Gatlin folgora i Trials: 19.57 nei 200

29 Giugno 2015

A Eugene gran finale con lo sprinter statunitense che diventa il quinto uomo di tutti i tempi sul mezzo giro di pista. Jenna Prandini conquista il titolo femminile in 22.20.

di Giorgio Cimbrico

La storia di Justin Gatlin è controversa; la sua azione, la sua corsa, il nitore che sa esprimere, no. A 33 anni e mezzo il newyorkese va a pizzicare i confini della perfezione con azione radente e poca fase aerea, magnificamente efficace in curva. A parte una piccola sbandata al raccordo, assetto esemplare e centrale sul rettilineo, con l’impressione di un aumento di velocità dai 140 ai 180. 19”57 significa un sacco di cose: il vertice assoluto dei quattro giorni a Hayward Field, il mondiale stagionale, già suo, migliorato di undici centesimi, l’approdo al quinto posto tra i top performer della storia (salto di quattro posizioni, con Pietro Mennea che resiste nei dieci) dietro Bolt, Blake, Johnson e Dix, la striscia di imbattibilità che dura da due anni, si prolunga e tocca le 22 gare, il vantaggio su Usain che si dilata: a queste velocità, valutabile tra i 5 e i 6 metri. Justin continua a ripetere di sentirsi giovane e fresco e a Eugene completa uno Slam pieno di significati in vista di un Mondiale pluriturno: 19”92, 19”90, 19”57 nel giro di poco più di un giorno. L’ambizione della doppietta è scoperta come i denti di un animale da preda. Dietro di lui, molto dietro di lui, Isiah Young guadagna la selezione in 19”93 scacciando la delusione dei 100.

PRANDINI CAMPIONESSA NAZIONALE - Il personaggio dell’ultima giornata è un’anatra: così sono chiamati gli atleti della Oregon University, l’ateneo di casa. Jenna “Duck” Prandini realizza il sogno di conquistare un titolo nazionale (in 22”20) e di far parte della squadra per Pechino, dopo generazioni di “occupazione” da parte delle ragazze afro-americane, La californiana Jenna, radici bresciane e, per parte di bisnonna, calabresi, non è un modello come Justin ma specie nella fase lanciata sa imprimere sulla gomma le spinte giuste per concedersi il lusso di un arrivo a braccia alzate, alla Tommie Smith o alla Carl Lewis. Ai cultori della memoria, riporta l’immagine – e il colore della pelle - della giovanissima Betty Robinson, nativa dell’Illinois, scoperta da un’insegnante mentre inseguiva il tram e pochi mesi dopo, ad Amsterdam, prima campionessa olimpica della storia nei 100.

Tra i maschi, l’ultima macchia chiara a stelle e strisce venne fornita da Larry Questad, sesto nella leggendaria finale dei 200 di Mexico City.

PESO KOVACS, NOVITA' CRADDOCK (TRIPLO) E LITTLE (400HS) - Come profondità, il meglio è stato offerto dal peso con Joe Kovacs, un specie di mortaio umano (piccolo ed esplosivo) che spara a 21,84 precedendo di 20 cm Christian Cantwell, alla quarta selezione, e Jordan Clarke, 21,49. David Storl avrà pane per i suoi denti. Fuori sia il cubico Hoffa che Whiting campione mondale indoor. Jenny Suhr, ex signorina Stuczynski, ritocca di un centimetro il mondiale stagionale già suo con 4,81, e può volare in Cina con la sicurezza di non avere sulla propria strada chi è stata più volte sua giustiziera: Yelena Isinbyeva. La sorpresa viene dal triplo, con il texano Omar Craddock che trova la giornata da raccontare a figli e nipoti atterrando a 17,53, con progresso di quasi 30 cm, lasciando a due pollici, 17,48, Will Claye, che unisce talento a disordine. Dentro anche Marquis Dendy, 17,23, che aveva già staccato il biglietto nel lungo e che su questa pedana ai Ncaa aveva centrato un 17,71 ventoso. Sulle barriere, in prospettiva pechinese, meglio l’occhialuta novtà Shamier Little (53”83) che il veterano David “Hulk” Oliver. Con 13”04 sarà dura contro Martinot-Lagarde e il freschissmo giamaicano McLeod.

DI MISURA - Vista la pervicacia americana nell’usare il loro sistema di misurazione, per il futuro e per i Trials olimpici che verranno, chi ne è privo, può munirsi di un prontuarietto per convertire le distanze imperiali in quelle metrico-decimali. A ogni buon conto, un pollice equivale a due centimetri e mezzo, dodici pollici fanno un piede, vale a dire 30 centimetri e mezzo, tre piedi fanno una yard, 91 centimetri e mezzo. Può esser divertente, durante le gare, riempire un foglio di moltiplicazioni e capire così come stanno andando le cose. Al proposito viene in mente un bell’aneddoto legato al giorno in cui Ken Lorraway saltò 17,54, record australiano e dell’Impero. All’annuncio, il pubblico non ebbe reazioni. “Ma non avete capito? -  ruggì lo speaker che pare fosse Herb Elliott  –  Lorraway ha saltato 58 piedi”. Grande boato.

TRIALS USA (Eugene) - RISULTATI/Results

TRIALS GIAMAICA (Kingston) - RISULTATI/Results



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