Il Mondo di Duplantis, Mozart dell'asta

09 Febbraio 2020

Il Peter Pan svedese è un fauno dagli occhi curiosi, è un elogio di normalità perdute: papà, mamma, i record di ogni età e un futuro senza limiti

di Giorgio Cimbrico

Dopo quel che ha fatto, dopo l’approdo dove nessuno era mai arrivato, Armand Duplantis può esser accostato all’assoluto: il record del mondo a Torun, la città di Copernico, apre a nuovi scenari e la giovane età, 20 anni e tre mesi, accanto alle esperienze accumulate dalla primissima infanzia, rendono plausibile un parallelo con Wolfgang Amadeus Mozart, anche per via del padre Greg, demiurgo come lo era stato il violinista Leopold per il Genio di Salisburgo.

Mondo è il Peter Pan di Fayetteville, Louisiana, un sud odoroso di magnolia ma titolare di un solido passaporto svedese che lo mette al riparo dalle bizzarrie e dalle assurdità dei Trials: mamma, Helen Hedlund, viene dal paese che all’asta aveva già dato un altro primatista del mondo, Kjell Isaksson, 5,55 nel ‘72. Anche il biondino era un peso leggero.

“Da quando avevo tre anni sognavo questo momento”, ha detto dopo il suo momento magico, destinato a non costituire un unico: se la seconda prova a 6,17 lo aveva respinto a Dusseldorf (per un lieve tocco del gomito destro), lo stesso assalto lo ha promosso in Polonia dopo un passeggero record personale indoor a 6,01. In quel momento Mondo si è rivisto nel giardino di casa, tra le mani una mini-asta, di fronte a ritti artigianali. Un metro e mezzo era la quota da superare mentre papà Greg filmava il primo atto di una scalata. In quest’album di famiglia che va avanti per fotogrammi a volte malfermi, c’è spazio per i suoi progressi e per apparizioni sorprendenti. Perché Renaud Lavillenie è in quella palestra della provincia americana quando Armand, a poco più di 12 anni, supera 3,97? Qualcuno l’aveva avvertito che era nato il suo erede, che l’Atteso era già in azione?

Ora, dopo quel che è avvenuto, possiamo parlare di 6,20 senza più avvertire, in quelle cifre, irrealtà, fantasia spinta, senza più ricorrere a racconti straordinari che confinavano con la leggenda, come quel 6,23 che Sergey Bubka avrebbe scavalcato in palestra, una corda in luogo dell’asticella. O il 5,94, sempre del giovane aspirante zar, nel deserto stadio Kirov di Leningrado nel test prima di andare a Helsinki ’83 e conquistare la prima corona. Igor Ter Ovanesian aveva buon occhio e gran fiuto.

Duplantis non è il dio della bellezza. È un fauno dagli occhi curiosi, è un elogio di normalità perdute (magretto, sotto l’1,80, sotto i 70 chili, almeno venti meno di uno dei suoi grandi avversari, il polacco Piotr Lisek detto Tarzan, urlo compreso), è il prodotto di uno sviluppo che per lo svolgimento e per le immagini che lo accompagnano assomiglia a un Truman Show meno invasivo, costruito sui record mondiali per tutte le categorie di età, dai 7 anni (2,33) in poi, sino all’assoluto ancora molto fresco, emozionante.

Campione europeo a meno di 19 anni volando a 6,05 all’Olympiastadion berlinese, quello di Owens e Bolt, vicecampione mondiale a Doha dopo serrata e cordiale lotta con il quasi compaesano Sam Kendricks del Mississippi, Mondo possiede una qualità tecnica senza pari: gli ultimi quindici metri di rincorsa creano l’effetto fionda che lo scaraventa in alto ed è proprio nella fase aerea, nell’ascensione, nella capovolta, nell’avvolgimento sopra o attorno all’asticella che esprime qualcosa di vicino alla perfezione, lo stesso continuum, senza strappi, con apparente facilità, che possiamo ammirare in un colpo di rimbalzo di Roger Federer. Duplantis usa una forza che crea e innesca nel susseguirsi dei gesti, dei “pezzi” di cui è costituito un salto. Lo ha capito e rimarcato in fondo alla serata di Dusseldorf (5,80, 5,90, 5,95 e 6,00 superati con margini stordenti, 6,17 fallito per aver... alzato il gomito, quello destro): “Alla prima gara dell’anno non era facile combinare tutto. Ora sono molto eccitato per quello che mi attende”. E così, quattro giorni dopo, quel gomito è rimasto al posto giusto e il vertice è stato raggiunto.

Alla stessa età, Bubka stava quaranta centimetri più in basso, Lavillenie a quasi un metro. La caccia agli azzurri spazi è appena cominciata.

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