Greco, triplo salto verso la grande atletica



Un 2009 da incorniciare per Daniele Greco. In crescendo fin dalla stagione indoor, il triplista salentino ha tolto a Fabrizio Donato il limite nazionale “promesse” al coperto (16.83), poi anche quello outdoor (17.20). E diventando il primo ventenne italiano a superare i 17 metri, è stato anche incoronato campione europeo “under 23” a Kaunas: “I risultati sono arrivati quasi senza che me ne rendessi conto: che fossi pronto a far bene, ci credevo profondamente. Ma c’erano traguardi che mi sembravano difficili da raggiungere”.  

Sei da sempre considerato “l’atleta dell’ultimo salto”: come nasce questo talento?
“In realtà deriva dai miei difetti: perché ad inizio carriera avevo problemi tecnici e la tendenza a farmi male durante l’azione. Per questo motivo iniziavo con cautela e solo quando si entrava nel vivo della gara provavo a forzare. Col tempo ho imparato a saltare meglio e comunque a rimanere concentrato nei momenti decisivi: in ogni caso, per carattere, ho bisogno di avere gli stimoli giusti per ottenere risultati e questo sicuramente mi aiuta se all’ultima occasione disponibile ci sia ancora un obiettivo agonistico importante”.

Come Andrew Howe, segui un po’ il modello dei velocisti-saltatori: continuerai a gareggiare nello sprint?
“Senz’altro: fin dalla prossima stagione indoor dove sicuramente farò anche i 60 metri. Finora ho sempre conseguito progressi ad ogni stagione e non vedo motivi per snaturare i metodi di preparazione e l’approccio alla disciplina. D’altronde ho ben chiaro quali siano le mie caratteristiche, che appaiono evidenti dalla distribuzione del mio salto migliore agli Europei promesse (6.12 – 4.86 – 6.22): i miei avversari arrivano ben oltre gli 11 metri già con lo step, mentre io – scusate l’immodestia – ho scoperto di avere seguito la progressione del record mondiale di Jonathan Edwards. Sia pure con le debite proporzioni”.

A proposito di modelli e di grandi saltatori: il tuo rapporto con Fabrizio Donato e con Paolo Camossi?  
“Ecco, se devo esprimere un grande rammarico è quello di non aver mai gareggiato con Paolo Camossi: l’ho incontrato solo ora, nelle vesti di tecnico, e mi ha dato l’impressione di una persona dall’enorme carisma, ma anche di grande umiltà. Quasi senza conoscermi, si è subito messo a disposizione e ci siamo confrontati su questioni tecniche: cosa che, per uno che vanta una carriera come la sua, non mi pare cosa da poco. Con Fabrizio Donato la confidenza è ovviamente diversa: tra l’altro Fabrizio mi fa paura, perché ha un modo di saltare molto diverso dal mio e quando rimbalza con quegli angoli di salto mi lascia di stucco. Ecco, credo che sia un atleta che ha ottenuto meno di quanto meritasse: i suoi risultati, per quanto rilevanti, non sono certo pari a quello che vale e ai sacrifici che fa in pedana”.

Ti affacci ora alla grande atletica: cosa ti lascia una brillante carriera nelle categorie giovanili?
“Dicevo prima che ho avuto fortuna a progredire con costanza: questo mi consente di non avere grandi rimpianti. L’amaro in bocca me lo ha lasciato solo il 4° posto dei Mondiali juniores di Bydgsozcz 2008: non tanto per il piazzamento, quanto per le misure che pensavo di valere in quel momento e che non sono riuscito a conseguire. Per il resto mi sono tolto la soddisfazione di eguagliare dopo 15 anni il record italiano juniores di Paolo Camossi (16.41) e di misurarmi con grandi atleti fin dal debutto internazionale. Anzi, a chi mi dice che i miei anni nelle categorie giovanili sono stati quelli di gran lunga a più alto livello da molte stagioni, rispondo che ne sono lieto: ho acquisito molto presto il senso della misura e di quanto sia difficile competere con avversari di rango, cosa che mi ha messo di fronte a degli obiettivi concreti. Quando da allievo Sheriff El Sheriff mi battè alle Gymnasiadi, mi sono detto che avrei dovuto raggiungere le sue misure: e ci sono riuscito nel giro di un paio di stagioni. E quando l’anno scorso ho assistito alla spettacolare vittoria di Thamgo ai Mondiali juniores, mi son detto che dovevo riuscirci anch’io a fare più di 17 metri. Cosa che ho raggiunto quest’anno, anche se non con la stessa continuità del francese”.  

Cosa c’è dietro i successi nello sport di un normale ragazzo di 20 anni, come te?
“Niente di speciale e, probabilmente, tutto quello di cui ho bisogno. Nel mio caso, un franco rapporto con il mio allenatore Raimondo Orsini: dei tecnici ci si ricorda solo quando gli atleti raggiungono un grande risultato, ma invece sono persone che fanno sacrifici e vivono con noi anche e soprattutto per tutti gli altri giorni dell’anno. Poi la mia famiglia. Non aiuto più i miei genitori in campagna, come facevo da ragazzo, perché mio padre è andato in pensione: ma per il resto l’ambiente familiare riveste per me una grande importanza. Nel tempo libero, il sostegno della mia ragazza e il conforto della fede: ho un fortissimo sentimento religioso che mi regala tanta convinzione nelle cose che faccio e mi dedico a cantare nel coro della Chiesa da tenore, anche se in realtà sono forse un mezzo-tenore. Da ultimo, ma non ultimo: la serenità che ho trovato nelle Fiamme Oro, grazie alla straordinaria disponibilità della Polizia di Stato”.

Raul Leoni      

Nelle foto, il triplista Daniele Greco (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL)




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