Una storia al giorno

30 Dicembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

30 dicembre. L’Urss nacque in un oggi di 91 anni fa e si dissolse in un domani datato 31 dicembre ’91: un tempo breve dentro un secolo breve, come lo chiamò un grande storico inglese di indubbie radici marxiste, Eric Hobsbawn. Ma sufficiente per lasciare segni profondi, indelebili, nella storia dello sport, dell’atletica. Il segno grafico che campeggiava su quelle vecchie tute lanose era CCCP, che stava per SSSR.

Per quasi trent’anni quel giovane, gigantesco paese non offrì tracce di sé: l’Urss di Stalin se ne stava in disparte, non prendeva parte ai grandi eventi e solo chi, in qualche modo, riusciva ad avere contatti venne a sapere degli exploit cronometrici sulle medie e sulle lunghe distanze dei fratelli Znamenski che caddero in quella che loro chiamano la Grande Guerra Patriottica, la seconda guerra mondiale. E così fece una certa impressione che al loro apparire, Yuri Lituyev andasse a catturare a Helsinki la medaglia d’argento su una delle distanze più anglosassoni, i 400hs, piegato solo nel finale da Charles Moore. Lituyev avrebbe fornito altre sorprese: I record del mondo sia sulla distanza metrica (50”4) che sulle yards, 51”3, quest’ultimo firmato allo stadio londinese di White City in un match contro i britannici, proprio in quegli anni di talpe annidate nel servizio segreto di Sua Maestà.

La presenza e l’impatto dei CCCP divennero abituali quando altri record caddero: quello del triplo, ad opera di Leonid Sherbakov, o quello del martello, spinto oltre i 63 metri da Mikhail Krivonosov agli Europei di Berna. E poi venne Vladimir Kuts: i russki non sapevano solo rimbalzare, trasformarsi in trottole e scagliare lontano uno strano attrezzo, ma anche correre a lungo, percorrere i sentieri dei finlandesi, dei britannici. Le donne mostrarono di avere anche più fretta: sin dalla fine degli anni Quaranta la bella georgiana Nina Dumbadze si era impossessata del record mondiale del disco e di lì a poco sarebbe toccato a Klavdja Tochonova impadronirsi di quello del peso, un feudo che sarebbe stato retto a lungo e che è lo è tuttora con quell’irraggiungibile limite di Natalia Lisovskaja.

Era l’inizio dell’invasione, della Guerra Fredda in pista e sulle pedane con gli Usa (quei confronti a Minsk e a Palo Alto, a Mosca o a Stanford erano attesi come un vertice sospeso tra sospetti e disgelo), della loro presenza, del magistero tecnico scandito da campioni che non è possibile dimenticare, di un inno sparito, rimpiazzato per un breve periodo da “Una vita per lo Zar” di Glinka, tornato con altre parole a scandire i successi della nuova Russia. Non più CCCP.

Giorgio Cimbrico

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