Una storia al giorno

14 Gennaio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

14 gennaio. “Ehi, per essere così piccolo, lanci bene”: disse Randy Matson quando per la prima volta vide in pedana Al Feuerbach detto Rhino, che oggi arriva ai 66 anni e ha alle spalle stagioni popolate da una magnifica ossessione: diventare primatista mondiale di lancio del peso, superare il record di Matson, uno di quei limiti fuori dal tempo, da scossa tellurica: 21,78 nel ‘67. Mostruoso.

Randy, texano, era alto 2,01; Al, nato a Preston, Iowa, superava di poco gli 1,80 ed era un magnifico esempio di cocciutaggine che, alla fine, ebbe in premio il suo Graal, il suo Vello d’Oro. Capitò proprio dove era andato a vivere, a San José, dandosi un programma semplice e severo: “Potrò anche metterci quindici anni ma ce la farò”. Viveva in modestia, respingendo le sirene del guadagno facile (quando nacque la troupe pro rifiutò sdegnosamente: “Voglio poter rappresentare gli Stati Uniti contro gli europei dell’est”), dividendo casa con il marocchino Lahsen Samsam, un gigantesco berbero che sapeva sparare al di là dei 20 metri. Se Al era Rhino, lui era Simba. Matson a quel tempo era tutto: il campione olimpico, l’uomo che aveva spostato i confini in una terra di nessuno, se non la sua, dal 20,68 di Dallas Long a 21,52 e, due anni dopo, ancora al Kyle Field di College Station, a 21,78. Tanto per dare la dimensione, ai Giochi di Mexico che Randy vinse facilmente, con qualche centimetro al di là dei 20 metri si andava a medaglia.

Al, che porta il nome di un filosofo con cui Marx ebbe qualche disputa, lavorava come un matto, tirava su tonnellate, mangiava anche. A Torino venne per un Italia-Usa (c’era anche una giovanissima Mary Decker) e Vittorio Urbani, oste di riferimento quando Primo Nebiolo allestiva spettacolo nella sua città, si era stupito annotando la dozzina di piatti di agnolotti spariti nella bocca e nello stomaco del lanciatore che cingeva la fronte con una fascia colorata, secondo una moda molto californiana e molto hippie. Alla Easy Rider.

Il giorno in cui l’ossessione sparì lasciando spazio alla gioia coincise con una data fatale, il 5 maggio. Nel caso, quello del ’73, quando a San José Al aprì con 21,59 a cui fece seguire il 21,82 (71 piedi e 7 pollici) quattro centimetri, un pollice e mezzo, meglio del grande Randy che Rhino seppe lasciare alle spalle in dieci delle ultime undici occasioni in cui si trovarono faccia a faccia. Quel record tenne per meno di tre anni, sino al 21,85 hawaiano di Terry Albritton.

Ai Giochi Olimpici Feuerbach non ebbe grande fortuna. A Monaco ’72 finì quinto, con 21,01, in fondo a una delle competizioni più serrate della storia. Quel buonanima di Wladislaw Komar la spuntò di un centimetro su George Woods che si lamentò della misurazione del lancio che gli diede l’argento: aveva pensato di essere andato ben al di là del 21,17 che gli venne attribuito. A Montreal Al fu quarto, ma, per misura, ancor più distante dal podio di quattro anni prima. Travolto da tre giganteschi europei dell’est: Beyer, Mironov e Baryshnikov.

Giorgio Cimbrico

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