Jacobs, il giorno dopo: “Missione finale olimpica”

07 Marzo 2021

Il mondo di Marcell tra tatuaggi, famiglia e sprint: “Non ho ancora realizzato. Ma da martedì si torna al campo, non c’è tempo da perdere. Sui 100? Se anche lì togliessi sedici centesimi…”.

“La nottata? Non ho dormito granché”. Impossibile farlo. Troppe emozioni. Troppa adrenalina. Un Marcell Jacobs esagerato a Torun si gode il “day after” dell’impresa che ha già segnato in chiave azzurra (e non solo) l’edizione degli Euroindoor in Polonia. “Non riuscivo ad addormentarmi, avevo mille pensieri per la testa - ammette - e centinaia di messaggi sul telefono ai quali sto cercando di rispondere. Sì, devo ancora realizzare cosa sia successo davvero”.

Il giorno dopo, è il momento per scoprire il mondo di Jacobs. Un mondo che è ritratto anche sulla pelle, raccontato dai tatuaggi, marchio di fabbrica dell’azzurro campione d’Europa dei 60 metri col record italiano di 6.47. Talmente tanti da perdere il conto, ma ognuno con un significato specifico: “Il primo è quello sul costato, l’ho fatto anni fa insieme ai miei due migliori amici. È una frase sull’amicizia. Tra gli altri tatuaggi, adoro la tigre sulla schiena: è il mio animale preferito, solitario ma in grado di graffiare. E poi tanti altri. Un mappamondo perché mi piacere essere cittadino del mondo. Una rosa dei venti in mezzo allo sterno per non perdere mai la bussola. Sul braccio destro il Colosseo e un gladiatore che rappresentano il mio periodo ‘romano’ tra Flaminio e Fleming. I nomi e le date di nascita dei miei figli. Un’ancora, fatto insieme alla mia compagna. Ecco, forse l’unico ‘sciocco’ è questa scritta sul petto, Crazylongjumper: è così che mi chiamo su Instagram…”.

Dagli Stati Uniti all’Italia, cosa resta del Jacobs americano? “Gli Usa ce li ho nel sangue e nelle fibre veloci, anche se in realtà sono soltanto nato lì, da papà americano e mamma italiana, che poi si sono lasciati. A un anno e mezzo ero già arrivato a Desenzano del Garda: mi sento italiano al 100%, sono cresciuto in Italia e ho sempre vissuto con la mentalità italiana. Pensate che sto ancora imparando l’inglese, per fortuna in questi giorni mi ha dato una mano il mio compagno di stanza, lo staffettista Robert Grant”. La vita di campione d’atletica che si mescola alla vita privata, alle responsabilità di padre (tre figli, uno dei quali avuto a 19 anni) e di figlio: “Con mio papà non ci siamo sentiti per tanti anni, lo consideravo un estraneo - si apre Marcell - mi cercava su Facebook e non rispondevo. Per fortuna ultimamente, anche grazie al lavoro con la mia mental coach, si è ricreato un rapporto. E lo andrò a trovare negli Usa”. 

Il tema (tecnico) del giorno è chiaro: quanto può valere Jacobs sui 100 metri? “Ok facciamo qualche calcolo - propone l’azzurro - l’anno scorso correvo i 60 metri in 6.63, ora in 6.47, sedici centesimi in meno. Se soltanto riuscissi a togliere gli stessi sedici centesimi al mio crono dell’anno scorso sui 100, che è 10.10, beh allora…”. E il personale, non dimentichiamolo, è ancora meglio, il 10.03 di due anni fa a Padova. “Ho buona fase lanciata, ma bisogna tenere le frequenze per altri quaranta metri: mi rincuora che non abbiamo lavorato soltanto in funzione dei 60, bensì per un 60 che deve arrivare a 100”. E adesso riposo? “Macché, martedì saremo in campo. Non vogliamo perdere tempo, le Olimpiadi sono vicine. Non sono più uno ‘scavezzacollo’ come mi definiva Paolo (Camossi, il suo coach, ndr), peraltro non ho mai capito cosa intendesse! Comunque, un calendario della mia stagione ancora non c’è, di sicuro l’esordio è fissato per l’1-2 maggio ai Mondiali di staffette, per guadagnare Tokyo anche con la 4x100”. 

A chi lo pungola sulla rivalità con il primatista italiano dei 100 metri Filippo Tortu, risponde così: “Mi ha fatto i complimenti e mi ha scritto che ha vinto 100 euro con la mia medaglia d’oro, aveva scommesso su di me - sorride lo sprinter delle Fiamme Oro -  un buon rivale significa avere tanti stimoli. E questa rivalità fa bene a noi ma anche a tutto il movimento dell’atletica, perché se ne parlerà tanto”. Da qui a Tokyo sicuramente. E sempre restando con i piedi ancorati a terra, per le Olimpiadi si può sognare: “Il primo obiettivo sarà raggiungere una storica finale. E poi mi giocherò tutte le mie carte”. Adesso il ‘nuovo’, fulmineo, devastante Marcell Jacobs sa perfettamente come si fa.

È un oro costruito in team, e una citazione è necessaria per tutti: Sergio Baldo responsabile del gruppo sportivo Fiamme Oro Padova e vicepresidente vicario della FIDAL, Paolo Camossi allenatore e “pilota” della struttura che lavora per Marcell, Renaud Dejean il Doctor of Chiropractic (DC) che tiene in equilibrio la struttura fisica, Alberto Marcellini il fisioterapista sempre presente in campo, al quale è affidata la salute dei muscoli di Marcell, Giacomo Spazzini titolare di GS LOFT, studio specializzato in nutrizione, che con il suo team di medici nutrizionisti elabora piani alimentari e di integrazione specifici, per l’incremento della performance, Nicoletta Romanazzi la mental coach a cui è affidata la gestione delle tensioni e dell’approccio ad allenamenti e gare, Marcello Magnani il manager che si occupa della gestione e delle relazioni con gare, sponsor e dell’organizzazione logistica di tutti gli spostamenti di Jacobs. Ognuno con il proprio ruolo e le proprie competenze, tasselli di un puzzle vincente. 

naz.orl.

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Jacobs sul podio di Torun (foto Colombo/FIDAL)


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