Taiwan: una spallata nella storia

26 Agosto 2017

Nei giorni delle Universiadi di Taipei, con l’impresa del giavellottista Cheng (91,36), ripercorriamo fatti e personaggi dell'atletica nell’arcipelago nel Mar Cinese

di Giorgio Cimbrico

Repubblica di Cina, Cina nazionalista, Cina del generalissimo Chang Kai-Shek. Formosa, Taiwan, Taipei: tanti nomi per l’isola – ma sarebbe meglio dire arcipelago – che ogni tanto compare, con un certo clamore, nell’atletica. Ora è il momento di Cheng Chao-Tsun, nuovo recordman asiatico di giavellotto con il 91,36 alle Universiadi che spazza via di due metri abbondanti l’89,15 del cinese “popolare” Zhao Qinggang, e così accolto con ancor maggiore clamore e gioia.

Una parentesi: secondo, con 91,07, il tedesco Andreas Hofmann (terza “lancia” di Deutschland, alle spalle di Johannes Vetter e di Thomas Rohler) è stato costretto a diventare il secondo della storia a non vincere una gara andando al di là dei 91 metri, preceduto dal finlandese Aki Parviainen che nel 2001, ai Mondiali di Edmonton, fu costretto a cedere a Jan Zelezny, unanimemente considerato l’uomo dal braccio d’oro.

Ritorno sui mari di una Cina non nuova a esprimere exploit. Il capostipite può esser considerato Yang Chuan-Kwang, studente alla Ucla, fortissimo dell’asta - agli albori dell’introduzione dell’asta flessibile saltò 4,84 -, e capace di un record del mondo nel decathlon che le vecchie tabelle, quelle in uso sino al 1985, fissarono a 9121. A Walnut, in quel maggio del 1963, Yang diede il meglio nella seconda giornata: oltre alla formidabile misura nell’asta, quasi 72 metri di giavellotto.

Tre anni prima era stato protagonista dell’avvincente duello romano con Rafer Johnson (con cui condivideva l’allenatore, Ducky Drake) e che l’americano chiuse con un margine tra i 60 e gli 80 punti, a seconda delle tabelle considerate. Decisivo risultò il disco: Rafer sfiorò i 50 metri, Yang rimase sotto i 40. I 20 centimetri guadagnati nell’asta dal taiwanese (appartenente al gruppo etnico dei Takasago, già sull’isola prima della penetrazione cinese) furono il prologo a sostanziali pareggi nel giavellotto e nei 1500 e diedero il titolo all’americano.

Una foto li immortala mentre l’uno sostiene l’altro in fondo all’interminabile fatica lungo la quale furono costretti ad attraversare anche un fortunale che investì lo Stadio Olimpico.

Nello stesso periodo, alla Polytechnic University di Pomona, California, stava crescendo il talento di Chi Cheng che ebbe in seguito anche una lunga carriera sia nella politica sportiva sia nella politica tout-court. Chi Cheng chiude la cronologia delle 100 yards con il 10.0 che corse nel 1970 a Portland. Se è attendibile il 10.10 automatico che venne fornito, è stata anche l’unica donna capace di scendere sotto i 10 secondi. In effetti, uno dei cronometri indicava proprio quel tempo, 9.9. Un mese dopo, a Vienna, eguagliò in 11.0 il mondiale di Wyomia Tyus: l’11.22 elettrico non lascia dubbi sulla validità dell’impresa. Quella stagione, che coincideva con la maturità dei suoi 26 anni, risultò la più proficua: tra il 13 giugno e il 12 luglio, sull’asse Portland, Los Angeles e Monaco di Baviera, rafficò 22.7, 22.6 e 22.4, tutti passati a libro come record mondiali, i primi due centrati sulle 220 yards. Al record ottenuto in Baviera ne affiancò un altro, venuto circa un’ora dopo: 12.8 nei “giovani” 100hs, uguagliando il limite della bella polacca Teresa Sukniewicz.

Chi prese parte, giovanissima, ai Giochi di Roma 1960, andò anche a Tokyo ma fu a Città del Messico che raccolse il meglio: settima nei 100 e soprattutto medaglia di bronzo negli 80hs, giunti al loro ultimo atto, alle spalle delle australiane Maureen Caird e Pam Kilborn.

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