Howe spezza l'incantesimo: è bronzo mondiale



Andrew Howe è riuscito nell’impresa. Vincendo il bonzo del salto in lungo ai Mondiali indoor di Mosca, ha spezzato l’incantesimo che teneva la squadra italiana nei bassi fondali dell’umore nero, dopo una giornata certo non avara di colpi allo stomaco. Se ieri, in qualificazione, era stato magnifico, l’azzurro oggi è stato superlativo, confermandosi talento cristallino e agonista di primissimo livello, migliorandosi due volte (con relativo primato italiano Under 23), fino a 8,19. La vittoria è andata al favorito della vigilia, il ghanese Ignisious Gaisah, planato a 8,30, davanti alla rivelazione di questo mondiale, il panamense Irvin Saladino (8,29, record continentale). In cinque, a conti fatti, oltre gli otto metri, a dare notevole sostanza tecnica alla prova. La gara ha avuto uno sviluppo regolare, con il panamese Saladino a fare collezione di record centroamericani (tre di seguito, 8,18 poi 8,19 e infine 8,27). Al terzo e quarto salto la reazione di Gaisah, prima 8,27 e poi 8,30. Andrew Howe, dopo due prime prove di contatto con la pedana, alla ricerca dei giusti equilibri tra velocità e stacco (7,94 e 7,88), ha centrato il primo “più otto” del pomeriggio, un 8,08 che lo ha piazzato sul podio alle spalle dei due capofila. Poi, un salto di “recupero” di energie nervose (7,65), ed una quinta prova agli 8,14 della nuova miglior prestazione italiana Under 23 (precedente, 8,10, sempre di Howe, ad Ancona, il 19 febbraio di quest’anno, ma anche di Giovanni Evangelisti, 10-3-1982). Frutto, quest’ultimo salto, di una pedana finalmente centrata vicino al limite (rilevazione Epson: +4,2 cm.). Infine, il tocco del campione. Quello che fa la differenza, e che fa pensare che Andrew, un giorno, se la fortuna e el sue gambe lo assisteranno, potrà anche scrivere pagine importanti nella storia dell’atletica. Dopo il salto di Tsatoumas a 8,10, con la medaglia già al collo, l'azzurro è andato in pedana per l’ultima prova, e si è migliorato ancora, raggiungendo 8,19 (pedana notevole: +4,2). Rammaricandosi, peraltro anche piuttosto platealmente, di non essere riuscito a superare nessuno dei due avversari che aveva davanti. Questo è prooabilmente il modo migliore di vivere l'atletica. Mai accontentarsi. Giulio Ciotti ha chiuso al settimo posto la finale dell’alto alla quale era approdato con un pizzico di (relativa) sorpresa. Il romagnolo ha mostrato una certa difficoltà nell’approcciare la gara: due tentativi per superare la quota d’apertura, a 2,18, ed altrettanti per valicare sia 2,22 che 2,26 (con ampio margine però nell’ultima misura). Questo resterà di fatto il capolinea dell’azzurro, che finirà successivamente per sbattere tre volte contro l’asticella posta a 2,30, senza mai dare l’impressione di poterla dominare. Grande epilogo della gara, con la doppietta uno-due dei russi Yarolsav Rybakov (2,37) e andrei Tereshin (2,35), ad infiammare i diecimila spettatori dell’Olympiskiy Stadion. Fuori in semifinale nei 60 ostacoli Andrea Giaconi, settimo in 7.81, lo stesso crono fatto segnare nelle batterie del mattino. “Non sono riuscito a correre la parte lanciata come avrei voluto, la schiena purtroppo mi tormenta dalla fine di gennaio. Esco bene dai blocchi, sono reattivo a terra, ma quando si corre completamente rialzati, fatico ad avanzare. Peccato, credo di essere in buona condizione, potenzialmente in grado di correre vicino ai miei limiti”. Da capitano, a Giaconi spetta l’onere di valutare il comportamento complessivo del gruppo: “Impossibile trovare una spiegazione che vada bene per tutti. Certo, quando la squadra è composta da piccoli numeri, e alcune delle punte vanno incontro a delle controprestazioni, non ci si può nascondere, ma l’atletica resta uno sport individuale, dove ad ogni singola prestazione corrisponde una diversa spiegazione”. Belle le finali del sabato. Detto dell’alto maschile, vanno ricordati i successi di Meseret Defar (Etiopia, 8:38.80) nei 3000 metri, e di Tatyana Lebedeva nel triplo (Russia, 14,95; ancora doppietta, con Pyatikh seconda a 14,93). I 1500 metri maschili sono andati all’ucraino Ivan Heshko (3:42.08), portato per mano dai keniani Kipchirchir Komen e Angweni fino al giro conclusivo, in una gara – visti gli avversari, a cominciare dal vincitore – insensatamente tattica. Sorpresa nei 60 ostacoli donne, con il successo dell’irlandese Derval O’Rourke in 7.84, davanti alla spagnola Alozie (7.86) e alla svedese Susanna Kallur (7.87), a completare un podio tutto europeo, dopo la caduta in semifinale della giamaicana Freeman. Ancora un oro per la bella Yelena Isinabyeva, prima nell'asta con 4,80 (prima di affrontare il mondiale, fallito, a 4,93); seconda la polacca Rogowska, che si conferma in crescita con un notevole 4,75. Oro dei 60 ostacoli maschili a Terence Trammel, con 7.43 (miglior prestazione mondiale 2006). Domani, giornata conclusiva. In programma quattordici finali, tra le quali spicca quella dei 3000 metri maschili, con in pista l’etiope Kenenisa Bekele. A difendere i colori azzurri, la sola Antonietta Di Martino, tra le otto regine dell'alto (17.15 locali, le 15.15 in Italia). Marco Sicari Nelle foto, Andrew Howe all'Olympiskiy (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL) File allegati:
- Il sito della Federazione mondiale



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