Un giorno, un'impresa

10 Giugno 2013

Appuntamento quotidiano con le storie dell'atletica

10 giugno. Trentadue anni fa, a Firenze, su una pista che non esiste più, Sebastian Coe corse gli 800 in 1’41”73 estirpando sei decimi a quanto aveva ottenuto due anni prima al Bislett, nella serata della demolizione del record mondiale di Alberto Juantorena. Quando venne a sapere che l’anello della sua impresa era finito in discarica, il britannico ebbe una seccata reazione: “Potevano dirmelo, ne avrei comprato qualche metro come souvenir e per mostrarlo ai miei figli”. Al calcio, in Italia, si sacrifica più che al crudele Moloch.

Quella sera, meeting Città di Firenze a cura di Giuliano Tosi (anche loro scomparsi, l’uno e l’altro), il cronometraggio funzionò in modo bizzarro attribuendo a un giovane Carl Lewis, che doveva ancora compiere 20 anni, un record mondiale a 9”91. La revisione appesantì, giustamente ,la prestazione di una ventina abbondante di centesimi.

La panne investì anche il mezzo miglio e il tempo fu ricostruito grazie a tre fotocellule montate a tre diverse altezze. In ogni caso, il crono manuale attestò la validità del record: 1’41”6, 1’41”6, 1’41”7 dissero i tre orologi. Per gli amanti della statistica e della storia di quest’arte, il record può essere inteso come un omaggio a Roberto Luigi Quercetani, il maestro che da sempre abita a un tiro di sasso dal Comunale o Artemio Franchi, e che ha superato di recente e in disinvoltura il muro dei 91 anni, trasformandosi sempre più nell’elegante e raffinato professor Chips, gentile preside dell’atletica nostra e mondiale.

Tornando a quella sera, nel primo giro Billy Koncellah, pace maker di lusso, assicurò un ritmo superiore di quasi un secondo rispetto a quello impresso sulla pista di Oslo dal giamaicano Leonard Smith: 49”6 contro 50”5. In entrambi i casi Seb era collocato sulle zampe della lepre, a un decimo. La differenza alla campana risultò fondamentale: a Firenze, nel secondo giro, Coe fu lievemente più lento, 52”0 contro 51”8. Per lui l’81 fu un anno di indimenticabili record che, con il senno di poi, possono etichettati come ultimi hurrah, almeno nella lotta contro le lancette, in un cursus honorum formidabile: dopo Firenze, sarebbe venuto il 2’12”18 sul chilometro al Bislett (con uno stordente 1’44”6 di passaggio agli 800 e destinato a tenere per 18 anni) e il 3’47”33 sul miglio all’Heysel.  Come record su suolo italiano, il tempo ha resistito quasi 30 anni, sino all’1’41”01 reatino di David Rudisha del 29 agosto 2010.

Battezzato, come la sorella Miranda, con il nome dei protagonisti della Tempesta shakespeariana, Sebastian, Sir Coe, poi Lord Coe, avrebbe unito collezione di medaglie e di record al capolavoro dei Giochi londinesi dell’anno scorso, registrato in cabina di regia. La gratitudine nei suoi confronti va avanti da trent’anni abbondanti, con alti picchi recenti, registrati soprattutto nello stadio di Stratford.  

Giorgio Cimbrico



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