L'ultimo volo del fenicottero Balas

11 Marzo 2016

L'altista romena è scomparsa oggi a Bucarest all'età di 79 anni. Nella sua carriera splendono due ori olimpici (Roma 1960 e Tokyo 1964) e 14 primati mondiali.

di Giorgio Cimbrico

Addio a Iolanda Balas: a fine anno avrebbe toccato gli 80 anni. Per via delle sue gambe infinite, venne battezzata il fenicottero di Timisoara, la sua città natale. In realtà, nelle sue vene scorrevano, mischiati, sangue romeno e magiaro per parte di padre. Jolanda Balas - o Jolan Balazs - lascia alla storia dell’atletica numeri da capogiro. 140 vittorie consecutive, due medaglie d’oro olimpiche, due titoli europei e soprattutto un’onda lunga di record del mondo, quattordici, che portarono il limite da 1,75 a un 1,91 che ancor oggi, ad oltre mezzo secolo da quel volo, profuma ancora di modernità.

Monopolizzatrice della seconda metà degli anni Cinquanta e della prima metà dei Sessanta, Iolanda esercitò un dominio che ha pochi eguali e che non che essere definito schiacciante:il primo titolo, a Roma ’60, venne con 1,85, con 14 centimetri di vantaggio (!) sulla seconda, la polacca Jaroslawa Jozwiakowska, dotata di un cognome lungo quasi quanto il distacco che rimediò, al fianco delle altre piazzate, la britannica Dorothy Shirley e la sovietica Galina Dolya. Quattro anni dopo, a Tokyo, l’australiana Michele Brown riuscì a contenere in 10 cm: 1,90 a 1,80. Sempre un abisso.

Il primo record del mono di Iolanda, che saltava con una versione perfezionata della vecchia “forbice”, venne il 14 luglio 1956, a Bucarest, con un centimetro di progresso sul limite della britannica Thelma Hopkins.


Quattro mesi dopo, non ancora ventenne, finì quinta nella finale olimpica di Melbourne, colta dall’americana ilare McDaniel con il mondiale portato a 1,76. Fu quella, per Jolanda, l’ultima sconfitta sino all’11 giugno 1967: dieci anni e mezzo con 140 successi di fila. Senza pari, neanche alla lontana.

Nel ’57 Balas, che fu a lungo allenata dal marito Ian Soter, eguagliò il record di McDaniel, se lo vide sfilare dalla cinese Chen Feng-jung, che adottava la scarpetta “ortopedica” che di lì a poco sarebbe stata messa al bando dalla Iaaf, e dal 7 giugno 1958, quando superò 1,78, divenne la regina incontrastata. 1,80 venne raggiunto due settimane dopo, a Cluj; 1,85 a Bucarest, poco prima dei Giochi romani. Per scalare 1,90 scelse il palcoscenico di Budapest, dando così soddisfazione alla sua “coté” magiara.

La montagna più alta venne scalata a Sofia, il 16 luglio 1961, nel corso del match Bulgaria-Romania, in fondo alla gara perfetta: 1,60, 1,70, 1,75, 1,80, 1,85, 1,88, 1,91 sempre alla prima prova. I magnifici sette. Si resero necessari dieci anni e 50 giorni perché quel record, solido come la Rocca di Gibilterra, cadesse: toccò all’austriaca Ilona Gusenbauer, ventralista, aggiungere un centimetro, la stessa misura che un anno dopo, a Monaco di Baviera, diede la vittoria olimpica alla sedicenne Ulrike Meyfarth, seguace di Dick Fosbury. Iolanda, gloria nazionale, rivestì la carica di presidente della federazione romena dal 1988 al 2005. Anche dietro una scrivania, era donna da lunghi cicli.

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