Taylor e Wlodarczyk quasi record

27 Agosto 2015

Ai Mondiali di Pechino, il triplista statunitense (18,21) e la martellista polacca (80,85) sfiorano i primati del mondo

di Giorgio Cimbrico

Dicono che quando Christian Taylor è atterrato là in fondo, Jonathan Edwards abbia abbandonato la solita espressione divertita, molto lieve, per sbiancare in volto: sarebbe toccato a lui, dalla postazione della Bbc, annunciare ai popoli di lingua inglese che il record del mondo, il suo record del mondo, era caduto dopo 20 anni e 20 giorni. Per otto centimetri Jonathan è rimasto sul ponte di comando: deve aver pensato che se quel giorno, all’Ullevi di Goteborg, si fosse accontentato della prima puntata oltre la barriera, 18,16, in questo momento non sarebbe più il Gran Maestro dell’hop step jump, l’unico arrivato a 60 piedi.

Anche Anita Wlodarczyk, che è banale ma anche affettuoso chiamare Anitona, ha portato una seria minaccia, ma la gran bordata a 80,85 è stata salutata da un sorriso, forse da una punta di rammarico per il ricco bonus che non finirà sul suo conto corrente: nel suo caso, il record è una faccenda personale e molto fresca. E’ toccata a questa ragazza dai capelli color della stoppa, originaria di Rawicz, voivodato della Grande Polonia, varcare per prima le soglie degli 80: è capitato meno di quattro settimane fa a Cetniewo quando il martello è andato a svellere zolle a 81,08 per dare la primogenitura a chi più l’ha meritata. Un anno fa, al Letzigrund, sbrigata la pratica del secondo titolo europeo, Anitona andò a fare a pezzi un angolo del podio, per un fuori settore, a occhio, da 81 metri. Che sono venuti, dopo un ritocco al suo precedente primato ottenuto però in singolari condizioni: una gara lungo le sponde dell’Oder con lo scopo di far sorvolare all’attrezzo la larghezza del fiume.

Taylor è l’erede di Edwards anche in senso tecnico: veloce e radente, lontano dalle abilità rimbalzistiche di Pedro Pablo Pichardo, cubano e così storicamente adepto di quello stile di matrice sovietica. PPP non è apparso così fresco e reattivo come nella primavera delle sue meraviglie, ma finire secondo con 17,73 non è un dramma. Alla terza escursione oltre i 18 metri (18,04 a Doha dietro Pichardo, 18,06 a Losanna), Christian ha una bella collezione di dati che debbono esser riportati: genitori di Barbados, venuto al mondo a Fayetteville, Georgia, studente alla Florida University (e così Gator, alligatore), non si è mai tirato indietro quando c’era da dare una mano nelle gare di primavera, clou della season americana.

Così si spiega la panoplia di record personali: 20”70, 8,19 e soprattutto 45”17 sul quarto di miglio, più che sufficiente per dargli la selezione della squadra Usa per il festival delle staffette di Nassau.

Campione mondiale a Daegu sfiorando la barriera, campione olimpico a Londra, è stimato da tutti come un giovanotto educato, gentile e desideroso di nuove avventure ed esperienze: così, dopo aver cambiato piede di stacco, è andato a stabilirsi in Inghilterra, a Loughborough (“rispetto alla Florida il clima non è granché ma ho trovato un sistemazione così comoda che posso andare ad allenami in skateboard”) e ora, sempre sulle tracce del suo allenatore Rana Reider, si è spostato in Olanda. La raffica di rimbalzi di Christian e il magnifico giro di pista di un’altra atleta di estrema eleganza, Allyson Felix, si sono trasformati in doppia e profonda boccata d’ossigeno per una squadra americana non lontana dall’asfissia per controperfomance a catena.

I polacchi non hanno mai amato la falce e il martello combinati assieme, ma il secondo attrezzo, trasformato in una palla attaccata a un filo, ha una parte importante nella collezione di medaglie di un paese che all’atletica ha dato e continua a dare moltissimo in ogni parte del Continente Atletica soprattutto per merito di una classe di tecnici di prim’ordine.

La prima accoppiata venne nel 2000 ai Giochi di Sydney, con la povera Kamila Skolimowska, medaglia d’oro a 17 anni e 331 giorni e scomparsa improvvisamente quando ne aveva poco più di 26, e con Szymon Ziolkowski, originario della Slesia, che di anni ne aveva 24 e, pelato come una boccia, ne dimostrava venti di più.

Ora una sonata - una polacca appunto… - tempestata di variazioni, di velocissime e musicali rotazioni, prima con l’occhialuto Pawel Fajdek, che i new media hanno spedito alla ribalta per via delle libagioni e della medaglia smarrita, e con Anitona, un piede rotto festeggiando il suo primo titolo a Berlino 2009, che avrebbe vinto con quattro dei sei lanci e che ha firmato un record dei campionati che solo lei, tra due anni a Londra, può spostare più in là.

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