Una storia al giorno

05 Settembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

5 settembre. Rileggere la cronologia del record del mondo dei 1000 metri allontana la sensazione di trovarsi di fronte a una distanza minore o, con un aggettivo che sembra esprimere qusi un certo disprezzo, spuria. Otto Peltzer, Jules Ladoumegue, il meraviglioso Rudolf Harbig, Melvin Whitfield, Audun Boysen, Peter Snell, Rick Wohlhuter e Sebastian Coe andarono all’assalto del chilometro per portarne il limite,, tappa dopo tappa, nel corso di poco più di mezzo secolo, da 2’25”8 a 2’12”18.

Il tempo di Sir Seb, poi Lord Seb, venne al Bislett di Oslo (che nella sua storia può vantare una quantità di record mondiali assai superiore al celebrato Letzigrund zurighese) l’11 luglio dell’81. Quei micidiali passaggi in 1’18”3 e in 1’44”6 incutevano grande rispetto, se non paura, e la relativa presenza della distanza nei programmi dei meeting fece il resto.

I diciotto anni di durata furono raggiunti nell’estate del ’99 ma, approdato alla maggiore età, il record cadde i 5 settembre 1999, su una delle piste che al mezzofondo veloce e medio ha regalato record memorabili, e in due casi imbattuti, e una collezione di tempi con pochi eguali: Rieti.

Sandro Giovannelli aveva scorto in Noah Ngeny l’uomo adatto ad abbattere il totem: a Roma nella scia di El Guerrouj, Noah era passato alla boa dei 1500 in 3’28”6, aveva chiuso in 3’43”40, a 27 centesimi dal marocchino che all’Olimpico, dopo i 1500 del ’98, si era impadronito anche del record della distanza imperiale; due settimane dopo, a Parigi, il kenyano aveva replicato con 3’28”84 e a Siviglia era diventato vicecampione del mondo, alle spalle di un Hicham che fu lecito definire imperiale.

Creatore, deus ex machina e pianificatore di rara bravura, Giovannelli spedì David Kiptoo a tenere un ritmo forte (24”12 e 49”66) per un eccellente 800, vicino ai confini dell’infernale per il chilometro. Ngeny passò nei pressi, in 49”9, e dopo un sin troppo transito veloce ai 600 (Kiptoo 1’17”14, Ngeny 1’17”3, un secondo sotto Coe), toccò naturalmente a Noah pensare a finire il lavoro. Agi 800 il margine sul britannico era inesistente (1’44”62 contro 1’44”6) e fu proprio sull’ultimo segmento che Ngeny costruì la sua ascesa: con 27”4 costruì 2’11”98, due decimi tondi di progresso in un entusiasmo fitto e spontaneo.  L’anno dopo, a Sydney, Ngeny (che pare si pronunci Gnen) avrebbe conquistato l’oro olimpico ai danni di El Guerrouj in cattiva salute. A quel punto quel che doveva esprimere, lo aveva espresso. Bello e fuggevole.

Giorgio Cimbrico



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