Una storia al giorno

18 Gennaio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

18 gennaio. Trentun anni fa, il Comitato Olimpico Internazionale decise di rendere le medaglie d’oro confiscate a Jim Thorpe. Non essendo possibile consegnarle a lui, che era morto trent’anni prima in non floride condizioni economiche (per usare un untuoso eufemismo…), le recapitarono alla famiglia, confezionando ll record mondiale di ipocrisia, tipico di un consesso che è stato frequentato da ogni tipo di discutibili personaggi, prima di trasformarsi in un consiglio di amministrazione che non va per il sottile.

Chi ama l’atletica sa (se non lo sa, ecco pronto questo piccolo Bignami, questo corso accelerato) chi era Jim, un cocktail di sangue irlandese, francese e indiano, venuto al mondo in un villaggio Sac e Fox quando l’Oklahoma era ancora un territorio e non ancora uno stato, con il nome di Sentiero Luminoso. Al cinema, più tardi, avrebbe avuto il volto deciso di Burt Lancaster, anche lui un bell’atleta.

Quando la Abc lanciò un sondaggio – chi è stato il più grande atleta del XX secolo? – vinse lui, davanti ad Muhamad Alì, a Jesse Owens, a Jack Nicklaus, a Michael Jordan, a Wayne Gretzky, e forse nel voto ebbe il suo peso la persecuzione che aveva dovuto subire chi venne spinto fuori dall’Eden olimpico per aver raccattato qualche soldo (25 dollari la settimana) giocando a baseball in una lega minore della North Carolina prima di andare a Stoccolma 1912 per giorni molto intensi.

Il 7 luglio vinse il pentathlon con quattro successi parziali in cinque prove e con un rimarchevole 7,07 nel lungo; l’8 luglio finì quarto nell’alto con 1,87; il 12 luglio ottenne il settimo posto nel lungo con 6,89 e dal giorno dopo, sino al 15, fu impegnato nel decathlon che riportò con 600 punti di margine sullo svedese Hugo Wieslander che riuscì ad avere la meglio solo nel giavellotto. I parziali danno l’idea di chi stiamo parlando: 11”2, 6,79, 12,89, 1,87, 52”2; 15”6, 36,98, 3,25 (nell’asta non era granché ma, come dicevano in A qualcuno piace caldo, nessuno è perfetto), 45,70, 4’40”1. Di questo era capace Jim, 102 anni fa. Secondo la tabella 1985, 8413 punti. Nel pentathlon, che si disputava con la formula del punteggio “negativo”, finì a 7 punti. Il secondo ne sommò 21. Sesto fu Avery Brundage, il ricco americano (ovviamente dilettante, con simpatie per la Germania di Hitler) che più tardi, da presidente del Cio, non mosse un dito per riabilitarlo. E tutto sommato, è meglio così: Jim non doveva essere riabilitato da un tipo del genere.

Un aneddoto, probabilmente apocrifo e perciò bellissimo, racconta che Gustavo V lo premiò con un busto (lo zar Nicola II fu più generoso e gli assegnò un calice con diamanti) e al momento di consegnarglielo, non riuscì a trattenersi. “Signore, voi siete il più grande atleta del mondo”. “Grazie, Maestà”. Jim non fu mai un grande parlatore. Parlava con quello che la natura gli aveva donato, un gran fisico che gli permise di giocare a baseball, a football, a basket, a improvvisarsi re della pista e delle pedane. Fosse nato un secolo dopo, non avrebbe avuto problemi.

Giorgio Cimbrico

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