Una storia al giorno

11 Novembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

11 novembre. Breve e non felice fu la vita di Rod Milburn che da questo mondo se n’è andato sedici anni fa. Aveva 47 anni e gli toccò una morte orribile: nella cartiera dove lavorava, cadde in una vasca piena di acqua bollente e clorato di sodio: le ustioni gli furono fatali. L’America lo riscoperse e al suo funerale venne letto un messaggio di Bill e Hillary Clinton. Prima, del campione olimpico di Monaco ’72, di uno dei più grandi ostacolisti della storia, si erano dimenticati tutti.

Sulla strada dei Giochi bavaresi il destino stava per giocargli uno scherzo simile  a quello che fece incespicare Harrison Dillard nel ‘48. Rod si salvò per il rotto della cuffia: terzo e qualificato con l’ultimo posto a disposizione. Ma sotto il tendone dell’Olympiastadion non ebbe problemi: medaglia d’oro e record mondiale portato a 13”24 (il primo elettrico della storia), lasciando Guy Drut a un decimo spaccato. L’anno dopo, Rod divenne anche il padrone “manuale” della distanza correndo in 13”1 proprio nello stesso luogo (il Letzigrund zurighese) che quattordici anni prima aveva visto il prodigio di Martin Lauer. Un primato che Milburn eguagliò poi anche in Italia, il 22 luglio al Meeting dell'Amicizia di Siena. Della distanza in yards era, invece, già sovrano con 13”0.

Sono passati solo quarant’anni da fatti che offrono un’evidenza: con l’atletica non si diventava ricchi e anche un generoso rimborso poteva portare problemi. Nel ’74, costretto da ristrettezze economiche, fu uno di quelli che si lasciò attrarre dalla promessa di buoni guadagni da parte degli impresari dell’Ita, International Track Association, una troupe professionistica che ebbe esistenza corta senza distribuire ciò che aveva garantito. Chiusa rapidamente la baracca, nel ’76, Milburn si ritrovò a 26 anni senza una prospettiva: lo status di professionista gli impediva di tornare nel suo vecchio mondo, di dar l’assalto a una corsia ai Giochi di Montreal. La Iaaf era ingessata, non disinvolta, e ottenere una nuova eleggibilità era un processo lungo e complesso. Quando tornò a essere stimato come amateur, la sorte aveva in serbo per lui un nuovo colpo basso: l’America decise di boicottare i Giochi di Mosca.

Provò ancora nelle serie minori del football, diede una mano da allenatore, come vice del suo antico mentore, alla Southern University della Louisiana, ma dopo tre anni il contratto non gli venne rinnovato. E così accettò il posto che gli sarebbe stato fatale. L’uomo che per tecnica sulle barriere aveva anticipato il tempo finì per essere in ritardo su quel che stava per avvenire. Oggi non avrebbe i dollari a decine di milioni come Usain Bolt, ma non avrebbe problemi.

Giorgio Cimbrico

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