Una storia al giorno

14 Ottobre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

14 ottobre. Sono i giorni che riportano alla settimane delle settimane, al Sessantotto della rivoluzione, anche in pista. All’Ottobre che fu il Maggio dell’atletica. Messico e record: chi ha vissuto, da vicino o da lontano, quei giorni, non ha dimenticato. Per chi non c’era o non sa, un corso intensivo. E’ con ampia luce sul giamaicano Lennox Miller che Jim Hines piomba sul traguardo dei 100 nella prima finale tutta nera della storia: il tempo è 9”9 e solo apparentemente eguaglia la piccola raffica di prestazioni analoghe messe a segno ai campionati americani di Sacramento, il 20 giugno, quando Hines, Ronnie Ray Smith, che correva sempre con fasce elastiche alle cosce e occhiali scuri, e Charlie Greene spezzarono la dimensione immobile, ormai quasi tolemaica, dei 10”0, raggiunta da Armin Hary nel ’60, sulla pista zurighese di Letzigrund, e, in successione, da altri nove sprinter.

La realtà, non ancora ufficiale, del cronometraggio elettrico regala in 9”95 la corona a Hines, californiano di Oakland che dopo i Giochi si stabilirà in Florida dopo aver firmato un contratto con i Miami Dolphins di football. E’ ancora il tempo in cui l’atletica è una scorciatoia per guadagnar soldi andando a raccogliere un ovale che arriva dal cielo, avvitandosi nella sua corsa volante. L’ultimo a percorrerla, con scarsi guadagni e molto dolore fisico, fu l’ostacolista Renaldo Nehemiah. La medaglia venne rubata a Hines poco dopo il suo ritorno a casa, in una rapina che gli costò anche la televisione e i gioielli della moglie. Jim lanciò un appellò su un giornale di Houston e la ricevette via posta. Un ladro ricco di rispetto.

Dopo le imprese dei quattrocentisti a Londra ’48 e a Helsinki 52, torna a dare notizia di sé la Giamaica: Lennox Miller, residente negli Usa e attivo nei campionati Ncaa, ottenne un nuovo record nazionale in 10”04 e soprattutto la medaglia d’argento. Agonista di assoluta razza e con l’abitudine di corerre con la maglietta della salute sotto la canottiera, sul podio si sarebbe riproposto quattro anni dopo (bronzo) alle spalle di Valeri Borzov e Robert Taylor e all’atletica degli anni Novanta avrebbe offerto la figlia Inger, argento mondiale a Siviglia ’99 (per gli Usa) con un personale portato a 10”79.

Fu proprio questa finale a dare i segni dell’ingresso in una dimensione particolare, assicurata dalle condizioni ambientali e dal materiale elastico che gli atleti per la prima volta trovarono sotto le suole. Il 10”2 che nei quarti costò l’eliminazione al tedesco Heinz Erbstoesser era lo stesso tempo che quattro anni prima – in condizioni certamente più difficili - aveva assicurato l’argento al cubano Enrique Figuerola alle spalle del tonante Bob Hayes.

La gara venne corsa alle 18, ora locale, con un vento di coda insignificante, 0,3, e vide il solito avvio rapidissimo del piccolo Mel Pender, capitano dell’esercito e ideologicamente molto lontano dai compagni di squadra che avrebbero corso i 200. Ai 50 Hines prese la testa affiancato da Greene che, perseguitato dalla fragilità muscolare, accusò un crampo e cedette nel finale a Miller chiudendo comunque in 10”07. L’Europa era presente con Roger Bambuck, quinto in 10”16 e più tardi ministro dello sport, e l’Africa, destinata a dominare il mezzofondo e a presentare finalisti anche nei 400, ebbe una nicchia nello sprint breve grazie a Jean Louis Ravelamanatsoa del Madagascar, ottavo in 10”28.

Giorgio Cimbrico



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