Quel che mancava a Bolt

03 Agosto 2014

Il lampo giamaicano ha vinto a Glasgow l'unica medaglia che mancava alla sua collezione: l'oro ai Giochi del Commonwealth

di Giorgio Cimbrico

“Significa un sacco di cose: era la medaglia d’oro che mancava alla collezione”, spruzzava gioia Usain Bolt in fondo all’ultima frazione di staffetta, iniziata più o meno alla pari con Danny Talbt, finita con sette metri di vantaggio sull’inglese. Giamaica 37”58, record dei Giochi del Commonwealth, l’Olimpiade dei popoli di lingua inglese che riguarda un paio di miliardi di abitanti di questo mondo, e pazienza se per i media italiani tutto questo non esiste: giusto qualche riga sull’esordio stagionale del Lampo e può bastare.

Usain, nato in agosto (il 21), ha sempre festeggiato il compleanno con vittorie esplosive (sei ai Giochi, otto ai Mondiali) e record spostati nel tempo senza fine, ma il re non aveva mai messo le mani su una corona “imperiale”. “Tra infortuni e problemi vari, ne ho saltate un paio di edizioni”. L’ultima a Delhi, disertata da molte stelle e disseminata di ogni sorta di inconvenienti: l’arruolamento di babbuini nel corpo di polizia per combattere ratti e e serpenti si trasformò in un episodio tratto pari pari dalle pagine di chi in India era nato: Rudyard Kipling. Inutile sottolineare che per un giamaicano è un titolo importante: l’isola ha ospitato i Giochi del ’66 e figura all’11° posto nel medagliere storico, profondo 84 anni.

“Clima freddo e accoglienza calda”, ha sintetizzato un allegro Bolt chiudendo, se mai c’era stato, l’incidente diplomatico scatenato da una sua presunta frase su Glasgow e aprendo a nuovi orizzonti: “Ho sempre detto che andrò avanti sino a Rio 2016 e poi mi ritirerò. Ma da un po’ di tempo gira la voce che potrei arrivare sino ai Mondiali di Londra, nel 2017. Mi sembra una buona idea e credo possa essere il mio obiettivo”.

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