Fontecchio, l'atletica vissuta da campione

06 Marzo 2017

Ostacolista dei 110, semifinalista alle Olimpiadi di Los Angeles 1984, argento agli Europei Indoor di Madrid 1986

di Orlando Del Grosso 

Erano gli anni dell’atletica spettacolo, gli anni in cui anche noi italiani realizzavamo record del mondo e grandi risultati. In quegli anni “freddi” a livello politico internazionale, le olimpiadi, i mondiali e le manifestazioni internazionali di qualsiasi sport e disciplina, si trasformavano in palcoscenici dove mostrare la “giustezza” della propria ideologia politica. In quegli anni, un abruzzese, per l’esattezza un pescarese, vinceva 10 titoli italiani, partecipava alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984 e conquistava la medaglia d’argento agli Europei Indoor di Madrid 1986, con 7.70, record nazionale, sui 60 ostacoli. Di chi sto parlando? di Daniele Fontecchio, pescarese doc, attualmente allenatore per la US Aterno  Pescara, società nella quale ha mosso i primi passi e si è affermato, come atleta, sotto la guida di un’icona dell’atletica leggera, il professor Giovanni Cornacchia. Per il filone delle storie di chi è arrivato lì dove risiedono i sogni di ogni sportivo, lasciamo la parola a Daniele Fontecchio, uomo di sport in una famiglia di sportivi.

Ciao Daniele, benvenuto sulle pagine della nostra rubrica. Una domanda per rompere il ghiaccio. Qualcosa del tuo passato la conosciamo, e ne parleremo più avanti. Se ti va, raccontaci il tuo presente. Interessi, lavoro, hobby, scegli tu cosa condividere con noi.

Ciao Orlando, ti ringrazio per avermi dato la possibilità di ricordare un periodo d'oro, ricco di soddisfazioni e di grandi momenti indelebili. Il mio presente consiste in giornate molto piene, con il lavoro che mi impegna esclusivamente la mattina. Appartengo alle forze dell'ordine e mi occupo della gestione automezzi Polstato della regione. Il pomeriggio le mie due ore post ufficio le dedico all'atletica e ad un gruppo di sette ragazzi e ragazze della categoria Cadetti ed Allievi. Inoltre, sto seguendo le ragazze della squadra di basket pescarese con un paio di interventi settimanali, in cui pongo un’attenzione particolare alla loro crescita atletica e strutturale, essendo anche loro, per la maggior parte, giovanissime. Seguo spesso le partite dei miei due figli nei fine settimana, dividendomi tra Milano, dove gioca Simone, e Forlì,  dove c'è Luca. I miei figli sono la soddisfazione più grande e sono ovviamente molto orgoglioso e contento che anche loro siano riusciti a intraprendere una carriera sportiva con ottimi risultati. Da qualche tempo, ho anche ripreso a giocare a golf, che avevo abbandonato una decina di anni fa a causa dei troppi impegni. Ma, visto che questa estate andrò in pensione, ho pensato che avrei avuto un po' più di tempo libero da dedicare a me stesso, cosa che mi riesce sempre raramente.

Entriamo nel vivo dell’intervista. Inizi a muovere i primi passi nell’atletica a metà degli anni 70 tra le fila dell’Aterno Pescara, allenato dal professore Giovanni Cornacchia. Raccontaci come era l’atletica a quei tempi, come eravate voi atleti di quegli anni. Un ricordo, un aneddoto che possa far capire, alle nuove generazioni, chi era Giovanni Cornacchia.    

Tu hai premesso che i miei sono stati gli anni dell'atletica spettacolo, e io sono d'accordo. Ma aggiungerei anche quelli, e forse gli ultimi, dello sport vero, dei veri valori, come amava ricordare il mio grande maestro Giovanni Cornacchia. Erano gli anni in cui si viaggiava spesso in treno, con un panino, e si tornava a casa con la fame. Ma eravamo innamorati dello sport, perché ci dava la possibilità di muoverci, viaggiare, di vivere la “ribalta”. Io sono cresciuto con l'atletica e con Giovanni. Per me lui è stato un secondo padre, un amico, un consigliere e ricordarlo mi commuove ancora. Tralasciando i suoi grandi risultati - ti ricordo solo che fu il primo atleta in Italia a scendere sotto la barriera dei 14 secondi nei 110 ostacoli correndo in 13'9 sulla pista in terra rossa - ritengo che per me sia stato un maestro di vita e molti suoi insegnamenti sono stati fondamentali nella mia crescita sia umana che tecnica. E pensare che all'inizio l'atletica non mi piaceva. Ma grazie alla sua ostinata insistenza, essendo anche il mio insegnante di educazione fisica al Liceo Scientifico di Pescara, mi sono convinto. Da lì, da quei primi passi fatti controvoglia, poi sono arrivati i risultati in campo giovanile: titolo nei 110 hs negli Allievi e Juniores. Devo dire, rileggendola con il senno di poi, che Giovanni ci aveva visto giusto, e la sua insistenza era del tutto giustificata.

Los Angeles 1984, una Olimpiade segnata sicuramente dal boicottaggio dei paesi allineati con l’allora Unione Sovietica. Ma per te, come per tutti gli atleti, credo, sia stata solamente “l’Olimpiade”, un sogno che si faceva realtà, il tetto di un mondo fatto di sacrifici, sudore, fatica, disciplina, dedizione.. Difficile, e in un certo senso assurdo, per un atleta dover rinunciare ad una olimpiade per problemi che poco avevano a che vedere con i valori dello sport Giusto? Come hai vissuto quella olimpiade, come ci sei arrivato, quanto è lunga ed in salita la strada per giungere fino a lì? Il villaggio olimpico, lo stadio olimpico, la cerimonia di apertura. Quali momenti porti ancora con te? Un particolare che possa farci vivere per un attimo la tua esperienza.

Mi chiedi dell'Olimpiade di Los Angeles. Da dove cominciare? Venivo dalla medaglia d'argento ai Giochi del Mediterraneo di Casablanca del 1983, avevo partecipato ai primi Campionati Mondiali di Helsinki e ai Campionati di Atene del 1982, ma l'Olimpiade era qualcosa di speciale, e aspettavo con ansia la convocazione. Quell'esperienza mi mancava ed era sempre stato il sogno, il mio sogno “proibito”. Quindi, non oso immaginare quale sarebbe stata la mia reazione ad una rinuncia per motivi politici. Conosco atleti italiani appartenenti a gruppi sportivi militari che furono costretti a rinunciare alle Olimpiadi di Mosca nel 1980 e puoi solo immaginare la loro amarezza. L'olimpiade dovrebbe avere, come primo obiettivo, quello di aggregare, di far incontrare, creare amicizie, che poi è quello che realmente accade nel villaggio olimpico. E non di dividere. Pensa che nel passato si interrompevano le guerre, per far svolgere i Giochi.
Mi chiedi di raccontare la mia esperienza. Ti dico che in quei giorni mi sentivo al centro del mondo, lì dove volevo essere, e niente e nessuno mi avrebbero impedito di esserci. Avevo inoltre una concreta speranza di poter centrare la finale, era il top. La batteria andò benissimo perché mi qualificai alle semifinali facilmente. Il giorno dopo, nella prima semifinale, c'era lo spagnolo Sala a contendermi l'ultimo posto di accesso alla finale e, purtroppo, ebbe la meglio, per un solo centesimo di secondo! Una vera beffa e una grande delusione. E pensare che avevamo deciso con Cornacchia di evitare la cerimonia di apertura dei Giochi, perché sarebbe stata il giorno prima delle qualificazioni. Il villaggio olimpico, i ristoranti aperti 24 ore su 24, atleti di tutte le etnie e nazionalità, campioni e non, insieme accumunati dallo spirito olimpico. Andare a tifare per le squadre azzurre del basket, della pallanuoto, del nuoto, bellissimo, sono ricordi indelebili.

 

Due anni dopo, a Madrid, conquisti un argento ai Campionati Europei Indoor. Raccontaci questa medaglia, scegli tu da dove cominciare e dove finire.

La medaglia d'argento ai Campionati Europei Indoor di Madrid nel 1986 rimane il mio più grande risultato tecnico. Ero all'apice della mia carriera, molto maturato sia tecnicamente che mentalmente, convinto di poter lottare anche per la medaglia d'oro. In un atleta, il percorso della crescita personale è fondamentale per il raggiungimento dei risultati, e deriva soltanto dalla continuo impegno  e dedizione. Personalmente ho sempre ottenuto i miei migliori risultati nelle grandi manifestazioni, e Madrid arrivava proprio nel mio momento migliore. L'oro mi è sfuggito per soli tre centesimi. E pensare che in qualificazione avevo battuto proprio lo spagnolo Moracho, che poi, in finale, si aggiudicò l'oro. Ma la soddisfazione rimane tanta, è una medaglia importante soprattutto perché  quella di Madrid fu una manifestazione avara di risultati per la spedizione azzurra e, di conseguenza, la mia. fu una delle poche gioie.

 

Attualmente alleni tanti giovani atleti  tra atletica e basket. Che differenza trovi tra te, giovane atleta, e loro? Esistono delle caratteristiche indispensabili per diventare campione?  Sei d’accordo se dico che uno degli scopi a cui un allenatore deve puntare, nelle categorie giovanile, è quello di insegnare la gestione della sconfitta, il mancato risultato, ma anche la gestione della vittoria e gli ottimi risultati?

Adesso alleno per passione e per l'amore di questo sport. L'atletica, per me, rimane un mondo talmente affascinante, che è veramente difficile poterne fare a meno. Ai miei giovani ragazzi cerco sempre di trasmettere per prima cosa il concetto di trovare divertimento in quello che fanno e, successivamente, quella sana cattiveria agonistica, che io avevo alla loro età. In più, cerco di donargli anche quella lucida follia che, per esempio, mi portava a correre sotto un diluvio. In merito, ricordo una Pasqua dell'Atleta all'Arena di Milano, da giovane juniores, in cui corsi in 14.3, sotto una pioggia battente, e sfiorai il record italiano! Se fai atletica e ti diverti, riuscirai a gestire le sconfitte e, con la fame di ottenere i risultati, le vittorie. Il ragazzo imparerà, non solo a misurarsi con un altro ragazzo, ma anche con il cronometro, per cui, non ci si potrà mai considerare arrivati.

 

Siamo all’ultima domanda. Nella tua famiglia lo sport è pane quotidiano. Cosa ti senti di dire ai genitori che vedono quest’ultimo come un semplice passatempo o, nella peggiore delle ipotesi, come una “scocciatura”? Molti genitori usano come punizione, per cattivi risultati scolastici o piccole marachelle, quella di non mandare i figli a fare sport. Tu come la vedi? Un invito per i giovanissimi che ti leggerano. 

L'ultima domanda riguarda i genitori che non vedono di buon occhio la pratica sportiva, o comunque non gli danno la giusta importanza. Beh, devo essere sincero nel dirti che una cosa del genere non mi è mai capitata, ossia, ho trovato sempre genitori molto disponibili e molto propensi a comprendere che fare sport, fare atletica, è utile al miglioramento della formazione sia caratteriale che fisica dei propri figli. Io, per esempio, devo l'avvio alla pratica dell'atletica a mia mamma, fu lei che chiese al mio prof di educazione fisica Cornacchia, di integrare le poche ore che si facevano a scuola, anzi che non si facevano vista la mancanza di palestra. E' chiaro che la scuola viene prima di un allenamento al campo, ma io ricordo che raramente saltavo una sessione a causa dei troppi compiti. Quindi, il mio invito, è sempre quello ad organizzarsi perché, lo studio e lo sport, viaggino sempre con la stessa costanza ed applicazione.  

Aggiungo, se posso, visto che hai citato la mia famiglia, la mia esperienza di genitore. Magari, può essere di aiuto. I miei due figli, Luca e Simone, sono cresciuti in un ambiente dove lo sport è nel DNA, e la disciplina è sempre stata al primo posto. Nessuno di noi ha mai chiesto loro di diventare professionisti del basket. Attualmente Simone gioca con la più forte squadra italiana, l'Armani di Milano, e Luca dopo due gravi infortuni, in serie B a Forli. Non siamo mai stati invasati per le sorti sportive dei nostri figli, come purtroppo vedo fare a bordo campo o sulle tribune delle piste da tanti genitori. Sognano, magari, attraverso i propri rampolli, un riscatto economico o di altro genere. Li abbiamo sempre cresciuti con la convinzione che la scuola-sport, sistemi di conoscenza diversi, fossero indispensabili per un giusto sviluppo psico-fisico.

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          



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