Rosa: "Con 18,41 sogno la finale dei Mondiali"



E’ un Andrew Howe ben diverso, quello che si aggira all’interno del Palaindoor di Ancona rispetto a quello che vi aveva fatto ingresso solamente qualche ora prima, accigliato e silenzioso. Il suo sorriso è la miglior dimostrazione dell’impresa compiuta, 8,10 che gli vale il viaggio per Mosca, oltre che il record italiano Promesse eguagliato di un “nume” della specialità come Giovanni Evangelisti: “Durante lo stage a Los Angeles abbiamo verificato che era arrivato il tempo di allungare la rincorsa, ma l’ho potuta provare con due passi in più solamente in Italia, quindi appena tre giorni fa. Per questo la misura ottenuta un po’ mi stupisce. E’ chiaro che il lavoro da fare è ancora tanto, ho provato a tirare dopo l’8,10 ma non sono mai riuscito a trovare l’asse di battuta, questo però mi rincuora perché significa che il margine di progresso c’è. Ora vorrei evitare gare prima di Mosca, ma se mi convocano per la Coppa Europa risponderò “obbedisco” ben volentieri, sia per sdebitarmi verso la Federazione che mi ha permesso di fare questa importante esperienza in America, sia per avere un primo confronto con atleti stranieri di spessore”. Il minimo per i Mondiali Chiara Rosa lo aveva ottenuto da tempo, ma certamente il 18,41 con cui ha messo in archivio questo suo ennesimo titolo nazionale (considerando le varie categorie) è un segnale importante, anche se la pesista veneta preferisce sottolineare un altro aspetto: “Più che la misura, mi soddisfa il fatto che ormai sono costante sopra i 18 metri. Se si pensa che lo scorso anno con 17,80 si andava in finale ai Mondiali, significa avere fatto un salto di qualità. Poi la gara internazionale può andare in mille modi, sono tanti i fattori che influiscono, non ultimo quello emotivo. Il fatto di avere la nona misura mondiale significa poco, molte pesiste di valore ancora non si sono espresse. Dalla mia ho la consapevolezza di avere ampi margini di miglioramento, soprattutto se riuscirò a crescere tecnicamente nell’ultima parte del lancio, ancora troppo basata sulla forza pura e non sul rispetto dei tempi”. Antonietta Di Martino ci aveva creduto: il terzo tentativo a 1,94 è stato fallito davvero di poco: “Su questa pedana sembrava quasi che bastasse dare un leggero colpo di caviglia per essere proiettate in alto. La gara mi ha dato la soddisfazione del titolo italiano al quale tenevo particolarmente, per avere qualcosa di tangibile dopo il mio ritorno. Tecnicamente però la gara ha confermato che devo ancora lavorare molto su alcuni aspetti del salto, per questo ora mi aspetta un duro periodo di lavoro”. Se la Di Martino la rivedremo ai Mondiali, la Rigaudo chiude invece come suo solito la sua estemporanea stagione indoor: “I miei obiettivi sono ben altri, ma questo test mi ha confermato che sto lavorando bene. D’altronde anche lo scorso anno avevo vinto con un tempo di 12:09, essermi ripetuta è un buon segno. Avevo bisogno di un lavoro veloce, ora torno a lavorare per la stagione all’aperto: penso di gareggiare nella seconda prova dei Societari e poi di andare in quota a oltre 3.000 metri in Ecuador, ospiti di Jefferson Perez, per poi esordire nel Grand Prix”. La Rigaudo ha portato ad Ancona anche notizie sul bronzo iridato Schwazer: “Si sta allenando tantissimo, accumula chilometri su chilometri. La condizione è buona, se tanto lavoro si tradurrà in un’adeguata forma fisica e tecnica ne vedremo delle belle”. In pista un particolare rilievo lo ha ottenuto la vittoria di Daniela Reina nei 400. Vincere il titolo italiano nella propria regione non è cosa da poco, ma è soprattutto il tempo che l’ha soddisfatta: “La pista di Ancona non è particolarmente veloce, su un altro anello penso che sarei scesa tranquillamente sotto i 54 secondi. Ci tenevo a vincere, è il mio primo titolo, ma soprattutto interpreto questa prova come un buon test in vista della stagione all’aperto dove punto al minimo per gli Europei. 52.90 è nelle mie possibilità, ma devo progredire di un altro mezzo secondo. Avere fatto il personale al coperto, su una pista come questa, significa che sono sulla buona strada”. Il suo collega Gianni Carabelli, primo nella prova maschile, invece non si gloria più di tanto di questa vittoria: “Ho vinto il titolo perché non avevo avversari di alto livello, se un non specialista come me vince significa che la gara dei 400 indoor soffre e non poco. Io le gare al coperto non le ho preparate specificamente, questo test mi serviva solamente per verificare la condizione nella velocità pura e sono abbastanza soddisfatto, ma non eccessivamente, al mattino ero andato meglio”. Finita la premiazione, è subito ripartito, la preparazione per la stagione all’aperto non ammette altre deroghe. g.g. Nella foto piccola: il lancio di Chiara Rosa a 18,41. Nella foto grande: l’arrivo di Carabelli (foto Petrucci/Fidal)

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