L'Olanda dell'atletica: una lunga storia

01 Luglio 2016

La terra che ha dato i natali al mito Fanny Blankers-Koen sta per accogliere i Campionati Europei nello stesso stadio dell'Olimpiade di Amsterdam 1928

di Giorgio Cimbrico

Un’Olimpiade organizzata quasi 90 anni fa, un meeting (Hengelo) che ha saputo scrivere capitoli storici nel mezzofondo e non solo, una maratona (Rotterdam) considerata tra le più veloci del panorama. Tra gli obiettivi degli Europei di Amsterdam, ospitati nello stesso stadio in mattoni rossi dei Giochi del 1928, c’è anche quello di arricchire l’albo dei momenti d’oro – e cioè molto alti - andati in scena nei Paesi Bassi.

Pagine scelte di quella lontana Olimpiade: la doppietta 100-200 di Percy Williams, canadese della British Columbia; il bis negli 800 del britannico Douglas Lowe; la prima vittoria africana che il maratoneta algerino Boughera el Ouafi fu costretto a regalare alla Francia; il successo negli ostacoli bassi di Lord Burgley marchese di Exeter; l’esordio delle donne con primo, imperituro oro al collo di Betty Robinson, sedicenne sprinter dell’Illinois; la vittoria nel salto in alto, con record del mondo a 1,59, della bella canadese Ethle Catherwood, detta il Giglio di Saskatoon davanti a Carolina Gisolf, nata nelle Indie Orientali Olandesi, eccellente giocatrice di hockey su prato e prima orange a conquistare una medaglia olimpica.

Il 26 agosto 1934, sempre allo stadio olimpico, Christian Berger corse in 10”3 eguagliando il record del mondo del canadese Williams e degli americani Eddie Tolan, Ralph Metcalfe e Eulace Peacock. Meno di due settimane dopo, Berger conquistò i titoli europei di 100 e 200 alla prima rassegna continentale a Torino. Ma di questo parleremo più diffusamente nel capitolo dedicato ai grandi e alle grandi orange.

Nel 1943, in una gara mista ad Amsterdam, Fanny Blankers-Koen portò ufficiosamente il record del mondo a 11”5. L’exploit divenne ufficiale cinque anni dopo, quando FBK concesse il bis nel match contro la Francia, ancora all’Olimpico. Era l’annuncio di quanto avrebbe saputo fare ai Giochi di Londra quando si trasformò nell’olandese volante e nella mammina con le ali ai piedi. E’ singolare osservare che Fanny non ottenne mai il record del mondo dei 200 in patria. In compensò,tra Amsterdam, Eindhoven e Hilversum, nel periodo 1942-1949, ne allineò tre negli 80hs, due con la 4x100, uno con la 4x200, tre nel salto in alto, uno nel salto in lungo.

Prima di trasformarsi in manager capace di esercitare un forte monopolio sui campioni d’Etiopia, Jos Hermens regalò al suolo patrio un paio di record del mondo e un altro paio di passaggio: capitò a Papendal, nei pressi di Arnhem, quando l’occhialuto fondista portò il limite dell’ora a 20.907 e poi a 20.944 metri, transitando a tempo di record anche sui 20.000 metri.

Rotterdam e i suoi filanti 42 chilometri salirono in scena nell’85 quando Carlos Lopes chiuse in 2h07’12”, concedendo vita breve (sei mesi) alla prestazione del gallese Steve Jones, centrata a Chicago. Il portoghese è l’ultimo europeo ad aver stretto tra le mani il limite della maratona che l’etiope Belayneh Densimo, proprio a Rotterdam, nell’88, portò a 2h06’50”. Dieci anni dopo, sempre nella città portuale, la piccola kenyana Tegla Loroupe corse i 2h20’47” privando della corona Ingrid Kristiansen. Delle stagioni che precedono la fine del secolo sono anche gli acuti mondiali di Haile Gebrselassie ad Hengelo, di cui è cittadino onorario: 12’56”96 nel ’95, 26’43”52 nel ’95, 26’22”75 tre anni dopo. Il suo “delfino” rifinì il poker con il 12’37”35 del 2004, tuttora record del mondo. Buona la pista, eccellenti anche le pedane del luogo natio di Fanny, cui il meeting è intitolato: nel 2008, Irving Saladino atterrò a 8,73 trasformandosi nell’ottavo di sempre. E anche più in alto – quinto all time - è finito cinque anni dopo il gigantesco polacco Piotr Malachowsky spedendo il disco a 71,84.

Ora sta tocca ancora al vecchio stadio e soprattutto tocca alla superninfa, alla concittadina di Marco Van Basten, alla Wonder Woman di Utrecht. A Dafne Schippers.

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