Una storia al giorno

27 Novembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

27 novembre. Il secondo atto della trilogia di Bobby Joe Morrow andò in scena 57 anni fa, allo Stadio Olimpico di Melbourne, e questa volta, per il texano cresciuto nella campagna infinita di San Benito, il vento non organizzò un complotto come aveva fatto per i 100 di tre giorni prima, spirando severo in faccia ai finalisti. Ne avevano risentito i tempi (10”5 quello vincente, dopo che il longilineo Bobby e il brevilineo Ira Murchison avevano fornito un quadruplo 10”3 nelle batterie e in semifinale), non il risultato: a metter le mani sulla medaglia d’oro era stato chi venne definito lo sprinter più rilassato della storia, meglio anche di Jesse Owens che vecchi fotogrammi propongono padrone di un’azione magnificamente decontratta. “Per star bene, dormo almeno 11 ore”, era la semplice ricetta di Bobby.

Sui 200, con una brezza che spirava favorevole appena al di sotto dei 2,0, Andy Stanfield andò all’assalto della curva, confidando di poter concedere il bis di Helsinki, ma, appena sbucato sul rettilineo, fu costretto ad accusare il sorpasso ad opera di Morrow che vinse con un margine più largo di quanto dica il risultato ufficiale: 20”6 (record mondiale uguagliato) a 20”7. In realtà, 20”75 a 20”97. Per gli americani arrivò tripletta, come quattro anni prima, ma Stanfield e Thane Baker dovettero far posto in alto a chi aveva dominato sia i campionati Ncaa che quelli della Aau.

Quattro giorni dopo, con la 4x100 (39”5, record del mondo, con i sovietici a tre metri), Bobby, schierato come ultimo frazionista, sarebbe entrato nella galleria dei memorabili e per chi si diletta in distinzione di colore di pelle, sarebbe transitato nel ruolo di ultimo grande sprinter bianco espresso dagli Stati Uniti. Al ritorno in patria, ebbe il suo volto da buon americano sulle copertine più importanti e fu ospite di show televisivi che laggiù avevano già di ampio seguito.  

Nato in una contea agricola e da sempre legato alla terra, si ritirò nel 1958, a 23 anni (a quei tempi di stretto dilettantismo, capitava) per dedicarsi alle attività di famiglia e a 25 tentò un ritorno per strappare un biglietto olimpico. Gi andò male e a Roma, senza di lui, gli Usa sarebbero andati incontro a una severa lezione impartita da un massiccio tedesco e da un elegante piemontese, finendo sbaragliati sulle distanze che dominavano dal 1932. San Benito gli ha dedicato lo stadio del liceo dove aveva giocato a football e mosso i primi veloci passi.

Giorgio Cimbrico

SEGUICI SU: Twitter: @atleticaitalia | Facebook: www.facebook.com/fidal.it

VOTA L'ATLETA DELL'ANNO

 



Condividi con
Seguici su: