Una storia al giorno

13 Settembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

13 settembre. Su e giù per Central Park: partono in 127, arrivano in 55, vince Gary Muhrcke, americano di origini tedesche in 2h31’38”. Da questo modesto avvio, quarantatre anni fa, nascono un grande appuntamento e un grosso affare: la maratona di New York che è bene scrivere come fanno loro, tutto maiuscolo, NYC Marathon.

I padri fondatori sono Vince Chiappetta e Fred Lebow, vertici del Nyrr, New York Road Runners: a Lebow, che era di radici romene, quando nell’ottobre ’94 è stato portato via da un cancro, hanno dedicato una statua ed è stata una magnifica decisione: è stato lui a ridisegnare, in tutti i sensi, coinvolgendo i cinque distretti, facendone un affare di cuore disegnato come una Grande Mela. Pensava, stendeva scenari e correva: l’ultima volta nel ’92, quando il male era già stato diagnosticato. Ma lui non era il tipo che stava ad attendere guardando un muro nudo.

Da quella corsetta attorno al parco, la NYC è cresciuta, è diventata un punto di riferimento assoluto, ha visto al traguardo del 2009 43.545 atleti e amanti della corsa e ne può contare oltre 700.000 nella sua storia. Sarebbero a palmi 800.000 se il sindaco Michael Bloomberg, alla vigilia, non avesse fermato l’edizione 2012: la tempesta Sandy era appena passata lasciando la città in ginocchio.

La regina non c’è più: Grete Waiz, nove vittorie e un’amicizia profonda con Lebow, che accompagnò nella sua ultima lenta cavalcata, ha dato l’addio due anni fa: aveva 58 anni e un milione di chilometri nelle scarpe. È stato battuto il suo record (ora è 2h22’31” di Margaret Okayo) ma nessuna potrà mai offrire una collana di perle lunga quanto quella della norvegese, una delle suffragette che permise alle donne l’abbattimento di vecchie barriere aprendo la dimensione della corsa assoluta.

Tra gli uomini tiene ancora la serie di Bill Rodgers, quattro vittorie di fila nei Settanta quando correre tra le 2h10’ e le 2h12’ assicurava il successo. Nel frattempo le cose sono cambiate: su un percorso impegnativo, ricco di svolte, con l’attraversamento di ponti e con un clima che può variare all’improvviso, il record è stato portato a 2h05’06” da Geoffrey Mutai e assomiglia a prestazioni londinesi, berlinesi, su terreni più agevoli.    

L’Italia ha vissuto i suoi momenti di gloria al centro degli anni Ottanta: Orlando as Dorando, titolò un giornale newyorkese quando Pizzolato vinse per la prima volta in un giorno umido di estate indiana dell’84. Il bis un anno dopo, il tris nell’86 con Gianni Poli. L’attesa del quarto asso durò dieci anni e toccò a Giacomo Leone pescarlo e metterlo sul tavolo. Ancora due anni e fu colore, tutto azzurro, con il successo di Franca Fiacconi. A novembre prova ad arricchire la collezione Valeria Straneo.

Giorgio Cimbrico



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