Goteborg, sogni e ambizioni dell'Italia agli Europ



Le carte le fanno gli indovini. E - diciamolo - non ci azzeccano mai. In atletica, al limite, si possono guardare i numeri, le statistiche. Ma il risultato, è quasi sempre lo stesso, con il “quasi” da utilizzare al fine di spiegare eventuali e sempre possibili colpi di fortuna (chiamiamola così, fa più elegante). Pronostici? Lasciamo stare: che se ne occupino gli indovini di cui sopra. Facciamo al limite qualche ragionamento, per ingannare l’attesa da qui fino a lunedì mattina, e magari cercare di capire cosa l’Europeo di Goteborg potrà riservarci. A monte, stabiliamo un paio di criteri. Uno: l’esame andrà per gruppi di specialità, o meglio, per dirla nel linguaggio tecnico federale, per “settori”. Due: base per la discussione saranno le sole statistiche, intendendosi per tali: liste, graduatorie, curriculum individuali, storia, ecc. Aggiungiamone un terzo, che più che un criterio è una specie di invocazione: considerata la premessa contenuta nella riga uno di questo testo, si chiede umana comprensione per le valutazioni (certamente numerose) smentite dai fatti, ovvero da cronometro e metro, unici giudici inappellabili in atletica. Prendiamolo per quello che è: un modo per ingannare l'attesa. Velocità E’ probabilmente il settore dalle più spiccate contraddizioni, nel contesto odierno dell’atletica azzurra. Innanzi tutto perché, a fronte dei ranghi praticamente completi presentati dagli uomini, le donne sono ferme ad un terribile “zero”: nessuna delle sprinter italiane sarà in gara a Goteborg. Con l'eccezione della bravissima Daniela Reina, che correrà i 400 metri, saremo praticamente assenti. Quattro anni fa, avevamo colto due medaglie con Manuela Levorato (bronzo nei 100 e nei 200 metri), ma anche altre belle performances (Graglia, 4x100). Perché ora siamo in pieno deserto? Probabilmente perché le giovani, attese ad un ovvio ricambio generazionale, stentano ancora ad affermarsi. I recenti Campionati Promesse di Rieti, con i progressi sui 200 metri della Arcioni (per citarne una), hanno ridato un abbozzo di sorriso: ma era decisamente tardi e troppo poco per far scattare convocazioni europee. Ci sono contraddizioni anche tra gli uomini, comunque. Perché se da un lato il settore non è riuscito ad esprimere uno sprinter in grado di primeggiare sui 100 o 200 metri (vista l’assenza del migliore dell’ultimo triennio, Simone Collio, operatosi lunedì: auguri), la staffetta 4x100 metri è stata la migliore in Europa quest’anno, addirittura la terza la mondo, con il 38.56 di Berna (Verdecchia, Anceschi, Donati, Checcucci). Cosa vuol dire? Primo, che si è lavorato bene sui meccanismi d’assieme, e questo è un fatto che fa ben sperare. Secondo – per aggiungere contraddizione alle contraddizioni – che quando si parla di staffette è bene non farsi troppe illusioni: perché la gara si corre di rado, e il fatto che in Europa gareggino i campioni del mondo (Francia) e quelli olimpici (Gran Bretagna) in carica deve indurre a tenere i piedi ben piantati per terra. Insomma, si può (anzi, si deve) andare in pista consapevoli di poter lottare per una medaglia, ma che nessuno si eserciti in queste ore con l’inno di Mameli, perché non c’è proprio niente di scontato. Anzi. Nella velocità prolungata, citata la Reina (che potrebbe centrare il primo sub-52 della carriera), vale la pena soffermarsi sul duo Licciardello-Barberi: per entrambi, l'obiettivo è dimostrare di valere l'ingresso nell'élite continentale. Il romano è stato tra i pochi a salvarsi lo scorso anno a Helsinki, e punta agli Europei con una determinazione probabilmente mai vissuta in carriera. Il catanese ha fatto benissimo in avvio di stagione (45.59), e ha voglia di mettersi in evidenza. A voi: l'occasione è propizia, non va sprecata. Ostacoli Se questo discorso l’avessimo fatto più o meno un anno fa, avremmo probabilmente detto che da qui sarebbero potute arrivare notizie clamorose in chiave italiana. Purtroppo, Benedetta Ceccarelli, la primatista italiana dei 400 con barriere, è incappata in una stagione maledetta, con i tendini d’Achille che l’hanno spesso costretta all’inattività. Sarà in gara a Goteborg, e la sua grinta è proverbiale, però è difficile immaginare possa arrivare a fare ciò che avrebbe potuto in condizioni di salute decenti (ovvero, lottare dalle parti del podio). Discorso più o meno simile – anche se in questo caso gli infortuni non c’entrano – per Gianni Carabelli: con il crono del 2005 (48.84), purtroppo non ancora ripetuto quest’anno, sarebbe virtualmente sul podio. Il 49.33 del 2006 lo lascia da quelle parti, ma non concede certezze. E’ lui, in ogni caso, l’outsider numero uno della squadra italiana per Goteborg, favorito anche da un contesto decisamente in regressione rispetto al passato (le battaglie Mori-Diagana sembrano preistoria tecnica). Negli ostacoli alti schieriamo quattro atleti (due uomini e due donne). L’obiettivo è per tutti un progresso cronometrico, o una resa agonistica capace di determinare un relativo cammino nella manifestazione. Mezzofondo Tredici mezzofondisti azzurri (sei uomini, sette donne) correranno agli Europei. Un bel numero, per un settore di cui si lamenta la pluriennale crisi. Pochissimi di loro, però, a voler essere realisti, contano su concrete possibilità di mettersi in evidenza. Certo, nello sport gli obiettivi possono anche essere diversi da quello di una medaglia o di una finale (senza volersi ridurre alla mera partecipazione, si può ragionevolmente puntare ad un progresso prestativo, o, nel caso di giovani, ad una esperienza formativa); ma, ancora una volta, riesce difficile rassegnarsi ad un relativo anonimato in un settore che ci ha visto dominatori, soprattutto a livello continentale. Andrea Longo (undicesimo in Europa nel 2006 con 1:45.61) è l’uomo con le maggiori credenziali, seppure reduce da una stagione poco esaltante. Gli 800 metri vivono in Europa un momento di notevole affollamento attorno ai valori medi (1:45, per intenderci): parecchi giovani (o comunque, nomi nuovi) si stanno mettendo in evidenza, al punto che risulta difficile ritenere che Longo, se la sua condizione non crescerà ulteriormente, possa aspirare ad un ruolo di primo piano. La natura delle gare, presumibilmente tattica, potrebbe ostacolare il cammino dell’azzurro, che quest’anno (con l’eccezione dell’incontro di Firenze) ha sofferto soprattutto i ritmi blandi ed i finali convulsi. Ci vuole la sterzata del campione, che uno come Longo ha nel repertorio, per invertire le cose. Tra le donne, Silvia Weissteiner merita fiducia. Anche l’altoatesina occupa l’undicesimo posto nelle liste stagionali, ma la situazione dei 10.000 metri appare decisamente più fluida di quella degli 800 metri maschili. C’è un vertice inavvicinabile (Abeylegesse), un semi-vertice (le tre russe, con tempi da 31:30), e ci sono le altre, tra cui la Weissteiner, già seconda nell’Eurochallenge dei 10000 di Antalya. La ragazza, ripetiamo, merita fiducia per il notevole progresso palesato in stagione, e per la maturità delle scelte operate finora (niente mondiali indoor e niente mondiali di cross, tutto per i 10000 dell’Europeo). Se non accadrà nulla di strano, la gara sarà divisa in due parti: l’Abeylegesse da sola (è da crederci, se ci saranno le condizioni correrà in meno di 30 minuti), e le altre dietro, a lottare su ritmi ancora elevati, ma decisamente più abbordabili. Occhio infine alla Cusma: è una delle poche “fighter” su cui possiamo contare, e ha voglia di emergere. Non è poco. Salti Conforto d’Italia, verrebbe da dire. Il pacchetto maschile è di potenza strabiliante. Alto, asta, lungo e triplo ci vedono schierare uomini teoricamente in grado di lottare al vertice, ed in qualche caso anche per le medaglie. Nell’alto i gemelli Ciotti puntano a ripetere gli exploit mondiali di Helsinki (Nicola) e Mosca (Giulio), quando hanno raggiunto la finale iridata. Al loro fianco, un Bettinelli che nell’ultimo triennio ha spesso dato prova di potersi battere sui limiti dei compagni, o anche meglio (vedi Madrid, Euroindoor 2005). A Giuseppe Gibilisco (quarto in Europa nel 2006 con il 5,80 di Atene) si può per certi versi applicare il discorso di Longo: ci vuole il colpo di classe del campione, per riscrivere la storia con un finale a lieto fine: cosa riuscita più volte in passato, e cosa assolutamente nelle sue corde. La condizione fisica è notevole, così come la “salute” tecnica, dopo il ritorno a Formia di Petrov; insomma, fosse una specialità diversa dall’asta (che può tradire in qualunque momento, è bene ricordarlo), si potrebbe anche cominciare a scommettere. Nel lungo, schieriamo la speranza, diciamo così, di maggior rilievo statistico: Andrew Howe, capofila indiscusso con l’8,41 dell’Olimpico. Oro già vinto? Attenzione, guai a dare tutto per scontato. Le gare vanno fatte dall'inizio alla fine, e la storia dell’atletica è piena di rovesci impensabili. Senza contare che tra gli avversari dell’azzurro ci saranno diversi “leoni” delle pedane (vedi il francese Sdiri o il greco Tsatoumas), capaci di colpi straordinari. Howe deve andare in pedana felice di fare quello che fa: saltare in lungo, come sempre, senza avvertire pesi o fardelli particolari. Può vincere, ma non “deve”, vincere. Una differenza che non sta solo nelle parole. Il triplo vede Fabrizio Donato al nono posto nella lista degli iscritti (con il 17,24 degli Assoluti di Torino). Il laziale è maturato, e ha dimostrato una certa continuità ad alto livello: deve solo andare in pedana cosciente dei propri mezzi, per battagliare ad armi pari con la maggior parte dei suoi avversari (obiettivo: i sei salti in finale, e magari cancellare la brutta esperienza di Mosca, quando "bucò" clamorosamente la qualificazione). Tra le donne i sorrisi sono un po’ più stiracchiati, ma in qualche caso ci sono elementi per divertirsi. Antonietta Di Martino, per cominciare: reduce dal brillantissimo inverno (finale mondiale nell’alto a Mosca), la salernitana ha un po’ stentato in estate, ma adesso sembra tornata sui livelli migliori (1,94 nel meeting di Londra, terza davanti alla croata Vlasic). In un panorama di specialità difficilissimo (cinque iscritte con misure superiori o uguali a 2 metri), può comunque puntare alla finale. Nel triplo Martinez e La Mantia (nona e undicesima tra le iscritte), dopo tanti “up”, sembrano nel pieno di una stagione “down”. Nella carriera di un’atleta ci può anche stare un anno di transizione, ma non è da escludere invece che proprio Goteborg rappresenti il momento “alto” dell’annata, e che regali ad entrambe un rendimento inatteso. Assenti nel lungo (brutta cosa per il paese di Fiona May), ci siamo invece nell’asta, anche se, obiettivamente, non è lecito attendersi sfracelli da Farfaletti e Giordano Bruno; entrambe però possono utilizzare la convocazione per tentare di spingersi più in la, magari attaccando un record italiano ormai decisamente anacronistico (il 4,31 della stessa Farfaletti, vecchio di quattro anni). Lanci E stato uno dei settori più brillanti nell’ultimo triennio, ma quest’anno sembra segnare leggermente il passo. Le donne tengono ancora bene, mentre gli uomini faticano a reggere il ritmo: nel peso non ci siamo proprio, ed è già una mezza sconfitta; disco e martello si mantengono sui loro limiti, ma è l’Europa che ha cambiato velocità, così come nel giavellotto (dei 30 iscritti, ben 20 hanno stagionali superiori agli 80 metri). Ester Balassini e Clarissa Claretti (undicesima e dodicesima tra le presenti a Goteborg) hanno le carte in regola per inserirsi in finale, ma dovranno superare i 70 metri, per mettersi al riparo da sorprese, visti i progressi della specialità. Stesso discorso per la bravissima Zhara Bani, finalista mondiale a Helsinki 2005, ma rimasta più o meno sui suoi livelli (61,23 quest’anno, dodicesima misura tra le iscritte) mentre le altre sparavano bordate sempre più lunghe (in nove oltre i 62 metri). Le pesiste (Checchi, Legnante, Rosa) sono le azzurre dei lanci messe meglio: tra l’ottava e la decima piazza. Per tutte loro, l’obiettivo dell’ingresso in finale, che, nel caso riuscisse senza esclusioni, avrebbe una portata per certi versi storica per il movimento. In campo maschile, i numeri non lasciano spazio ai sogni di gloria. Certo, se le misure in qualificazione dovessero “miracolosamente” abbassarsi (cosa abbastanza frequente a questi livelli), i nostri avrebbero qualche chances in più di scalare le graduatorie (film già visto anche in questo caso). Capitan Vizzoni e Lingua, i nostri due martellisti, sono tra quelli che sperano. Marcia Il pozzo fortunato delle medaglie italiane non accenna ad esaurirsi, o almeno, così dicono i numeri. Nell’ultimo quadriennio (2002-2005), solo ai Mondiali di Parigi 2003 non sono arrivate medaglie da questo settore, traguardo conquistato invece a Monaco 2002 (bronzo europeo con la Alfridi), Atene 2004 (l’indimenticabile oro olimpico di Ivano Brugnetti) e Helsinki 2005 (il bronzo mondiale di Alex Schwazer, unico podio della spedizione azzurra). Ci riproviamo a Goteborg, la città che vide l’inatteso trionfo mondiale di un giovanissimo Michele Didoni. I big vengono da una stagione travagliata, seppure per motivi diversi. Ivano Brugnetti, dopo i tormenti invernali, è in grande crescita, e continua il suo cammino a fari spenti, con l’obiettivo di piombare sugli avversari (spagnoli e russi in prima fila, come sempre) al momento opportuno. Con lui, ci sarà il giovanissimo talento Giorgio Rubino, 20 anni appena, la scorsa stagione bronzo europeo junior a Kaunas. Nei 50 chilometri, Alex Schwazer rappresenta la piccola-grande incognita del settore. E’ annunciato in condizioni discrete, ma bisogna fare attenzione: lo scorso anno, reduce dalla brutta performance degli Europei Under 23 di Erfurt (ritiro dopo 12 chilometri), gli veniva assegnato come obiettivo massimo l’ingresso nei quindici…Con lui in gara anche Marco De Luca, la cui crescita è stata sancita dal buon nono posto nella Coppa del Mondo di La Coruna del maggio scorso, e Diego Cafagna. Elisa Rigaudo (in coppia con Rossella Giordano e Gisella Orsini) darà battaglia nei 20 km: la sua stagione non è stata brillante come in passato, ma l’esito finale di quelle annate (le gare top, Olimpiade e Mondiale, finite con qualche recriminazione, dopo le tante vittorie nel challenge iridato) inducono a ipotizzare percorsi di preparazione diversi. Ci speriamo. Maratona Anche qui, caliamo un paio di assi niente male. Il primo, è l’atleta azzurro presente a Goteborg che vanta il più vasto e ricco palmarés (oro olimpico ed europeo, doppio bronzo mondiale, a lui si avvicina il solo Ivano Brugnetti): Stefano Baldini, il trionfatore di Atene, l'uomo copertina dell'atletica italiana, che si presenta con l’intenzione di bissare il successo continentale di Budapest 1998. L’obiettivo massimo è di emulare Gelindo Bordin, due volte d’oro nella maratona degli Europei (1986 e 1990), oltre che, come il reggiano, campione olimpico (Seul 1988). Baldini però dovrà vedersela con numerosi avversari in grado di smontargli i piani, a cominciare dallo spagnolo Julio Rey (2h06:52 quest’anno, contro il 2h07:22 del record italiano del nostro, ottenuto a Londra). Gli altri azzurri in gara (la prova è valida anche per la Coppa Europa di specialità: ci saranno Andriani, Goffi, Ingargiola, Leone e Pertile) hanno tutti delle chance di ben figurare, con un paio di loro che possono addirittura aspirare al ruolo di outsider. Tra le donne, Bruna Genovese è la numero uno stagionale tra le iscritte, forte del 2h25:28 di Boston. In sostanza, senza girarci tanto intorno, è la migliore speranza italiana al femminile. Punta al bottino grosso, con il non tanto segreto sogno di emulare Maria Guida, oro a Monaco 2002 ed eroina della spedizione italiana in quella manifestazione. Anche in questo caso si gareggia per la Coppa, quindi con la Genovese correranno Console, Incerti, Mancini, Toniolo e Volpato. Il gruppo delle ragazze sembra leggermente meno forte di quello al maschile, ma il contesto un pizzico più abbordabile riporta in equilibrio la bilancia. Prove multiple La bandiera delle prove multiple torna a sventolare anche in casa Italia. William Frullani ed Elisa Trevisan sono riusciti ad agganciare con pieno merito il treno della convocazione, ed ora aspirano a fare una figura degna in un teatro verosimilmente straordinario. Le due gare saranno seguite, come sempre accade in nord Europa, da un pubblico folto e competente (tra le donne, poi, gareggerà la reginetta Kluft…), dando agli atleti stimoli aggiuntivi rispetto a quelli già forti regalati dal valore della competizione. I muri degli 8000 e dei 6000 punti possono essere considerati un obiettivo per gli azzurri (più facile per Frullani, che è atteso da tempo allo “sblocco”). Il fiorentino, nella sua nuova veste tecnica post-infortunio, ha limato gli up-and-down della versione precedente, quando poteva contare su una prima giornata da primato del mondo e da una seconda (non ce ne voglia) da primato regionale. Ora, cresciuto nei lanci lunghi e nell’asta, ha perso qualcosa nelle corse e nell’alto (gara quest’ultima che in precedenza lo vedeva a livelli stratosferici), giungendo ad un rendimento meno altalenante che in passato. Rimane comunque un grandissimo talento, che va in caccia del risultato della vita. Goteborg, anche per lui, è un’occasione da non perdere. Marco Sicari Nella foto, un ricordo indelebile: l'esultanza di Stefano Baldini ai Giochi di Atene 2004. (Omega/FIDAL)

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