Talotti: 2,30 deve diventare un'abitudine



E’ bello quando un risultato importante arriva e non sorprende, significa che c’è nell’aria la consapevolezza del valore dell’atleta, e che quella misura a lungo inseguita è solo il traguardo (parziale e provvisorio, per carità…) di un lungo inseguimento effettuato tutti insieme, protagonisti e tifosi. Per Alessandro Talotti è stato così: il 2,30 ottenuto a Formia era atteso giorno per giorno, quasi già scritto prima di gareggiare: “Beh, effettivamente prima del meeting mi avevano chiesto se sentivo la misura ed io avevo detto di essere sicuro al 100% che l’avrei ottenuta. Ma sono cose che si dicono più per sfatare la scaramanzia che altro. Certo è che mi sentivo bene, ma per fare 2,30 non bastano le gambe, serve il clima giusto: niente pioggia, niente vento, un po’ di caldo, a livelli giusti. Poi la pedana, e quella di Formia la conosco bene, mi ci alleno spesso ed è ideale”. - La settimana prima, alla fase regionale dei Societari, avevi fatto 2,22 e tentato 2,28, fallendo di poco… - Infatti avevo chiuso la gara insoddisfatto, e per tutta la settimana avevo desiderato di gareggiare per rifarmi. Io comunque mi aspettavo una misura tra i 2,25 e i 2,28, i 2,30 sono stati un po’ una sorpresa, piacevole di sicuro… - Valicare 2,30 rimane sempre un traguardo importante, anche se è lontano nel tempo il momento dell’abbattimento di questo muro. Perché? - Credo che sia un muro psicologico. 2,29 non è la stessa cosa di 2,30, è come se si superasse un limite interno, come avviene per le donne con i 2 metri. Alla fine saranno sempre tanti quelli che valicheranno i 2,30, soprattutto nell’anno olimpico, mentre i 2,40 rimangono terreno per pochissimi eletti. - E’ meglio essere costante sui 2,30 o ottenere la grande misura in una giornata di grazia? - Bella domanda, ce la poniamo spesso fra noi del gruppo azzurro. Io credo che conti la costanza di rendimento: la grande misura non arriva se non c’è una buona media di risultati, una sicurezza su valori medio-alti. Essere abbastanza continui sui 2,30 dà buone chances a livello internazionale, permette di essere invitato ai meeting più importanti, e di essere considerato un atleta in grado di dire la sua, poi la grande misura verrà da sé. - Questo 2,30 è comunque una semplice tappa… - Sicuramente, la stagione è appena iniziata e so di dovermi confermare negli appuntamenti che contano. Per questo spero di essere continuo su queste misure, per poter arrivare nella maniera migliore al principale obiettivo della stagione che sono i Giochi Olimpici. - Quanto conta la concorrenza che c’è nel gruppo azzurro per arrivare a questi livelli? - Tantissimo. Io credo che il gruppo del salto in alto sia in questo momento il più effervescente dell’atletica nazionale, un vero orgoglio per l’Italia. Oltretutto siamo un gruppo unito ed affiatato, io, i fratelli Ciotti, Bernasconi, lo stesso Bettinelli. E dietro di noi scalpitano giovani talenti come Lemmi, Campioli, Spinesi. Il tecnico Zamperin spesso ci fa allenare insieme proprio per creare quello spirito di gruppo che si sta rivelando un forte incentivo. Faccio un esempio: a Formia non c’erano ingaggi di sorta, eppure Bernasconi si è fatto sette ore di treno per gareggiare, pagando di tasca propria, solo per stare con noi ed affrontarci in pedana. Vivere quest’attività insieme, dagli allenamenti alle gare, ci sta aiutando molto. Gabriele Gentili


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