MAURO FOGU: UNA CORSA PER LA VITA



Negli U.S.A. una nuova sperimentazione potrebbe guarirlo.

Campione di podismo, non siamo qui a raccontare la sua storia sportiva; sarebbe per lo meno fuori luogo e senza motivo. Mauro Fogu, 39 anni, non cerca un nuovo ingaggio, cerca di continuare a vivere. Nello sport ha vinto tutto, tanti suoi record sono imbattuti, é stato il primo a salire sul Mombarone sotto le due ore, é stato azzurro di corsa in montagna, e sono soltanto alcune gocce di un mare di successi. Ma in un caleidoscopio di dati, di tempi, di storie eccelse di valore agonistico, é comparso un gorgo nero che lo insidia e le cui spire assumono contorni sinistri, fino a comporre un ghigno di sfida che vuole prevalere. Mauro non cede, é un campione che ama la lotta; sfide ne ha vinte davvero tante e nemmeno questa gli fa paura. E’ una gara difficile: é più facile sconfiggere un contendente forte e leale che non un vile nemico che si nasconde nei meandri dell’invisibile e colpisce a botta sicura, maligno, che si crede inafferrabile. Mauro é forte, ed ha accettato la sfida, con serenità, con coscienza, ma da solo potrebbe anche non farcela.

Vediamo, attraverso questa lettera, redatta con l’assistenza specialistica di un addetto ai lavori, di conoscere la sua ‘via crucis’, iniziata nel già lontano dicembre 1999. Il testo integrale é stato consegnato all’Assessore Regionale alla Sanità e ad altre Autorità Politiche ed ora, tramite il nostro giornale, Mauro lo rende pubblico.

Stralcio del testo lettera redatta da Mauro Fogu "Sono un paziente affetto da una rara forma di tumore gastro-intestinale che si chiama sarcoma gastrointestinale indicata dalla sigla GIST. La mia storia clinica è la seguente:

Dicembre 1999: resezione di ansa digiunale per voluminoso GIST (esame istologico: tumore stromale del tratto gastrointestinale ad alto rischio diametro riportato = cm.15. Praticato successivo trattamento precauzionale con Epirubicina ed Ifosfamide, terapia sospesa per il sospetto, non confermato, di secondarismo polmonare.
Febbraio 2001: evidenziata ripresa di malattia a livello peritoneale, epatico e linfonodale, per cui viene ripresa chemioterapia con Epirubicina e Ifosfamide (cicli).
Dal 26/05 all’01/06/2001: ricovero per rivalutazione presso l’Ospedale San Carlo Borromeo di Milano (Oncologia Medica prof. Luporini). Documentato incremento diffusione neoplastica endoperitoneale con esteso interessamento della metà inferiore dell’addome. Lesione secondaria del lobo epatico sin. 2 cm. più necrotica rispetto al controllo precedente e lievemente ingrandita; peggiorate le adenopatie al tripode celiaco.
12/06/01: consulenza presso il centro di Candiolo per valutazione dell’arruolabilità a protocollo sperimentale con inibitore della Tirosina Kinasi imtinib (STI-571). Eseguiti necessari accertamenti: non lesioni polmonari e pleuriche.La cavità peritoneale e pressoché completamente occupata da tessuto solido ipodenso e disomogeneo di natura eteroplastica. Formazione ipodensa rotondeggiante delle dimensioni di 2.5 cm., riferibile verosimilmente a localizzazione eteroplastica secondaria.
Nel giugno 2001 ho iniziato terapia con imatinib al dosaggio di 400 mg.al dì con un rapido ed impressionante miglioramento delle condizioni generali. Tale miglioramento si è mantenuto sino all’agosto 2002 quando la TC addome ha documentato progressione peritoneale. Per questa ragione sono stati eseguiti approfondimenti che hanno confermato tale incremento dimensionale della lesione peritoneale.
Ho proseguito il trattamento aumentando il dosaggio a 800 mg. di imatinib e sono rimasto sostanzialmente stabile sino al luglio 2003 quando si è assistito alla comparsa di dolore addominale: evidenziata una nuova plurima progressione addominale della malattia neoplastica.

Non vi sono altre terapie note efficaci in questo tipo di neoplasma maligna la quale risulta essere chemioresistente e radioresistente . I pazienti che progrediscono in corso di terapia con imatinib hanno un decorso variabile come durata della sopravvivenza, ma inesorabilmente fatale (si tenga presente che il primo paziente italiano trattato con imatinib è del maggio 2001 ed il primo paziente trattato nel mondo è del febbraio 2000 e quindi l’esperienza è meno consolidata rispetto a quanto può essere affermato per altre neoplasie).

Durante l’ultimo meeting dell’ASCO (la più importante società scientifica a livello mondiale di oncologia) tenutasi a Chicago nel giugno ultimo scorso , sono stati presentati i dati preliminari di uno studio con un nuovo inibitore . La casistica trattata nello studio presentato era costituita da pazienti andati in progressione durante trattamento con imatinib (e cioè quanto accaduto a me). I risultati presentati hanno documentato una risposta obiettiva nel 61% de casi con una tossicità del tutto accettabile.

Il farmaco (prodotto da PFIZER Oncology U.S.A.) non è, a mia conoscenza, ancora in sperimentazione né nel nostro paese né in altri paesi europei. E’ invece in corso uno studio sperimentale presso il Dana Farber Cancer Center di Boston U.S.A. che sta arruolando pazienti con le caratteristiche della malattia da cui sono affetto. La ringrazio per la sua attenzione. firmato: Mauro Fogu"

Chiediamo a Mauro Fogu quanto ritiene di dirci, alla luce di diagnosi nefaste e di spiragli di speranza con le sperimentazioni americane citate nell’ultimo comma della lettera: “Ormai da anni ho adottato gli ospedali come seconda casa; Aosta, Milano, Candiolo, accettazioni, terapie, dimissioni, ritorni ....., una lunga storia. E’ stata l’équipe medica di Candiolo, fra cui il dott.Grignani e la dott.ssa Aliberti a indicarmi gli esperimenti in corso negli U.S.A. dove vengono sottoposti a nuovissime terapie pazienti colpiti da quel rarissimo male che é il mio (per inciso al Dana Farber Cancer Center é stato curato l’asso del ciclismo Lance Armstrong, n.d.r.). Al momento attuale sono stato rimesso in sesto dal Centro di Candiolo, ma se voglio sperimentare la nuova cura debbo far presto, prima che una qualsiasi infezione che dovesse sopravvenire, ancora mi debilitasse. Aspettare che il farmaco arrivi in Italia o almeno in Europa é troppo rischioso e i tempi potrebbero essere per il mio caso troppo lunghi. Non mi resta che volare a Boston al più presto, ma non é così facile.”

Ci ha detto Mauro che le spese d’ospedale (il farmaco é gratuito in quanto sperimentale) si aggirano sui 120.000 euro, oltre al viaggio ed al soggiorno per almeno due mesi e mezzo. Una cifra assolutamente lontana dalle possibilità della famiglia Fogu; come fare allora? Armati di speranza padre e figlio sono andati a bussare le porte del ‘Palazzo’, suscitando l’interesse più profondo da parte dell’Assessore alla Sanità, che ha loro promesso il massimo interessamento al caso. Lo stesso ha formulato promessa di aiuto (pare che la Giunta fosse favorevole), fatta salva peraltro la necessaria approvazione della U.S.L. valdostana. E qui inizia la parte nera, che fa crollare il castello che gli interessati credevano stesse prendendo forma. “Si é esattamente così – prosegue Mauro – e l’Assessore si é dimostrato molto sensibile. Senonché con raccomandata dallo scarno testo, l’Ente sanitario regionale mi ha fatto presente l’impossibilità di fruire di prestazioni assistenziali in forma indiretta presso il Centro di Boston in quanto ‘Trattasi di terapia sperimentale non autorizzabile ai sensi del D.M. 3 novembre 1989. Il farmaco sperimentato negli U.S.A. infatti non risulta essere ancora in fase di sperimentazione nel nostro paese e neppure in altro stato europeo. Spiacenti per quanto sopra comunicato, cogliamo l’occasione per porgere distinti saluti.’ Che il farmaco non fosse disponibile da queste parti lo sapevo già anche senza la lettera dell’U.S.L. che poi, in calce, dice che ‘avverso il documento é ammesso il ricorso, ecc. ecc.’. Ma ogni ricorso ha un ‘iter’ burocratico indefinibile ed io non posso aspettare oltre, tenuto conte anche che potrebbe essere non accettato.” Certamente Mauro Fogu non ha mai pensato di farsi una bella gita turistica oltre Oceano a spese di qualcuno e così si sfoga: “Non si può pensare soltanto alle statistiche; quì ci sono cure tradizionali che per me non servono (chemio e radio), l’unico efficace é questo ‘Glivec’, ma fino a quando? Se i medici di Candiolo mi consigliano di provare la cura americana avranno i loro buoni motivi. Mi pare fuori di dubbio, nella mia situazione, che non mi sento di trascurare anche la più pallida speranza di riuscita, esattamente come la pensano i miei medici curanti. La scoperta americana potrebbe anche fallire nel mio caso, ma come faccio a non provare? Ho 39 anni, non 100!” In conclusione, quali saranno i tuoi prossimi passi? “Non ho ancora perso le speranze da parte della Regione; so che altre persone stanno seguendo il mio caso. Capisco anche che la massima Amministrazione valdostana investa il proprio denaro a fronte di iniziative che propagandino l’immagine e garantiscano comunque un ritorno. Sicuramente é più difficile impegnare dei quattrini verso un esperimento su di una rarissima malattia, che potrebbe essere fine a se stesso. Ma se io fossi il primo italiano a guarire con questo tipo di cura, la Valle non avrebbe comunque un ritorno? Se perdurerà questa situazione di ‘stallo’ che fare? Mi farò carico di informare del mio caso i ‘media’ stampati ed audiovisivi, nonché i massimi vertici politici e sanitari della Nazione cercando aiuti ove sarà possibile.”

Signori, questo é Mauro Fogu, campione nello sport, esemplare nella vita, padrone di quella invidiabile serenità che fa apparire facile ciò che é maledettamente difficile.

La famiglia Fogu lancia un appello ai lettori. Per chi volesse contribuire, é aperta una libera sottoscrizione. I versamenti dovranno essere effettuati alla UNICREDIT BANCA S.P.A. di Verrès sul c/c 1409356 – ABI 02008 – CAB



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