Mondiali: una doppietta che vale oro

21 Agosto 2015

Storia dei big che nella storia dell'atletica hanno centrato l'accoppiata vincente 5000+10000 metri nelle grandi rassegne globali

di Giorgio Cimbrico

Ai vecchi tempi arrivavano seri, compunti, stanchi: non avevano il tempo o la voglia di show, di inchini, di disegnare con le braccia un cuore abbarbicato sulla testa. Chi giungeva in fondo alla doppietta lunga 5000-10000, aveva esaurito le forze, al massimo riusciva a sorridere commosso: Zatopek che protende labbra secche per baciare la moglie Dana o uno svuotato Kuts abbracciato a Pirie sono buoni esempi per chi decide di visitare vecchie gallerie di immagini toccanti.

Una prima svolta arrivò con Lasse Viren, che a quel tempo chiamarono il poliziotto di Myrskyla. Freddo, con occhi d’acciaio, distaccato, sicuro anche quando conobbe la durezza e il calore della pista di Monaco di Baviera capitombolando a terra a mezza via dei 10000. Solo un moto di sorpresa, prima di rialzarsi e andare a piazzare, sotto al falò del ritmo acceso da Dave Bedford, altre fascine: dopo sette anni il record di Ron Clarke di poco ma stava per cadere. La seconda volta, dopo Ritola, che capitava nella gara che assegna l’oro olimpico.

Viren era glaciale: quando durante gli Europei del ’94 la Finlandia gli dedicò una statua in tutto simile, per stile e significato, a quella eretta in onore di Paavo Nurmi, distante solo un tiro di sasso all’inizio della dolce salita che porta allo stadio olimpico, ai commossi e ingenui cronisti accorsi alla cerimonia, non esitò a confessare che le quattro medaglie olimpiche erano finite all’asta per finanziare certe sue volontà imprenditoriali. Più d’uno rimase malissimo, più d’uno azzardò che avrebbe preferito finire nella dimensione della mendicità piuttosto che separarsi da quei quattro trofei.

Il più duro, il più contrastato fu il quarto e ultimo: sul rettilineo dei 5000 di Montreal era schierato il meglio di un mezzofondo bianco che stava vivendo il suo crepuscolo degli dei. In meno di un secondo e mezzo, Viren, Dick Quax, Klaus Peter Hildenbrand, Rod Dixon, Brendan Foster. Il finlandese aveva potuto pescare il quarto asso con la compiacenza della commissione tecnica che aveva preso per buona la scusa della vescica dopo quella corsa a piedi nudi e scarpe in mano, con marchio ben visibile, che aveva seguito la vittoria nei 10000. Con Nurmi, nel’32, erano stati assai meno accomodanti.

La doppietta lunga è una vecchia storia che comincia nel 1912 con Hannes Kolehmainen, un altro che sapeva fare gli affari suoi nel circuito indoor americano, che va avanti con Emil Zatopek nel ’52 (unico a far tris con la maratona, con il forte sospetto che nessuno saprà uguagliare la vecchia locomotiva di Moravia), con Vladimir Kuts nel ’56, con il taciturno Miruts Yifter nel 1980, con Kenenisa Bekele nel 2008. In mezzo, Viren, con la doppia doppietta, con i sospetti che hanno sbattuto le ali attorno a quelle imprese (“mai fatto nulla di illecito: programmavo il picco per i Giochi”), con il tentativo – fallito – di affiancarsi a Emil.

La doppia doppietta olimpica è cosa sua, solo sua. Mohamed Farah, per tutti Mo, londinese di Somalia, ne ha una collezione più varia: a Barcellona 2010, a Londra 2012 (al secondo trionfo le strutture dello stadio di Stratford tremarono), a Mosca 2013,  a Zurigo 2014. Nei maggiori eventi – traduzione dall’inglese… –, dieci successi, comprendendo nel totale i 5000 di Daegu (dove cedette la doppia distanza all’etiope Ibrahim Jeilan per 26 centesimi, dopo furibondo ultimo giro entrambi sotto i 27’15”) e gli euro 5000 del 2012, la sola gara che lo vide al via a Helsinki.

Ai Mondiali Farah, che a Pechino arriva turbato dalla “querelle” che ha investito il suo allenatore Alberto Salazar, ha già uguagliato Kenenisa Bekele che si impadronì delle due distanze a Berlino 2009. Si presenta con 13’11”77, vittoria a Losanna, e con 26’50”97, vittoria a Eugene. Quando suona la campana, è sempre lui l’implacabile? Di sicuro c’è che sulla strada della doppia doppietta iridata sarà sui 5000 a trovare glii ostacoli più duri: Yomif Kejelcha, 18 anni appena compiuti, e Hagos Gebrhiwet, 21, sono etiopi esattamente come il giustiziere Jeilan. Per la doppia doppietta olimpica, avrà tempo sino a Rio.

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