In finale Scarpellini e Rocchi, avanza Guaschino



OK, siamo a metà dell’opera. Elena Scarpellini, dopo la finale ottenuta già a Grosseto 2004 (dove fu settima, ancora allieva) e dopo la medaglia di bronzo europea di Kaunas 2005, sentiva un po’ l’obbligo morale di essere protagonista anche a Pechino: “Ma – avvertiva la bergamasca – in queste occasioni bisogna essere pronti a fare due finali, perché essere promossi in qualificazione può essere duro come giocarsi poi un podio all’atto conclusivo”. Giusto, era l’atteggiamento che ci voleva per farsi largo in una competizione che ha messo subito le favorite di fronte alle loro responsabilità: 4.00 era la norma di qualificazione e quella quota si è dovuta superare per avere la certezza dell’ammissione in finale, un solo ripescaggio guadagnato dalla canadese Duclos-Lasnier con un 3.95 fatto al primo tentativo. Promosse, con l’azzurra, tutte le capofila stagionali: la russa Volik, la tedesca Liza Ryzich (campionessa uscente), l’australiana Vicky Parnov (figlia di un astista russo emigrato “down under” e primatista mondiale al limite dei 16 anni con il suo 4.32), la cinese Zhou, la francese Mourand e la slovena Sutej. Ma bisognava sudarsela, questa qualificazione: prova ne è che la cubana Yarisley Silva, 4.20 quest’anno, ha fatto tre nulli in entrata ed è tornata a casa. Bravissima, quindi, la nostra Elena: 3.80 e 3.90 alla prima prova, poi 4.00 alla seconda (intoppo superato con un cambio dell'asta) e il compito era fatto. E brava anche la nostra seconda rappresentante, Giulia Cargnelli: la 18enne udinese ha confermato di essere un’atleta vera, mancando per un nulla un posto tra le prime 12 del mondo che avrebbe avuto del sorprendente. Giulia, figlia di Giampaolo Cargnelli (già specialista di livello nazionale, ora suo tecnico personale), ha saltato 3.90 alla seconda prova e poi non si è certo accontentata, andando all’assalto dei 4.00, che per lei – arrivata qui con 3.92 – avrebbero rappresentato il nuovo personale. Ottimo il suo secondo tentativo: e, con il senno di poi, si potrebbe anche dire che si poteva cercare il colpaccio a 3.95, riuscito poi alla canadese. Ma è certo che da questa esperienza la friulana esce a testa altissima e il prossimo anno, agli Europei juniores di Hengelo, la vedremo di sicuro ancora protagonista. Ora attendiamo Elena Scarpellini in finale, tutte in pedana venerdì alle 18 (le 12 in Italia) e speriamo che sia vero quanto l’allieva di Maroni e Motta ci aveva confidato qualche settimana fa: “Devo mettere a punto qualche dettaglio, poi sono sicura che che salti sull’ordine dei 4.30 non siano un obiettivo impossibile”. Con l’occasione ricordiamo che è possibile seguire le gare dei Mondiali juniores in differita sul canale tematico Rai Sport Satellite (ch. 227 del bouquet Sky Sport, ma ricevibile anche in chiaro): appuntamento anticipato oggi, a partire dalle ore 17, per la telecronaca di Riccardo Pescante e il commento tecnico di Attilio Monetti. PASSA ANCHE ROCCHI E vai! Anche Lorenzo Rocchi va in finale, dopo una durissima qualificazione del martello: il carrarese, che segue da un paio di stagioni i consigli del capitano azzurro Nicola Vizzoni, si è meritato la promozione in extremis con un terzo lancio da 70.59 (ma anche il primo, nullo di pedana, era molto lungo). Una conferma della tempra agonistica del giovane toscano, ormai stabilizzatosi oltre la fettuccia dei 70 metri: avevamo detto che la continuità di rendimento poteva premiare in questa sede – come insegna l’esperienza – e il primo importante risultato è stato ottenuto. Tanto per fare un riferimento, non sono riusciti a passare il taglio personaggi come l’ungherese Sandor Palhegyi, campione mondiale U.18 l’anno scorso a Marrakech (accreditato di un 73.37) o come l’ucraino Vynnyk, arrivato in Cina con un robusto 74.98. Fuori anche il finnico Laitinen, finalista tra gli allievi a Marrakech 2005. Per Lorenzo già una mezza impresa, inutile discutere: e sarebbe stato beffardo uscire in qualificazione, perché le misure di ripescaggio sono raccolte nel giro di un paio di spanne. Un altro scherzo crudele delle sorte, come quello che aveva visto vittima ieri il discobolo ascolano Alessandro Botti, avrebbe fatto davvero male. I migliori del turno eliminatorio sono stati il bielorusso Shayunou (76.76) e il nuovo primatista mondiale della specialità con l’attrezzo da 6kg, il russo Aydamirov (75.90, a fronte del suo recente record stabilito con 82.60 a Tula lo scorso 22 luglio). GUASCHINO IN SEMIFINALE Quello che notavamo sopra, il fatto che ogni gara disputata a Pechino deve essere affrontata come una finale è tanto più vero per tutti i giovanotti e le ragazze in maglia azzurra presenti qui. Già misurarsi ai propri massimi livelli di carriera potrebbe non essere sufficiente per passare un turno. Intanto, però, c’è riuscito nei 400hs con una condotta molto accorta in batteria il piemontese Edoardo Guaschino: una promozione tutt’altro che scontata per il ragazzo di Casale Monferrato, ottenuta già con il piazzamento, quarto in 53.42. Impresa non riuscita invece al ternano Leonardo Capotosti, che si arenato al sesto posto nella sua batteria con 54.02: sarebbe occorso un 53.34 per aver diritto al ripescaggio dei tempi. Qui il miglior tempo del primo turno è stato quello dell’olandese Marius Kranendonk (51.40), ma si è fatto vedere (51.49) anche l’americano Chris Carter, un collegiale di Brigham Young che ha dalla sua il miglior tempo stagionale con 49.19: di sicuro in semifinale bisognerà correre sotto i 51 secondi per poter ambire alla finale. D’altronde, abbiamo visto già ieri come le credenziali di partenza possano voler dire fino ad un certo punto: clamorosa, nella giornata inaugurale, l’eliminazione nelle semifinale dei 100m del “coloured” a stelle e strisce Willie Perry, arrivato in Cina con un 10.12 stagionale e ultimo nella sua semifinale con un modestissimo 10.68. A questo punto alziamo le antenne, perché il 19enne studente della Florida University era favorito anche sui 200 metri, dall’alto del suo personale di 20.42, e ora lo stato di forma mostrato nello sprint breve rimescola le carte anche sulla distanza doppia, dove sarà protagonista il nostro Matteo Galvan. LE ALTRE QUALIFICAZIONI DELLA MATTINATA Nulla da fare per il milanese Alessandro Salsi nelle batterie dei 3000st: come ieri per la corregionale Giulia Basoli, il compito del siepista lombardo era francamente al di là di qualsiasi speranza di successo. Ne è uscito un 13° posto in batteria (9:23.10, ad una quindicina di secondi dal personale di Alessandro: ma sul tempo pesa anche una caduta a metà gara), e 27° nel totale dei partecipanti: bisognava correre sotto gli 8’50” per andare in finale e ci sono riusciti anche un paio di europei, il che non è davvero poco. Del resto, è difficile anche inventarsi qualcosa sotto il profilo tattico, con kenyani veri e presunti (parliamo ovviamente di questi benedetti ragazzi del Golfo Arabico, o Persico che dir si voglia a seconda della prospettiva): in questo contesto dimenticatevi gare da mezzofondo ortodosso, sorrette dal minimo senso di comune razionalità. Alcuni si saranno meravigliati, vedendo sui 1500m il kenyano Remmy Limo e il marocchino Abdelati Iguider sprintare come disperati in una batteria già decisa, sul piede di 3’50”: forse dimenticando l’ancestrale rivalità che esiste tra i mezzofondisti di questi due Paesi, la scuola dell’Africa Nera contro quella del Maghreb, il duello tra Skah e lo sfortunato Chelimo in una drammatica finale olimpica di Barcellona ’92. E non solo. Mai questi ragazzi accetterebbero di essere superati da un diretto rivale, neanche nella fila per la mensa: senza considerare che il marocchino Iguider era campione uscente di questa gara, aveva vinto appena 17enne a Grosseto 2004, e aveva quindi tutta la voglia dei suoi verdi anni di non vedersi superato da un rivale dichiarato come il kenyano. A questo proposito, se avete un attimo di pazienza, vi sottoponiamo un breve racconto su un episodio al quale abbiamo assistito dalle tribune dello Stadio Olimpico di Seoul, nell’edizione 1992 dei Mondiali juniores. Finale dei 10000m: favoritissimo il kenyano Josephat Machuka, splendido atleta dalla falcata elegante, personale ampiamente sotto i 28 minuti. Baldanzoso, inizia una cavalcata solitaria che, a metà gara, lo porta ad avere oltre 100 metri di vantaggio sulla concorrenza. Al suo inseguimento, un piccolo e (allora) sconosciuto etiope: Haile Gebrselassie, arrivato in Corea con un personale oltre i 30 minuti (ma fatto in altura, ad Addis Abeba). Piano piano l’etiope rosicchia centimetro su centimetro e agguanta il kenyano poco prima della campana. Poi gli si mette alle spalle come un’ombra, anteprima di una scena che si sarebbe mille volte ripetuta al piano superiore: lo affianca sul rettilineo opposto e, alla linea dei 200 metri, dà una brusca accelerazione. Machuka cerca di reagire, escono insieme dall’ultima curva: è allora che “Gebre” gli passa accanto come una palla di fucile tanto che il frustrato kenyano, vedendosi superato, gli assesta un pugno – sì, avete capito bene – un robusto diretto sulla schiena. Alla fine Machuka venne squalificato per comportamento antisportivo e perse anche l’argento: scomparve dalla scena di lì a poco. Invece Haile vinse l’oro e, non più sconosciuto, divenne il Dio delle Piste che ora tutti ricordiamo. Ecco, questo per farvi capire cosa possa essere la rivalità nella corsa tra i Popoli degli Altipiani: alla faccia di risparmiarsi in batteria o di cedere un metro. Vabbè, passiamo ad altro argomento: le qualificazioni del giavellotto. Il migliore, con un lancio a 78.42, è stato il sudafricano John Robert Oosthuizen, una vecchia conoscenza di queste competizioni giovanili (già argento ai Mondiali U.18 di Sherbrooke nel 2003). Tocco di colore: la promozione alla finale di Leslie Copeland, con il nuovo primato delle Isole Figi con 69.62, e quella di Mohamed Ali Kbabou, il 17enne tunisino che aveva gareggiato con i nostri nel recente incontro internazionale proprio a Tunisi, dove aveva stabilito il primato nazionale (juniores e allievi) con 70.79. Per la qualificazione occorreva un 69.58: e qui tocca ancora rammaricarsi per l’assenza di Leonardo Gottardo perché il padovano, reduce dall’operazione alla spalla, avrebbe davvero recitato da protagonista anche nella prossima finale. (Foto di Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL) File allegati:
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