Una storia al giorno

31 Ottobre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

31 ottobre. Tra gli americani che a Mexico ’68 scossero l’atletica e proposero interrogativi che finirono per straripare dalla pista e dai Giochi, uno aveva sposato l’establishment e da quella sfera non si sarebbe mai mosso. Mel Pender, nato nella notte di Halloween del ’37, ad Atlanta, era quello che Cassius Clay e Malcolm X avrebbero etichettato nero-bianco. Ventun anni sotto le armi, congedato da capitano, medaglia di bronzo per i suoi turni di servizio in Vietnam, allenatore di atletica all’accademia di West Point, ripercorrendo nella realtà il ruolo che sullo schermo toccò a Tyrone Power in “La lunga linea grigia”. Nessuna pulsione rivoluzionaria.

Le pulsioni Mel le avvertiva quando si chinava sui blocchi. Piccolo e compatto (1,65 per 68) venne notato su un campo di football e dirottato in pista. Si qualificò per Tokyo, si infortunò in semifinale ma volle correre a  tutti i costi rimediando il sesto posto, ex aequo con l’ivoriano Kone, in 10”4. Ne uscì a pezzi, finì all’ospedale e fu costretto a guardare in tv la staffetta Usa conquistare l’oro con l’imperiale e imperiosa frazione di Bob Hayes.

Le indoor erano il suo regno - migliori prestazioni mondiali nelle 50, 60 e 70 yards – e nel ’68 riuscì nell’impresa di qualificarsi ancora per i Giochi lasciandosi alle spalle ai Trials Ronnie Ray Smith, uno degli uomini dello storico triplo 9”9. I suoi fulminei tempi di reazione allo sparo gli concessero la gloria – rara ed effimera – di prendere la testa nella finale olimpica. Durò 50 metri, sino a quando fu riassorbito dalla muta guidata da Jim Hines, avviato al primo meno 10” elettrico. Mel fu ancora sesto, ma questa volta in un ben più nobile 10”17. Sei giorni dopo venne stranamente schierato in seconda (l’avvio toccò a Charles Greene) per costruire, con Smith e Hines, un record mondiale portato di schianto a 38”24.

Il suo erede sarebbe venuto dal Grande Satana che, come noto, risiedeva al di là della Cortina di Ferro: il sovietico (azero per etnia) Aleksandr Kornelyuk sarebbe stato quarto a Monaco nella giornata vittoriosa dell’altro sovietico (ucraino per etnia) Valeri Borzov e avrebbe dato una forte mano, con rapidissimo e violento avvio, alla 4x100 CCCP, seconda dietro agli americani che, con il record mondiale, si rifecero la bocca, molto amara dopo le sconfitte nelle gare individuali. Nel quartetto, Hart e Robinson, passati alla storia olimpica come i dormiglioni.

Giorgio Cimbrico



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