Un giorno, un'impresa

05 Maggio 2013

Appuntamento quotidiano con le storie dell'atletica

5 maggio. In un giorno che ha meritato una poesia che alzi la mano chi non conosce (e che in tema di storia patria corrisponde alla partenza dei Mille), nel 1975 nasce nell’Asmara un tempo italiana Mebrahton Keflezighi, fuggito con la famiglia negli anni della disperata guerra tra poveri (Eritrea contro Etiopia), monzese per un breve periodo (peccato…) prima che, con un altro lungo salto, una nuova vita venisse cercata e creata a San Diego.

Meb ha vinto titoli Ncaa, ha ottenuto in pista tempi di spessore (13’11”77 e soprattutto 27’13”98, record Usa sino al 2010) e ha avuto il suo primo spicchio largo di notorietà ai Giochi di Atene, la sera del trionfo di Stefano Baldini che invita, ancora e sempre - a commozione profonda. Quella medaglia d’argento, davanti a Vanderlei da Lima, placcato dal pazzo irlandese Cornelius Horan, significò il ritorno di un maratoneta americano sul podio: non capitava dal ’76 quando Frank Shorter, già vincitore nel ’72, fu secondo a Montreal alle spalle di Waldemar Cierpinski. Curioso che né l’uno né l’altro dei medagliati sia nato su territorio statunitense: Asmara per Meb, Monaco di Baviera per Frank, la stessa città dove visse il suo trionfo.

Keflezighi ha saputo far fruttare al massimo le sue capacità tattiche: mai in carriera sotto le 2h09’08”, ha vinto la maratona di New York nel 2009 (un americano non riusciva nell’impresa dall’82 quando a Central Park si impose Alberto Salazar che, tanto per confermare una tendenza, è nato all’Avana…) e l’anno scorso, a 37 anni, è stato ancora capace di sfiorare il podio olimpico finendo quarto nel giorno finale dei Giochi londinesi. In rapporto al record personale, uno dei più grandi della storia.

Giorgio Cimbrico



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