Un giorno, un'impresa

10 Luglio 2013

Appuntamento quotidiano con le storie dell'atletica

10 luglio. Fatale e scontato affidarsi, per questi giorni d’estate, ai Giochi di Parigi 1924, provando però, almeno una volta, a discostarsi dalle storie più gloriose e consuete: il ritorno in questo alveo già domani, con una vicenda coinvolgente e commovente.

Ora è il momento di zoomare sulla pedana del salto con l’asta e inquadrare le rincorse e gli atterraggi su un palmo di sabbia di Lee Barnes che veniva da Salt Lake City ed era a sei giorni dal 18° compleanno: un Peter Pan volante. Sulla gara, l’ombra di un’assenza di peso assoluto: il balzano norvegese Charles Hoff, primatista mondiale con 4,21, marcò visita e si dedicò agli 800, conquistando la finale. Così le medaglie furono assegnate a quote assai più basse e Lee, che finì a pari misura (3,95) con un altro americano, Glen Graham, finì per diventare campione olimpico dopo uno spareggio due centimetri più in basso.

Come molti altri campioni Usa, anche Lee fu ingaggiato da Hollywood. Non ebbe parti da protagonista ma guadagnò il suo quarto d’ora di notorietà quando figurò da controfigura (stunt man) di Buster Keaton nel film (ancora muto) “College”, girato nel ‘27: si trattava di elevarsi con un’asta sino al secondo piano di un edificio e il comico dall’espressione impenetrabile, che si adattava a ogni acrobazia, preferì nell’occasione passare la mano a uno del mestiere. Barnes guadagnò la selezione anche per Amsterdam ma la stessa misura gli assicurò solo il quinto posto.    

E’ quasi inutile ricordare agli amanti perduti dell’atletica d’antan che in realtà il 10 luglio andrebbe consacrato a quella doppia impresa di cui si finisce spesso per parlare: il bang bang 1500-5000 di Paavo Nurmi in due ore, prima disponendo in modo irridente degli avversari (mentre il finlandese filava verso gli spogliatoi per un riposino, il britannico Henry Stallard rimase mezz’ora sulla pista, incapace di riprendere fiato), poi domando Ville Ritola, uno dei tanti che non gli stavano simpatici: non era facile finire nelle ruvidissime grazie di Paavo. Quando Hicham El Guerrouj palesò la sua intenzione di provare simile doppietta ad Atene 2004, capitò proprio a chi scrive ricordare l’impresa di Nurmi. Il gentile marocchino ignorava l’impresa del predecessore e ringraziò per la precisazione. I suoi garbati modi finirono per apparire un elemento in più per propiziare il doppio assalto.  

Giorgio Cimbrico



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