Il 2015 dell'Italia dell'atletica

29 Dicembre 2015

I fatti e gli azzurri protagonisti dell'anno che sta per andare in archivio

di Giorgio Cimbrico

I momenti azzurri che ricorderemo di questo 2015 sono molto alti e molto lunghi, per asticelle superate, per asfalto e per sentieri d’alta quota calpestati marciando e correndo. Il gruppo di famiglia può cominciare in un interno praghese quando Silvano Chesani e Alessia Trost trovano l’euro-argento alla stessa misura (2,31 e 1,97) di chi centra il bersaglio grosso, due russi di diversa etnia, il siberiano Danil Tsyplakov e Mariya Kuchina, caucasica del Kabardino. La gara maschile si esaurisce secondo modalità tradizionali, ripartendo le medaglie tenendo conto dell’andamento della competizione; quella femminile si chiude con una perfetta parità tra Maria e Alessia. Mezzo oro a testa, come al Mondiale di Sopot 2014? Allora Kuchina aveva acconsentito, pressata da un ambiente che delirava per Kamila Licwinko, eroina di casa. Questa volta è meno arrendevole, dice di voler affrontare il barrage e lo risolve a suo favore, lasciandosi alle spalle un’avversaria con cui ha una lunga consuetudine sin dalle categorie giovanili, un tragitto agonistico che aveva quasi sempre sorriso alla friulana. Alessia si rifarà in parte qualche mese dopo, agli Europei under 23 di Tallinn centrando il suo secondo successo tra le Promesse in una giornata insolitamente grigissima per Mariya, più tardi campionessa mondiale a Pechino. Il Nord, specie quello di lingua ugro-finnica, è un ambiente perfetto per la Gambalunga di Pordenone: la prima corona era venuta a Tampere, nella terra di Suomi, la seconda in Estonia.

L’isola più felice dell’atletica italiana è abitata anche da Marco Fassinotti che tra bassi (la rinuncia agli Euroindoor di Praga, la resa a Pechino senza poter provare neppure un salto) e alti (2,33 e una vittoria in Diamond League, davanti al leggerissimo Barshim) conferma una crescita costante e da Gianmarco Tamberi che trova il suo giorno dei giorni sulla pedana magica di Eberstadt dove va a scavalcare 2,35 e 2,37 con doppio record italiano impattando con Derek Drouin, il canadese destinato alla corona mondiale. In agosto il figlio d'arte chiuderà poi ottavo nel nido iridato di Pechino, ma il suo 2,37 gli varrà il terzo posto nel ranking mondiale stagionale. Con Chesani operato subito dopo il podio praghese, verso Rio con i Tre moschettieri. Quattro, arruolando anche D’Artagnan Trost.

Fatiche lunghe e lunghissime, sino a momenti da tormento ed estasi, per Eleonora Giorgi, Antonella Palmisano, Ruggero Pertile, i gemelli Bernard e Martin Dematteis, Tommaso Vaccina e l’inesauribile Giorgio Calcaterra che con le loro imprese vanno a coprire per intero quel continente della fatica che comprende marcia, maratona, corsa montagna sia classica che proposta sulle lunghe distanze, per arrivare al pianeta proibito della 100 chilometri.

Eleonora porta il record italiano a 1h26’17" in Coppa Europa a Murcia, vince la classica di Dudince, si presenta a Pechino nel gruppetto delle pretendenti a una medaglia prima di finire, al fianco di Elisa Rigaudo, nel gorgo di un’affrettata squalifica che scatena un diluvio di lacrime. E’ in quel momento, sospeso tra il triste e il disperato, che in fondo al rettilineo appare la figuretta di Antonella Palmisano, partita in condizioni fisiche precarie (“chissà quanto durerò”) e capace di afferrare il quinto posto, trasformando in gioia la desolazione delle due compagne di avventura.

Nel finale della maratona pechinese il vecchio Ruggero è commovente: segnalato attorno all’ottava-nona posizione al rilevamento del 40° chilometro il “vecio” che porta lo stesso cognome di un grande tenore di un secolo fa, proveniente dalla sua stessa terra, salta avversari come birilli e finisce per vedere il podio molto da vicino, quarto, primo dei non africani nel giorno in cui il campione europeo Daniele Meucci incappa in un imprevisto pit-stop che lo lascia all'ottavo posto. Alla fine, il migliore dell’intera spedizione azzurra nel "ground zero" di Pechino.

Le distanze infinite lontano dalla pista sono regno e feudo di Bernard e Martin, gemelli piemontesi che è terribilmente banale accostare a camosci e che fanno bottino mondiale sulle balze del Galles, di Tommaso che a Zermatt si concede il lusso di piegare il grande favorito, il kenyano Maina, uno che a quelle quote è nato. E di Giorgio, ormai degno del Guinness dei primati con il bronzo mondiale, il suo decimo trionfo al Passatore e quelle due maratone corse di seguito che ne fanno il signore degli 84 chilometri e 390 metri.

Fuori da questi due grandi filoni, il bronzo nei 1500 degli Euroindoor di Praga di Federica Del Buono, in possesso di un’innata capacità di lettura tattica della gara, la vittoria nei 100 metri agli Europei under 23 di Giovanni Galbieri che torna a far parlare di sé dopo esordi al fulmicotone da allievo (sul podio ai Mondiali Giovanili di Bressanone) e i successi in Coppa Europa (mai lasciare una vecchia etichetta quando è quella buona) dell’elegante Giordano Benedetti e del capitano coraggioso Fabrizio Donato in quel fine settimana a Cheboksary che ha rinsaldato e reso molto fermo lo spirito di squadra.

2015, una stagione che si chiude con i deferimenti della Procura Antidoping NADO Italia per 26 atleti"L'immagine di un'atletica italiana travolta dal doping è inaccettabile" le parole del presidente federale Giomi. Che il 2016 - l'anno degli Europei di Amsterdam e dei Giochi Olimpici di Rio - possa far presto luce su questa vicenda.

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