Un giorno, un'impresa

26 Giugno 2013

Appuntamento quotidiano con le storie dell'atletica

26 giugno. E’ il 1964 e in tutto il mondo esce con grande successo Hard Day’s Night, uno degli album, destinati a diventare storici, dei Beatles. Stesso anno, quattro mesi dopo, la notte di un difficile giorno sta per precipitare addosso al quartetto degli Stati Uniti nella finale olimpica della 4x100. A Tokyo, ultima Olimpiade su tennisolite, il clima è umido e piovoso e il terreno è pesante.

Gli americani non sono stati, non sono e non saranno famosi nell’arte di passarsi il bastone, ma quella sera, Paul Drayton (secondo nei 200), Gerald Ashworth e Richard Stebbins organizzano un festival di orrori di trasmissione. Morale fuggevole come una prova così veloce: al terzo cambio gli Usa sono quinti, tre metri buoni dietro la Francia di Piquemal e Delecour e la Polonia di Maniak e Foik. Ma hanno l’arma non tanto segreta. Al tempo della guerra tra inglesi e boeri era la mitragliatrice Maxim, durante la prima guerra mondiale era stata la Grande Berta: in questo caso è la Locomotiva Umana, il Proiettile di grosso calibro (vista la corporatura) che arriva dalla Florida: Bob Hayes. Che afferra il testimone e comincia a distruggere la pista distribuendo schizzi a destra e a manca: la vera macchina del fango. In trenta metri ha già assorbito polacchi e francesi, che finiranno nell’ordine, e altri tre metri vengono guadagnati in quel che rimane. Al tempo non si usava calcolare i watt espressi. devono esser stati tanti. Fa 39”0, record del mondo, e per una volta l’unione non fa la forza. Senza Bob, cronometrato in un ufficioso e strabiliante 8”9, chances a stelle e strisce pari a zero. Sei giorni prima Hayes aveva vinto i 100 in un 10”05 (arrotondato a 10”0!) che rimane, per la superficie e le condizioni in cui fu ottenuto, uno degli acuti più laceranti della storia dello sprint. Il cubano Figuerola finì a 20 centesimi, il canadese Jerome a 22.

Dopo i Giochi, Hayes divenne professionista con i Dallas Cowboys, vinse un Superbowl (trasformandosi nell’unica medaglia d’oro a fregiarsi del titolo di campione del mondo di football) e per due volte fu votato miglior receiver della Lega. Eccessi alcolici e di droga, già frequenti in quel mondo, lo condussero dietro le sbarre. Nel 2002, alla sua morte venuta per insufficienza renale, Jacksonvile gli dedicò un monumento e quando fu scoperto molti pensarono alla notte di quel difficile giorno. E a quella rimonta.

Giorgio Cimbrico



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