Una storia al giorno

02 Dicembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

2 dicembre. Per chiamare le cose con il loro nome, Sergei Bubka, ucraino, non è mai stato lo zar di tutte le aste, come per anni ci siamo divertiti a scrivere. Titolo e corona spettano a Maksim Tarasov, nato 43 anni fa spaccati a Jaroslavl, città fondata 1000 anni fa da Jaroslav il Saggio, capitale nel XVII secolo quando Mosca venne occupata dai cosacchi. Russo di radici antiche e solide, biondo come un campo di grano e, stando ad antichi ritratti, somigliante all’eroe nazionale Aleksandr Njevski, al pari di Sergei il Grande, anche Maksim andò in pedana sotto diverse bandiere: l’Urss, la Federazione degli Stati Indipendenti, la Russia. Nel caso di Bubka, la natia Ucraina, colorata di azzurro e giallo.

Le cifre, che hanno sempre il loro peso, dicono che alla fine del XX secolo Maksim occupava il secondo posto nella lista di tutti i tempi, grazie al 6,05 scavalcato ad Atene nel giugno del ‘99 e ancora oggi tiene duro al terzo, superato per un centimetro, al coperto, dal ricciuto australiano Steve Hooker.

Tarasov è stato campione mondiale (nel ’99) e campione europeo (nel ’98), ha conquistato il bronzo olimpico a Sydney 2000 e sul podio iridato è salito in tre altre occasioni, ma non c’è dubbio che il suo giorno dei giorni sia stato il 7 agosto del ’92 quando, non ancora 22enne, seppe cavalcare gli irati flutti in cui era finito lo strafavorito Bubka che fallì il 5,70 d’ingresso, bissò l‘errore, provò a imprimere una svolta spericolata passando, con il salto che gli era rimasto, a 5,75. Gli andò male e se ne andò, maledicendo il vento che dal mare spirava sulla collina di Montjuich e lamentandosi del comportamento dei giudici che non gli avevano concesso tempi più dilatati tra un tentativo e all’altro. Qualche maligno osservò che Bubka si trovò a dover obbedire a una disciplina non così ferrea nei meeting. Le sue prove di riparazione a fine estate lo portarono a valicare 6,12 a Padova e 6,13 a Tokyo, con incrementi del conto in banco e decremento della sua incazzatura olimpica.

Maksim ebbe il grande merito di saper approfittare dell’occasione. Andò oltre 5,80 al primo tentativo e attese gli eventi: Igor Trandenkov ce la fece alla terza e commento: “Non so se piangere per la sconfitta del mio amico e maestro Sergei o ridere per questa medaglia d’argento”. Tarasov non ebbe quest’alternanza di sentimenti e prese quel che la sorte gli aveva offerto.

Giorgio Cimbrico

SEGUICI SU: Twitter: @atleticaitalia | Facebook: www.facebook.com/fidal.it

VOTA L'ATLETA DELL'ANNO



Condividi con
Seguici su: