Una storia al giorno

11 Settembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

11 settembre. Hugo Pratt, veneziano purosangue, nacque per caso a Rimini: era il 1927. Giovanni Evangelisti, padovano purosangue, nacque per caso a Rimini giusto 52 anni fa e quel che di solito viene chiamato destino. Ed è solo la successione dei fatti che investono la vita, lo portò dentro a una trama stesa e sceneggiata dal suo casuale concittadino, padre di Corto Maltese.

Tutto sommato, con un giubba scura e un orecchino, il bel Giovanni avrebbe potuto interpretare la parte del generoso avventuriero. E invece diventò inconsapevole protagonista di un caso che, per l’atletica italiana e non solo, ebbe il peso e le conseguenze di un affare Dreyfus. Terremotante. E quei tre numeri, 8,38, divennero il simbolo di una macchinazione, di un complotto, di uno Watergate de noantri, organizzato e realizzato sotto gli occhi del mondo. Sino allo smascheramento permesso da una telecamera che inquadrò il giudice che, mentre veniva premiata Natalya Lisovskaya, inventava e registrava via prisma un salto mai realizzato. Quello buono per salire sul podio da cui Giovanni sarebbe disceso. Meglio ricordarne altre, di cifre. Ad esempio, l’8.43 che rappresentò il suo vertice, scalato a San Giovanni Valdarno e che solo vent’anni dopo sarebbe stato scalzato dalla tavola dei record italiani nello stordente ultimo turno dei Mondiali di Osaka: Andrew Howe 8,47 e campione per pochi minuti, prima del balzo perfetto di Irving Saladino a 8,57.

Altri numeri, altri piazzamenti nobili che non gli vennero strappati: l’8,24 di Los Angeles, quando finalmente un azzurro salì su un podio olimpico; l’8,26 di Lievin, Europei indoor ’87, quando solo uno strepitoso Robert Emmian da 8,49 ebbe la meglio. Al coperto Giovanni, allievo di Dino Ponchio, spesso funzionava meglio che all’aria aperta: oltre all’argento europeo, altri due bronzi conquistati nel vecchio continente e soprattutto tre terzi posti in rassegne mondiali. Uno, quello di Indianapolis, tra qualche polemica, amplificata dalla voce decisa del ct di allora, Enzo Rossi: un nullo/non nullo poteva dargli comodamente il secondo posto.

Auguri di giornata anche a Donato Sabia che oggi arriva al confine importante dei 50 anni e che merita, in forza delle due finali olimpiche e dell’incursione sotto gli 1’44”, un posto importante quanto quello di simpatici avi che non possono esibire decorazioni importanti ma che rimarranno nel nostro cuore. E i primi che vengono in mente sono Luigi Facelli e Arturo Maffei.

Giorgio Cimbrico



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