gradimento dopo la sua carica a cavallo sulla collina di S. Juan. Connolly pubblica un libro sulle sue esperienze belliche, torna in pedana per i Giochi parigini del 1900 e questa volta è argento-argento. Torna a farsi vedere anche a St Louis, ma sul bavero ha spillato l’accredito da giornalista. Scrive come un matto: 200 racconti e 25 romanzi sulla vita in mare. Le antichi radici di Aran escono in superficie: conosce ogni tipo di imbarcazione e sa descriverlo alla perfezione.
Nel ’48 da Harvard gli arriva una maglia con la grande H stampata e l’accetta, ma spedisce indietro la laurea ad honorem. Sempre avanti con le sue forze, sino a quando lo lasciano a 88 anni compiuti. Il primo campione dell’età moderna era un duro. Duro anche a morire.

Giorgio Cimbrico

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