Una storia al giorno

02 Novembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

2 novembre. Giorno dei Morti, da passare in compagnia di una folla di vecchi campioni, di eroi e centauri, di magnifiche minerve. Non resta che percorrere questo sterminato giardino di pietra e fare una scelta. Il nostro Milite non Ignoto è Jean Bouin. Primatista mondiale, argento olimpico (e che argento), giocatore di rugby, giornalista, caduto nel primo autunno di guerra: 26 anni di vita sono sufficienti per dare un posto tra gli indimenticabili all’Hercules de Marseille, diverso dai corridori odierni: Jean non arrivava all’1,70 e pesava almeno 70 chili, più un mediano di apertura che un mezzofondista.

Manovrando le agevoli leve della macchina del tempo, è consentito prendere il via al suo fianco, il 16 novembre 1911, allo stadio di Colombes per un attacco fuori stagione al record del mondo dei 10000. E in un giorno di pucciniani cieli grigi, corre in 30’58”8, primo a varcar la barriera dei 31’ dopo esser transitato a metà in un tempo stimato attorno ai 15’10”. Di passaggio corre le 6 miglia in 29'51”6, primo della sua accoppiata di record. Per la distanza metrica Bouin è un capostipite: un tempo superiore di 4” era stato ottenuto nel 1904 a Glasgow da Alfie Shrubb nel corso di una prova sul’ora, ma quel 31'02”4 non era che un rilevamento ufficioso.

Capelli ben divisi e pettinati, baffi accuratamente spuntati, un’esperienza da cronista al Petit Provencal, ad ogni celebrazione olimpica Bouin riappare nella foto che lo vede piegato di un decimo da Hannes Kohlemainen in fondo alla finale dei 5000 dei Giochi di Stoccolma 1912. Il giorno è il 10 luglio e il passaggio alle 3 miglia, quando mancano meno di 200 metri al traguardo, assicura che è il marsigliese a condurre davanti a Kolehmainen, capace di un serrate che lo porterà al traguardo in quel gesto a braccia larghe, immortalato in un’immagine che non manca in un solo libro di memorie atletiche. Anche Bouin arriva a braccia allargate, ma il suo è un gesto di stupore: “Neppure con questi ritmi sono riuscito a piegarlo”. Il 14’36”6 del campione di Suoimi e il 14’36”7 del francese, in fondo a quella che meritò l’etichetta di gara delle gare, polverizzarono ogni precedente sulla distanza. L’albo dei primati, varato in loco dalla neonata Iaaf, non poteva essere inaugurato meglio. Furono necessari dieci anni perché sulla stessa pista Paavo Nurmi approdasse a un ritocco dell’ordine di un secondo.

Bouin è ancorato a Stoccolma, a quella gara, a quella giornata da sconfitto e, per usare il titolo di uno dei migliori racconti di Hemingway, da invitto, ma non è altrettanto noto che la sua avventura olimpica era cominciata quattro anni prima, a Londra. Fuori nel turno eliminatorio dei 1500, Jean era pronto a giocare chances migliori sui 5000, ma non riuscì a schierarsi sulla linea di partenza. Si era concesso una serata di libera uscita, era finito in un pub di Soho per finire coinvolto in una rissa e conoscere per qualche ora le reali guardine. La sospensione era scattata da solo. L’episodio costituisce anche la linea di confine tra il marsigliese scapestrato e fumatore e l’atleta disciplinato che decide di voler andare lontano. Il 1911 che sfocerà nel record del mondo parigino prende il via con la prima delle sue tre vittorie consecutive nel Cross delle Nazioni, terreno di caccia dei britannici. Bouin è il primo a spezzare quel monopolio.

Dopo la sconfitta olimpica torna a Stoccolma e il 6 lugli0 1913, davanti a una formidabile coalizione di scandinavi e finlandesi, centra il record del mondo dell’ora, 19.219 metri Di quel periodo è un’altra delle poche documentazioni fotografiche rimaste: drappeggiato in una toga bianca posa in compagnia di Melchior de Polignac, aristocratico e membro del Cio. Il luogo è il parco Pommery di Reims, dove il piccolo campione viene onorato con brindisi a base di bollicine offerte dell’omonima casa di champagne.

La tempesta sta brontolando all’orizzonte: gli spari di Sarajevo, la mobilitazione, i poilus in calzoni rossi che partono cantando per il fronte a farsi massacrare dalle mitragliatrici tedesche. Nei ruolini del 163° reggimento di fanteria compare, soldato di 2° classe, il nome di Jean Bouin. L’ultimo giorno di vita è il 29 settembre 1914, poco dopo la prima battaglia della Marna, il luogo è Xivray dans le Meuse, nei pressi di St Mihiel. Qualcuno, amante dell’oleografia e della retorica, ha scritto sia caduto durante un assalto, al grido di “Vive la France”, qualcun altro, più crudamente, sostiene che, come tanti altri poveri disgraziati, sia stato vittima del fuoco amico dell’artiglieria. Viene seppellito al castello di Bouconville che di lì a qualche giorno finisce sotto la furia degli obici del Kaiser. Bouin sparisce nella terra di Fiandra, come centinaia di migliaia finiti nello spaventoso tritacarne del Fronte Occidentale.

Non è stato dimenticato: Parigi gli ha intitolato lo stadio del 16° arrondissement, Angers lo stadio comunale, Nizza la piscina e la sua Marsiglia la tribuna principale del Velodrome e una statua in onore del piccolo e magnifico Hercules.

Giorgio Cimbrico



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